Novel food e nutraceutica sono le nuove tendenze della tavola. Un giro d’affari che si fa sempre più… appetitoso. In tutto il mondo, nel 2021, l’intero settore ha raggiunto i 500 miliardi di dollari ed è in continua espansione: entro il 2027 toccherà quota 745 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del +6,9% annuo, secondo il primo report dedicato dell’Area Studi Mediobanca. Ma qual è il significato di nutraceutica? E quali sono gli esempi di novel food? Mangeremo insetti tra qualche anno come fossero pastasciutta? E perché questo fa bene al pianeta?
Nutraceutica: significato
Il termine nutraceutica, diffuso a partire dai primi anni 2000, nasce dall’unione delle parole nutrizione e farmaceutica. Un neologismo coniato nel 1989 da Stephen DeFelice, fondatore della Foundation for Innovation in Medicine di New York, per indicare un’ampia categoria di prodotti, che include alimenti funzionali, integratori alimentari, alimenti speciali con funzione medica, alimentazione sportiva e cibi per l’infanzia. L’obiettivo è quello di coadiuvare diverse funzionalità fisiologiche: rafforzare il sistema immunitario, favorire le funzioni gastrointestinali, supportare l’organismo durante l’attività fisica o la crescita, ridurre la probabilità d’insorgenza di patologie cardiovascolari o di natura degenerativa.
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Cibi funzionali: quali sono
A seconda del tipo di manipolazione cui vengono sottoposti, i cibi funzionali modificati si distinguono in cibi “rich in” (o arricchiti), nei quali il componente aggiunto non è naturalmente presente in origine (per esempio il sale iodato o il succo d’arancia con calcio), cibi “free from”, che sono privati di sostanze non desiderate (come zuccheri, grassi, glutine o allergeni); cibi “fortificati”, nei quali viene incrementata la concentrazione di un nutriente già normalmente presente (latte con aggiunta di calcio o cereali arricchiti in vitamine o minerali).
Novel food: esempi, dalla carne di laboratorio all’entomofagia
Con il termine “novel food” si indicano invece alimenti o ingredienti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi. Un concetto introdotto per differenziarli dai prodotti consumati in modo significativo prima del Regolamento CE 258 del 1997. Rientra nel novel food il consumo di proteine diverse da quelle contenute nella carne da allevamento tradizionale. A fianco della carne vegetale, due segmenti in forte fermento sono quelli della carne coltivata o sintetica (cultivated/clean meat) e dell’entomofagia (consumo di insetti).
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Carne sintetica
La carne sintetica non proviene dalla macellazione di animali vivi, ma è prodotta in laboratorio, a partire da serie di cellule animali coltivate e alimentate con sieri di origine animale o vegetale, che ne consentono lo sviluppo fino a farle diventare tessuto muscolare. Le cellule iniziali sono estratte dagli animali vivi, ma la sperimentazione sta cercando di emancipare il processo di crescita delle cellule coltivate dai sieri animali, tipicamente composti proteici ottenuti dal sangue fetale, per utilizzarne in loro vece altri di origine vegetale. Un avanzamento che potrebbe anche consentire un forte risparmio sui costi di produzione, poiché il siero animale ha una quotazione molto elevata (fino a 800 euro al litro).
Insetti commestibili
Il consumo di insetti (entomofagia) costituisce un’ulteriore alternativa all’assunzione di proteine da animali d’allevamento. “If we want to save the planet, the future of food is insects”, titolava il quotidiano The Guardian nel maggio 2021. Nel gennaio dello stesso anno, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) aveva espresso valutazione favorevole circa la sicurezza del Tenebrio molitor, noto come tarma o verme della farina, per l’alimentazione umana, primo caso di riconoscimento di un insetto quale alimento umano sul mercato comunitario. A metà 2021 risultavano inoltrate oltre 10 richieste di autorizzazione per altrettante specie di insetti, sia da parte di produttori comunitari (Belgio, Finlandia, Francia e Paesi Bassi) che extracomunitari (Vietnam).
