A un certo punto, la scorsa settimana, Trump si è fatto persino un Twitter su misura. Ad personam, potremmo dire. Dopo essere stato bandito dalla piattaforma (e da Facebook e una miriade di altri siti) per il ruolo avuto dall’ex presidente nell’assalto a Capitol Hill, Trump si è preso un periodo di ferie. Di detox digitale (forzato, ovviamente). Ultimamente però è tornato all’attacco e sul suo sito personale è apparsa la sezione “Desk”, una sorta di clone di Twitter in cui l’unico utente è lui. Un po’ triste, a dire il vero.
Ma l’obiettivo della mossa – a parte far sfogare il capo – era quello di provare a rientrare su Twitter dalla porta del retro. Il Desk aveva infatti un account Twitter che ripubblicava i post di Trump, cercando di bypassare il divieto della piattaforma. Quei tweet, del resto, non erano scritti da Trump ma dal suo Desk: perché bandirli, quindi? L’operazione baffi-finti non ha avuto successo e Twitter ha subito chiuso anche quell’account.
Il tutto è avvenuto proprio mentre su Facebook – social enormemente più grande di Twitter ma mai apprezzato da Trump – si parlava del destino di The Donald sulla piattaforma. Nel 2019 Facebook ha creato la Oversight Board, una sorta di “Corte Suprema” esterna alla società, composta da politici, intellettuali e attivisti da tutto il mondo, che hanno il compito di esprimersi sui problemi della piattaforma. Ad esempio: che ne facciamo di Donald J. Trump?
La scorsa settimana l’organizzazione ha detto la sua: il bando è confermato ma – ha notato il Board – la procedura di Facebook è stata scorretta. Il sito infatti non può bandire un utente per un periodo indefinito, senza specificare quando e se il suo account sarà ripristinato. Risultato? Facebook ha sei mesi di tempo per rivedere le proprie regole e poi rivedere la decisione di Trump sulla base delle stesse. Insomma, il comitato esterno voluto da Facebook (per non prendere decisioni scottanti direttamente) ha rispedito la palla sul campo di Mark Zuckerberg.
Intanto, comunque, Trump rimane senza social network.