Quando facciamo il bucato, siamo abituati a lavare i tessuti ad alte temperature per eliminare le macchie difficili, perché così ci è stato insegnato dalle nostre mamme e nonne. Non sappiamo, però, che ben il 90% dell’energia consumata da una lavatrice serve proprio a riscaldare l’acqua, inquinando l’ambiente: a causa dei lavaggi ad alte temperature, per esempio, le lavanderie domestiche negli Stati Uniti producono circa 179 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.
Semplici lavaggi a freddo potrebbero allora far bene al pianeta: questo è anche il messaggio del movimento #TurntoCold, lanciato dall’azienda di detersivi per bucato Tide in collaborazione con varie organizzazioni, tra cui WWF, e con l’azienda di abbigliamento Hanesbrands, che sulle etichette dei vestiti inserisce la raccomandazione del lavaggio a freddo. “Contrariamente alle nostre convinzioni di vecchia data – spiega l’azienda – lavando con acqua calda non si rimuoveranno di più le macchie né sarà più probabile eliminare i germi, una giusta considerazione nell’era del COVID-19. Nella maggior parte dei casi, infatti, una pulizia profonda del bucato è sufficiente per evitare la diffusione di germi e infezioni. In altri casi, è possibile disinfettare i capi in altri modi, tra un lavaggio e l’altro“.
Dall’ambiente alla nostra salute: perché la lavatrice fa male
Se le preoccupazioni energetiche non bastassero a convincere le persone, potrebbe esserci però un’argomentazione più viscerale, legata alla nostra salute: il fatto che ad ogni pasto consumiamo micro fibre, minuscoli fili di fibre sintetiche a base di petrolio, molte delle quali si staccano dai nostri vestiti proprio durante il lavaggio in lavatrice. “Lavare i nostri vestiti in acqua più calda potrebbe rilasciare più fibre nei sistemi idrici della Terra”, spiega Andrea Huvard, professore di biologia alla California Lutheran University, che gestisce un laboratorio di ricerca sull’inquinamento da microfibre.
L’acqua più calda, e i cicli della lavatrice più lunghi, allentano maggiormente le fibre, così un singolo lavaggio può rilasciare 700.000 minuscole fibre e una famiglia media nordamericana produce circa 135 grammi di microfibre all’anno.
Huvard ha osservato che oggi più della metà del nostro guardaroba collettivo è composto per il 75-100% da materiale sintetico e ha spiegato come, quando mettiamo i nostri vestiti in lavatrice, queste fibre si perdono. “Ogni volta che laviamo una giacca in pile, da quell’indumento vengono perse circa 800.000 microfibre“, ha detto. “Anche il cotone perde fibre, ma queste sono biodegradabili, mentre le fibre sintetiche finiscono nel nostro sistema fognario e filtri che si trovano negli impianti di trattamento delle acque non sono abbastanza fini per catturare tutte queste fibre”.
Micro fibre in plastica: dagli oceani alla tavola
Dagli oceani le micro fibre sintetiche finiscono sulle nostre tavole, assorbite da animali come ostriche, frutti di mare, granchi, calamari, che le ingeriscono ma poi non riescono ad espellerle. E non importa per quanto tempo vengano cotti i cibi, le micro fibre arrivano comunque nel nostro stomaco. Ci fanno male? Direttamente no. La ricercatrice Huvard ha spiegato che le micro fibre in sé non sono dannose per l’uomo, tuttavia esse agiscono efficacemente come spugne, assorbendo altri inquinanti presenti nell’acqua di mare, che gli esseri umani, a loro volta, ingeriscono nei loro corpi. “Oggi mangiamo da 11 a 15 microfibre per ostrica, ma tra 20 anni forse saranno 150 microfibre per ostrica”.
Un’ultima considerazione a favore del lavaggio a freddo riguarda i costi dell’energia elettrica, soprattutto in un momento di alta inflazione. Si stima che il consumo di energia per un carico di lavaggio può diminuire del 90% passando dai cicli di lavaggio a caldo a quelli a freddo, con un notevole risparmio economico. Insomma, il lavaggio a freddo dovrebbe diventare un’abitudine, spiegano gli scienziati, come spegnere le luci quando usciamo da una stanza.