Se un utente è in diretta su Twitch e non c’è nessuno a guardarlo, è ancora uno streamer? Non è una domanda filosofica quanto un interrogativo che sorge spontaneo guardando i dati di Twitch, sito di livestreaming di proprietà di Amazon. Durante la pandemia il pubblico della piattaforma è aumentato notevolmente, spingendo molti a provare a diventare un professionista delle dirette (“streamer”, appunto). Che ci vuole, del resto? Una webcam, delle cuffie, un ospite con cui parlare… Il punto è che farcela con il live streaming non è per niente facile.
Secondo dati relativi agli ultimi tre mesi di Twitch, infatti, la stragrande maggioranza di chi è in diretta non avrebbe un pubblico. Per dire, un utente che durante una live viene guardato da una media di sei (6) persone, farebbe parte del 6,7% di utenti con il maggiore successo. È la solita struttura a piramide, insomma: una base larghissima con una punta destinata a un’élite di fortunati (e capaci).
Ne sa qualcosa anche Enrico Cisnetto, direttore del ciclo di eventi “Cortina InConTra”, che in questi mesi si è dato alle dirette con risultati non proprio eccezionali (capita spesso che ci siano meno di 4 persone collegate alle sue chiacchierate), nonostante i grandi ospiti. Il motivo? Forse il target del suo pubblico, istituzionale e âgée, ancora poco familiare con questa forma di intrattenimento. Tra tutte, in effetti, Twitch è diventata la vera piattaforma-spartiacque tra generazioni. Un mondo diverso, tutto “loro”, in cui noi “boomer” c’entriamo poco.
I numeri di Twitch non riguardano però solo certi settori di pubblico: anche la Generazione Z, che ormai vede lo streamer come nuovo lavoro dei sogni, deve fare i conti con questo collo di bottiglia iniziale. Per avere successo in questo campo, bisogna crederci e crederci ancora, anche quando nessuno sembra ti stia ascoltando. Anzi, quando proprio nessuno ti guarda.