Il piano era semplice: rispondere all’avanzata di Tesla con un investimento massiccio e tutto il know how dell’automotive tedesca. Così, cinque anni fa, il CEO di Volkswagen Herbert Diess invitò la cancelliera Angela Merkel all’inaugurazione della catena di montaggio dell’ID.3, la risposta tedesca alle elettriche di Elon Musk, la vettura che avrebbe riportato equilibrio e ordine nella transizione dalla benzina alla batteria, grazie anche un investimento da 50 miliardi di dollari. Le cose, però, non sono andate così lisce. Come spiega il Wall Street Journal, ID.3 oggi esiste e funziona, ma non può ancora essere definita “la macchina elettrica per tutti”, con un prezzo va dai 38 ai 48 mila euro (senza incentivi).
Inseguire Tesla
Il problema principale non è né di design né ingegneristico ma di programmazione: a quanto pare il gigante tedesco non ha capito che, in un mondo post-Tesla, l’automobile è soprattutto questione di software, oltre che di motore e carrozzeria. In questo senso, insomma, i grandi investimenti fatti dal brand californiano nel coding, che ha assunto i migliori programmatori delle principali aziende della Silicon Valley, non sono stati un capriccio. Anzi, si stanno rivelando la killer app di Tesla, che riesce a staccare, almeno per ora, persino la temibile Volkswagen.
Le auto del futuro sono una grana in Germania, ma nemmeno nella Valley è tutto rosa e fiori. Oltre alla conversione all’elettrico, infatti, c’è un altro settore gonfio di hype che ha causato enormi perdite a molte aziende: parliamo delle auto che si guidano da sole, su cui Uber ha da sempre legato le sue sorti sulla base di una strategia semplice, per quanto futuristica. Questa è l’idea: immaginatevi flotte di macchine senza autista pronte a raccogliere gli utenti dell’app e portarli dove loro desiderano. Nessun autista, nessuna protesta, nessun costo aggiuntivo: un sogno (almeno per Uber, non di certo per chi di queste cose ci vive). Ma una realtà ancora piuttosto lontana. A distanza di dodici anni dalla sua fondazione, infatti, in queste settimane è arrivata una doccia gelata per Uber: secondo Bill Gurley, uno dei primi investitori dell’azienda, la società “ha bruciato 2,5 miliardi di dollari nella guida autonoma”, in quello che lui ha definito “uno spreco di soldi”.
Uber non si guida da sola
Al posto di quella tecnologia, ha concluso Gurley, avrebbe dovuto puntare sul delivery di cibo, ovvero la controllata Uber Eats. Uber non è l’unica ad arrancare nel settore del self-driving. Nemmeno Waymo – una società di Google, che investe nel settore dal 2009 – è arrivata ai risultati promessi appena cinque anni fa, nonostante i passi in avanti fatti. Quanto a Tesla, la sua guida assistita viene spesso scambiata (e a tratti presentata dall’azienda stessa) come una forma di guida autonoma, sulla quale persistono molti dubbi. Sia Waymo che Tesla, infine, hanno avuto grane giudiziarie in seguito a incidenti mortali causati dalla tecnologia. Meglio andarci con i piedi di piombo, quindi: Uber lo ha capito troppo tardi.