Un asteroide a forma di uovo delle dimensioni della Torre Eiffel l’11 dicembre “sfiorerà” la Terra: 4660 Nereus – così si chiama – transiterà a 2,5 milioni di miglia. Lontano? Non tanto, in realtà, perché è appena dieci volte più distante della Luna, considerata “vicina” per gli standard cosmici. Non rappresenta comunque una minaccia per il nostro pianeta, anzi: potrebbe essere la meta di future missione spaziali, da sfruttare per le sue ricchezze minerarie o da utilizzare per alimentare le future basi sulla Luna o su Marte.
Nasa e asteroidi: la missione DART
L’anno prossimo, invece, sarà la volta di un altro asteroide, Dimorphos, potenzialmente più pericoloso, per cui la Nasa è scesa direttamente in campo con la prima missione di difesa della Terra dagli altri corpi spaziali in rotta di collisione. A fine novembre ha lanciato una navicella sperimentale, “Double Asteroid Redirection Test Spacecraft” o semplicemente DART, che andrà a colpire questo asteroide del diametro di circa 160 metri, il quale a sua volta orbita attorno a un asteroide cinque volte più grande, Didymos (insieme formano un asteroide cosiddetto binario).
Un incontro-scontro, previsto tra il 26 settembre e il primo ottobre 2022, che sarà un ‘test’ per capire se davvero un giorno, in caso di pericolo, la Nasa sarà in grado di deviare o disintegrare un pianetino minaccioso per la Terra. L’impatto di DART dovrebbe causare un leggero spostamento dell’asteroide, provocando nel tempo una variazione nell’orbita sempre maggiore e mettendo così al sicuro il nostro pianeta.
Come la Nasa ci protegge dagli asteroidi
La possibilità che un asteroide possa colpirci nei prossimi cento anni almeno, mettendo a rischio l’esistenza della specie umana, è davvero insignificante. Vero è, però, che gli asteroidi in un passato lontano hanno sicuramente colpito la Terra, quindi… Meglio essere preparati per questo tipo di scenario, dicono gli scienziati. Così dal 2018 alla Nasa è attivo il programma AIDA (Asteroid Impact and Deflection Assessment), che lo scopo di valutare e aumentare le nostre capacità di difesa planetaria. Un progetto che sembra ambire a un potere divino, quello di cambiare cielo e terra a nostro piacimento.
La serie di eventi che ha portato la storia umana a questo punto, come ricorda The Atlantic, risale al 1998, quando un istituto di astronomia emise un avviso su un asteroide che sembrava potesse colpire la Terra nel 2028. Trent’anni, per i parametri dell’astronomia, vuol dire praticamente “domani”. Gli scienziati scoprirono ben presto che questa roccia non si sarebbe scontrata con la Terra, ma da lì nacque l’idea di cercare di deviare asteroidi e comete potenzialmente pericolosi.
Il prossimo appuntamento ora è per il 2024, quando l’Agenzia spaziale europea (Esa) e la Nasa lanceranno un’altra missione di difesa planetaria, Hera, per sorvegliare l’orbita di Didymos e Dimorphos e valutare le conseguenze di DART.
Asteroidi, un ruolo anche per l’Italia
In entrambe le missioni c’è la firma anche del nostro Paese. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ha contribuito a DART con il progetto LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids, costruito nei laboratori Argotec a Torino): un satellite miniaturizzato, grande come una scatola di scarpe, che documenterà e monitorerà lo svolgimento della missione, staccandosi dalla navicella.
Lo stesso avverrà nel caso di Hera: l’Italia avrà il compito di progettare un piccolo Cubesat, che sarà dedicato ad Andrea Milani, professore di Meccanica Orbitale all’Università di Pisa. “Siamo davvero felici di essere saliti a bordo di Hera. Era un obiettivo che inseguivamo da quando Andrea Milani ci aveva dimostrato come il rischio di un impatto di un asteroide sulla Terra, al contrario di molte altre catastrofi naturali, possa essere completamente eliminato. Basta prepararsi in tempo”, ha dichiarato Ettore Perozzi, responsabile dell’ufficio sorveglianza spaziale di ASI.
Armageddon vs realtà
Nonostante ciò che la cultura pop (in particolare il film “Armageddon”) ci ha portato a credere, per salvare il nostro pianeta le agenzie spaziali non si affideranno a un gruppo di coraggiosi lavoratori delle piattaforme petrolifere, ma a veicoli spaziali con un buon GPS. E anche se dovessimo usare un’arma nucleare, un’altra opzione per distruggere un asteroide diretto verso di noi, questa sarebbe probabilmente consegnata da veicoli spaziali autonomi, non da astronauti.
Grazie alle navicelle spaziali che si autodistruggono in nome della difesa planetaria, guidate da telescopi che hanno il compito di tenere costantemente d’occhio il cielo notturno, potremo organizzare le future missioni di reindirizzamento degli asteroidi e dare così alla Terra un futuro.