Quella di Comieco è una questione molto importante anche perché il mercato della carta – e del suo riciclo – avrebbe bisogno di una svolta, una vera e propria rivoluzione, che temiamo non possa arrivare da questi Consorzi e questa politica. Ci vorrebbe una manovra d’urto per rimediare alla crisi che ha colpito il settore globale del riciclaggio dei rifiuti. Ci riferiamo a quanto successo a partire dal 2017, quando il governo cinese decise di aggiornare e irrigidire le norme per l’importazione di rifiuti e materiali riciclati dall’estero. Forse avrete sentito parlare di come il “blocco” cinese abbia sconvolto il riciclaggio della plastica: per anni, infatti, Usa e Europa avevano utilizzato la Cina come discarica, spedendovi i rifiuti in eccesso e liberandosene per sempre. La pacchia è finita proprio verso la fine del 2017, quando i rubinetti sono stati chiusi, stravolgendo gli equilibri occidentali. Lo stesso è successo anche a carta e cartone, che non sono – purtroppo – così facili da riciclare quanto ci viene raccontato, e che la Cina ha smesso di accettare a scatola (è proprio il caso di dirlo) chiusa. Al gigante asiatico è basta bloccare l’importazione di “materie non selezionata e nuova, con un massimo di contaminazione dello 0,5%”, per avere questo effetto. Così Maurizio Marchesini, imprenditore italiano nel settore del recupero della carta da macero, gridava nel 2018 di essere “sepolto” dai rifiuti: “Per la Cina partivano navi cariche di carta e cartone, non solo dall’Italia ma anche da Stati Uniti, Germania, Francia. Ora tutto si è fermato e anche i nostri mercati secondari, come l’est Europa, sono saturi”. Con le discariche piene e il ciclo del riciclo ancora sconvolto dalle mosse cinesi, serve un ripensamento del nostro rapporto con questi rifiuti: arriverà mai da Comieco? |