Le vie dell’Intelligenza Artificiale sono infinite, si potrebbe dire. Perché la tecnologia permette ormai di realizzare l’irrealizzabile, come riportare in vita i propri cari. Ne parla anche Jacopo D’Alesio, alias Jakidale o TechDale, il tiktoker che vi porta nel futuro, in un post dedicato alla clonazione dei defunti, sempre più diffusa in Cina, al costo di pochissimi euro. Come avviene? Grazie ai “deadbot” o “grief bot”, ovvero “bot della morte” o “bot del lutto”: si tratta di cloni di intelligenza artificiale, che vengono addestrati sui dati relativi alle persone decedute, come messaggi, foto, video, audio e tutte le altre informazioni disponibili. Analizzando questo materiale, i bot sono in grado di procedere alla ricreazione virtuale dei defunti, offrendo anche la possibilità di interazioni simulate con i vivi.
Resuscitare i morti con l’AI: un business
Alcune aziende funebri, soprattutto nel Paese del Dragone, ci stanno facendo un vero e proprio business, vendendolo come servizio aggiuntivo all’organizzazione del funerale, a soli 20 yuan, ovvero circa 2,5 euro. Di fatto i parenti ottengono un clone della persona scomparsa, a cui si può chiedere di svolgere diverse azioni. Per esempio, si può fare in modo che la nonna defunta legga una fiaba ai nipotini, oppure chiedere una dichiarazione d’amore al partner scomparso o, ancora, far cantare una canzone di compleanno dalla figlia morta alla madre. Un mercato che a Pechino vale 12 miliardi di yuan, quindi un miliardo e mezzo di dollari, secondo alcune stime.
@techdale A favore o contro lo sviluppo di wuesto mercato? 🪦 #ai #dead #clone ♬ Spooky, Quiet, Scary Atmosphere Piano – Bucyrus Audio
Anche in Occidente, comunque, è una prospettiva che sta rapidamente diventando realtà. Servizi come “Project December” e “HereAfter” offrono già ai clienti la possibilità di poter mantenere vivi digitalmente i morti, che pagando un abbonamento mensile (a partire da 10 dollari).
Morti resuscitati con l’AI: i rischi
Ma questa voglia di immortalità digitale sta sollevando preoccupazioni da parte degli esperti di etica dell’IA, che hanno chiesto urgenti garanzie contro l’emergente settore dell’aldilà digitale. In particolare, secondo i ricercatori dell’Università di Cambridge, seri danni sociali e psicologici possono nascere da questa “presenza post-mortem” realizzata attraverso i chatbot che imitano l’aspetto, il linguaggio e la personalità dei defunti.
Uno studio condotto da Tomasz Hollanek e Katarzyna Nowaczyk-Basińska, pubblicato sulla rivista Philosophy & Technology, evidenzia diversi scenari possibili con conseguenti rischi. Il primo riguarda l’uso di deadbot in campo pubblicitario: imitando i parenti e gli amici scomparsi, i deadbot potrebbero manipolare i sopravvissuti vulnerabili, inducendoli ad acquistare prodotti.
Un’altra preoccupazione riguarda le conseguenze psicologiche: dal punto di vista terapeutico i ricercatori temono che ciò creerà un “peso emotivo schiacciante”, intensificando, anziché alleviando, il processo di lutto in infinite interazioni virtuali, che potrebbero avere ripercussioni soprattuto su minori e persone fragili.
Lo studio prevede inoltre che il rischio che i deadbot possano inviare spam agli utenti con notifiche indesiderate, paragonandolo all’essere “perseguitati digitalmente dai morti”.
Funerale digitale anche per i deadboth?
Per mitigare i rischi, i ricercatori hanno chiesto ai progettisti dei deadbot di chiedere il consenso ai “donatori di dati” prima di morire. Vogliono inoltre che i prodotti avvisino regolarmente gli utenti sui rischi, forniscano semplici protocolli di opt-out per uscire dal servizio e impediscano l’uso irrispettoso dei deadbot, fino a prevedere una sorta di “funerale digitale” nel caso in cui gli utenti vogliano distaccarsi dal deadbot.
Tutte queste misure, insomma, devono tenere conto sia dei morti che di coloro che lasciano dietro di sé. “È fondamentale che i servizi digitali dell’aldilà considerino i diritti e il consenso non solo di coloro che ricreano, ma anche di coloro che dovranno interagire con le simulazioni”, afferma Tomasz Hollanek, uno dei coautori dello studio. “Questi servizi corrono il rischio di causare un enorme disagio alle persone soggette ad ‘infestazioni’ digitali indesiderate derivanti da ricreazioni AI incredibilmente accurate di coloro che sono morti. Il potenziale effetto psicologico, soprattutto in un momento già difficile, potrebbe essere devastante”.