Non è solo l’emergenza sanitaria. Ogni giorno, dall’inizio della pandemia, il mondo produce enormi quantità di rifiuti “pandemici”. Basta immaginare alle montagne di plastica – più o meno riciclabile – usata per le forchette, i contenitori da asporto e i bicchieri, ad esempio. Oppure ai miliardi di boccette per gel disinfettante comprate e poi gettate. Ma a produrre più rifiuti “pandemici” sono sicuramente gli ospedali e, in generale, il settore sanitario. Mascherine, guanti usa-e-getta, camici, il cui utilizzo è aumentato sproporzionatamente in questi mesi.
Vaccini e sprechi
E poi ci sono i vaccini. Proprio loro: i prodotti su cui puntiamo per ritrovare la normalità portano con loro una lunga scia di plastica e materiali poco riciclabili. Un’inchiesta del Providence Journal ha analizzato i dati legati agli Stati Uniti, paese dove la campagna di vaccinazione è partita da qualche mese. Ciascuna dose ha un contenitore, una siringa e un ago, ovviamente usa e getta.
I numeri più preoccupanti sono forse quelli dei tamponi. Solo l’Italia ha utilizzato più di 58 milioni di tamponi, secondo i dati di Our World in Data aggiornati al 28 aprile. Gli Stati Uniti superano di poco le 400 milioni di unità. Ciascun tampone, però, non scompare miracolosamente dopo essere stato utilizzato.
Il caso di Wuhan
Secondo uno studio dello scorso luglio, la città di Wuhan, nei mesi della pandemia, arrivava a produrre sei volte la quantità di rifiuti della normalità. Tanto da spingere il governo cinese a costruire una discarica e un impianto per i rifiuti ad hoc, per dire.
Non è una novità, del resto. Che il settore medico avesse continuo bisogno di strumenti e vestiti, spesso usa e getta, si sapeva già prima. La pandemia ha ingigantito il problema nel giro di pochi mesi, costringendoci ad affrontare il virus producendo una montagna di plastica. L’ennesima.