Il caldo estivo sta diventando un’emergenza. Soprattutto per le città. Da stagionale occorrenza per cui mandare gli anziani al supermercato e raccomandare di “bere tanta acqua”, infatti, il fenomeno è diventato un fattore di rischio. Incendi, afa mortale, città e quartieri che diventando inabitabili. Per fortuna, c’è chi corre al riparo: in prima fila, le città. O meglio, alcune di loro. Lo scorso giugno la città di Miami è stata la prima al mondo a dotarsi di un “chief heat officer”, ovvero un “manager del caldo”, nella persona di Jane Gilbert. La città della Florida ha molti problemi, a partire dal livello del mare che minaccia sempre di più le sue coste e la stabilità delle strutture vicine al mare. Ciò nonostante è la temperatura che sta diventando il principale assillo della metropoli costiera.
Che cosa fa il “manager del caldo”
Il motivo? Al di là della posizione geografica, lanciata verso Cuba, Miami ha caratteristiche comuni a centinaia di altre città. I grandi centri, infatti, sono spesso definite “isole di calore urbano”: luoghi in cui la temperatura media è più alta, a causa di cementificazione, densità abitativa e altri fattori quali la pianta urbanistica e l’altezza degli edifici.
Cosa si può fare?
Le soluzioni? Tutte a lunga durata e molto costose, purtroppo. Parte del lavoro di Gilbert consisterà nel trovare finanziamenti continuativi a progetti che cercano da tempo di mitigare il clima locale. Ci saranno nuovi fondi per piantare alberi, anche il focus rimane sulle disparità sociali del fenomeno. A Miami, come scrive Fast Company, “l’afa ha un impatto diverso sulle popolazioni a basso redditto o composte da minoranze”. Quartieri peggiori, meno verdi, in cui si lavora perlopiù all’aperto. È quindi necessario imporre pause lavorative e posti all’ombra.
Il primo caso in Europa è Atene
E in Europa? La città che, secondo le previsioni, subirà le conseguenze più pesanti del fenomeno, in termini di ondate di calore, è Atene. La capitale greca, infatti, ha “la prognosi peggiore”, secondo gli analisti climatici. E anche quelli finanziari, che si concentrano sulle conseguenze che un clima impazzito potrebbe avere nel vero motore dell’economia cittadina: il turismo.
Da queste parti, i giorni caratterizzati da “heat wave”, quelli oltre i 35 gradi centigradi, aumenteranno del 15-20% entro il 2050. Nel frattempo, la pioggia diminuirà. Un fenomeno che è già in corso, visto che la mortalità legata ai fattori atmosferici sta aumentando, con circa 200 decessi annui.
E l’Italia? Il caso Milano, e poco altro
Quanto al nostro Paese, la città che sembra più pronta a dotarsi di una posizione simile è Milano. La giunta di Beppe Sala ha spinto sui temi green, rafforzando l’alleanza tra il capoluogo lombardo e altre fortezze verdi d’Europa, quali Parigi e Barcellona.
Ovviamente il futuro di queste politiche è appeso al voto delle prossime Comunali, ma forse sono alcune località del Mezzogiorno a doversi dotare di un “manager del caldo” o chief heat officer, se si preferisce dirlo all’inglese. Dalla Sardegna alla Sicilia, vaste aree d’Italia bruciano ogni estate, minacciando la natura e le città. È da queste parti che l’Italia ha la sua Atene: finora, però, nulla si muove.