La scorsa settimana è stato finalmente presentato il Recovery Plan redatto dal governo Draghi. Un documento complesso che vale 221,1 miliardi di euro di investimenti ed è diviso in sei “missioni”. E di innovazione si parla sin da subito, con la prima missione: “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”. Un punto essenziale, quello della digitalizzazione, visto che l’Italia occupa il 24esimo posto (su 27…) per quanto riguarda l’adozione tecnologica.
La prima missione
Inevitabile quindi che si partisse da qui, con un piano per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, che riceverà investimenti tecnologici e formativi. Lo stesso dovrebbe succedere anche nella giustizia, la cui marea di scartoffie e lungaggini dovrebbe essere ridotta. C’è poi un piano per dotare tutto il territorio di connettività ad alte prestazioni, andando a tappare buchi senza connessione e uniformare lo stato connettivo della Penisola.
E questa è solo la prima missione. Inevitabili le critiche. Tra tutte, quelle legate ai tempi e alla fattibilità di alcune riforme, come quella della giustizia e Pa. Rimangono poi di dubbi per la scarsa presenza delle Pmi e degli artigiani, una colonna portante per l’economia (ancora una volta dimenticata).
Ambiente e sostenibilità
Di ambiente e sostenibilità si occupano invece le successive due “missioni”: “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, che vale 68,6 miliardi, e “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (31,4 miliardi). Si parla di economia circolare e gestione dei rifiuti, si spinge per il riciclaggio della plastica e la sostenibilità nella produzione e nel trattamento dei tessuti, ma anche di acquisto di bus e treni a basso impatto naturale. E poi fondi per la ristrutturazione di quasi 50mila edifici l’anno, pubblici e privati.
Il punto sulla mobilità
La mobilità sostenibile, invece, rimane un concetto fin troppo vago nelle pagine del Piano. Al di là del potenziamento dei trasporti su rotaia, sia per i treni ad alta velocità che per quelli regionali, il documento non sembra puntare abbastanza sulle piste ciclabili, ad esempio. “Nello specifico,” si legge nel Pnrr, “la misura prevede la realizzazione di circa 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e di circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche”.
Le critiche e i confronti con l’estero
Numeri che impallidiscono al confronto con quanto è stato non proposto ma già fatto in Portogallo, Francia e Germania, per non citare i paesi più a nord in Europa. Solo a Parigi, ad esempio, la sindaca Anne Hidalgo, già alleata di Sala, ha dato vita lo scorso anno a un piano che prevede la realizzazione (in parte già conclusa) di 650 chilometri di piste ciclabili. A Berlino, invece, ne hanno realizzati 30 chilometri (altri 30 in arrivo), mentre c’è chi raccoglie firme per pedonalizzare 88 chilometri quadrati di città.
Risulta assente, nota ancora il sito specializzato Giro di Ruota, “un’idea precisa di riforma del nostro modo di muoverci”. Argomenti quali la pedonalizzazione e la riduzione delle automobili in città continuano a essere assenti, “mentre nulla cambia sulle nostre strade”.