L’era del carbone sta finendo. E a dirlo sono i numeri. Ma c’è un filone di investitori che sembra molto interessato a comprare le miniere di carbone, spendendo anche cifre ingenti. Solo che non lo fanno per lucrare sul combustibile fossile, ma per chiuderle per sempre.
Il compra (e chiudi) del carbone
Si tratta di una pratica ancora sperimentale ma che sembra convincere sempre più gli ambientalisti. Come spiega il sito Marginal Revolution, i benefici ambientali del compra-e-chiudi sarebbero notevoli, nemmeno paragonabili a quelli di qualsiasi alternativa, come la cattura del carbonio.
“Ogni tonnellata di carbone bruciata”, infatti, “produce due tonnellate e mezza di diossido di carbonio”. Quanto al “sequestro” del carbonio, invece, misura che piace molto al settore petrolifero, la pratica costa 100 dollari a tonnellata. Insomma, diecimila tonnellate di carbone equivalgono a 24 mila tonnellate di diossido di carbonio, che sono sequestrabili a fronte di una spesa di 2,5 milioni di dollari.
Questa la strada lunga e tortuosa. Poi c’è quella breve e radicale, che consiste nell’acquisto di una miniera di carbone (qui una in West Virginia da meno di otto milioni). Un investimento che, in termini di riduzione della CO2, si ripagherebbe “in circa tre mesi”.
La vera cattura del carbonio è questa?
Altro che cattura del carbonio, quindi, piantando alberi o investendo in una tecnologia che sembra ancora troppo costosa (e poco efficiente). Il modo migliore di sequestrare il carbonio è, semplicemente, lasciare il carbone dov’è.
La parabola discendente del combustibile fossile è del resto già iniziata, e sarà arduo fermarla. Secondo il sito LifeGate, “la produzione globale di carbone è scesa del 4 per cento nel 2020, a circa 6,9 miliardi di tonnellate”. Il calo ha interessato soprattutto l’Occidente, con un calo del 22% dal 2020 al 2019. L’anno in corso sembra invertire un po’ questa tendenza, anche per via delle riaperture di fabbriche e industrie dopo i mesi più duri della pandemia. Così, la Cina continua a bruciare carbone, ma anche nel Vecchio continente la Germania ha aumentato la produzione di lignite del 25% rispetto all’anno precedente.
L’obiettivo? “Phasing out coal”
Le recenti mosse dell’Unione europea legate al Green Deal non hanno che velocizzato l’abbandono del carbone, con conseguenze energetiche notevoli. Al di là delle polemiche, però, la risorsa rimane inquinante e sempre più costosa da estrarre; insomma, un investimento sempre meno “intelligente”.
“Phasing out coal” rimane l’obiettivo per l’umanità secondo la IEA (International Energy Agency). Non c’è modo di evitare il surriscaldamento globale e l’aumento delle temperature oltre la soglia critica di +1.5° senza imparare a lasciare il carbone dov’è. Sotto terra. In miniere ben custodite. E soprattutto chiuse.
(Foto: Envato)