Quanto inquina l’industria alimentare
Secondo alcune stime, la filiera alimentare è responsabile del 26% delle emissioni di gas serra (GHG) e di tale quota il 50% è riferibile alle attività di allevamento (a causa della deforestazione e della produzione di metano dai processi digestivi degli animali). Anche le risorse idriche sono fortemente sollecitate dalle attività agricole e di allevamento: il consumo di acqua dolce è per il 92% riferibile a esse, e solo l’8% finirebbe assorbito dai consumi industriali e umani. Ugualmente impegnativo è l’uso della terra: il 50% di quella abitabile è adibito ad attività agricole e di esso il 77% è destinato all’allevamento.
In particolare, la filiera della produzione, lavorazione e trasporto di carne e uova causa il 56% delle emissioni, quella lattiero casearia il 27%, il resto si riferisce essenzialmente a frutta e vegetali, assai meno impattanti. L’ipotetica sostituzione nel 2035 della carne animale e delle uova con i loro surrogati vegetali porterebbe a una riduzione di emissioni pari a quelle prodotte in un anno dal Giappone.
Perché mangiare insetti fa bene al pianeta
I sostituti vegetali comportano infatti emissioni pari a un ventesimo di quelle relative alla carne bovina da allevamento, a un decimo di quella avicola e a un nono di quella suina.
Anche lo sfruttamento alimentare degli insetti presenta specifiche caratteristiche desiderabili per il bene dell’ambiente: essi hanno una porzione edibile assai elevata, circa l’80% per i grilli e il 100% per le larve, quota che si confronta con il 40% per un vitello e il 55% per un maiale o un pollo. Inoltre, gli insetti richiedono un minore utilizzo di terra, anche grazie alla possibilità di sviluppare in verticale gli allevamenti (vertical farming), generano modesti volumi di gas serra, consumano meno acqua e sono efficienti nel rapporto tra aumento ponderale e mangime consumato: un vitello necessita di 25 kg di mangime per aumentare di un chilogrammo, mentre un pari aumento di peso richiede 6,4 kg per un suino, 3,3 kg per un pollo e 2 kg per gli insetti.
Un giro d’affari appetitoso
Dall’ambiente all’economia: quanto valgono nutraceutica e novel food? A livello mondiale il segmento delle proteine alternative a quelle di origine animale entro il 2035 passerà dall’attuale 2% all’11% del mercato complessivo delle proteine, per un valore attorno ai 290 miliardi di dollari. La nuova frontiera è quella della carne sintetica. Attualmente in questo segmento operano circa 100 start up che nel 2020 hanno raccolto capitali per 370 milioni di dollari, sei volte l’ammontare raccolto nel 2019. Complici le tante sfide che dovrà affrontare, le proiezioni sul comparto sono molto volatili (tra i 5 i 25 miliardi di dollari al 2030). Infine, l’industria mondiale degli insetti: si prevede un aumento del valore fino a circa 1 miliardo di dollari nel 2023 per poi arrivare a 4,6 miliardi di dollari nel 2027, con un tasso di crescita medio annuo del 44%.
Brilla il comparto del diet food (il cibo per il controllo del peso), che da solo vale 214 miliardi di dollari (che diventeranno 303 nel 2027), seguito dagli integratori alimentari, un segmento da oltre 150 miliardi di dollari (ben 237 entro il 2027). Bene anche il baby food (il cibo per l’infanzia come gli omogeneizzati), che ha chiuso l’anno con un giro d’affari di oltre 73 miliardi (107 entro il 2027). Anche il cibo vegano ha ottimi numeri e vale in tutto 25 miliardi di dollari (che diventeranno 42 entro il 2027, con ritmo di crescita del +9% annuo, il più alto tra tutti).
Italia regina in Europa per vendite di integratori alimentari
In Italia la nutraceutica valeva nel 2020 circa 4,8 miliardi di euro. La parte più cospicua spetta agli integratori alimentari, un mercato in cui l’Italia è regina in Europa e che cresce rapidamente: nel 2020 ha toccato quota 3,8 miliardi di euro (+9,2% sul 2008 e +2,9% sul 2019). La leadership italiana si candida a rimanere tale anche nel 2025, anno in cui potrebbe raggiungere i 4,8 miliardi di euro, con un’ampia superiorità sulla Germania (3,6 miliardi) e sulla Francia (3,1 miliardi). Completano il mercato italiano il comparto della nutrizione specializzata in senso stretto, con ulteriori 700 milioni (400 milioni solo le soluzioni per celiaci) e il baby food (300 milioni di euro nel 2020).