Donald Trump non è più su internet. O meglio, non è più sui siti che interessano a lui. Dopo l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio scorso, infatti, decine di siti hanno bandito l’ex presidente statunitense. Lo chiamano “deplatforming”, la cacciata di una persona da un dato servizio digitale. Da allora, Trump ha giurato vendetta ai giganti del Big Tech.
Donald Trump vs Big Tech
Mercoledì scorso, dopo mesi di (relativo) silenzio, ecco l’annuncio di una denuncia nei confronti di Google, Twitter e Facebook da parte dell’ex presidente. “Uno sviluppo molto importante e molto bello per la nostra libertà”, nelle parole di “The Donald”. Azione legale che ha giustificato accusando le aziende di censurare alcune opinioni, in particolare quelle dei conservatori americani.
C’è un problema, però. Le leggi sulla libertà d’espressione si applicano al governo, non alle aziende private. Quest’ultime hanno regolamenti interni con cui gestiscono ciò che è tollerato al loro interno. Il punto è Trump – e non solo – quelle regole le ha violate, da cui la messa a bando.
Ma la causa è persa in partenza?
È per questo che molti esperti di legge USA sono scettici di questa mossa. Seconda Paul Barrett del NYU Stern Center for Business and Human Rights, l’azione legale trumpiana è “DOA”, ovvero “Dead On Arrival”. Arrivata morta. “Facebook e Twitter hanno il diritto garantito dal Primo Emendamento di determinare quale tipo di discorso proteggere e amplificare”, ha spiegato. E quale vietare, ovviamente, tra cui l’incitazione alla violenza, che è proprio quanto fatto da Trump il 6 gennaio 2021 al Campidoglio.
Che succede, quindi? Pare evidente che l’obiettivo di Trump non sia tanto di vincere queste cause (ce ne sono altre in arrivo, dice…) quanto di usarle a fini politici. L’accusa di censurare le opinioni conservatrici non è nuova per i Repubblicani. Ed è evidente che l’obiettivo ultimo dell’ex presidente sia il ritorno su queste piattaforme, prima o poi.
Donald Trump, i repubblicani e i social network “alternativi”
Nel frattempo, sempre questa settimana, un suo ex consulente, Jason Miller, ha lanciato un social network pensato per i conservatori americani, Gettr. Non è il primo esperimento di questo tipo: la destra americana è da anni alla ricerca di un social network alternativo a quelli mainstream. Finora i tentativi sono stati vani e Gettr è stato pure hackerato in poche ore, con i dati degli utenti registrati che sono stati sottratti da chissà chi. Proprio quello che era successo a Parler nei giorni dopo la rivolta di Capitol Hill, insomma.
Forse è per questo che Trump denuncia Facebook, Google e Twitter: è parte della sua “tattica” per tornare online. Almeno in uno di questi social network. Funzionerà?