di Francesco Floris
Per l’Agenzia Italiana del Farmaco “inadeguati livelli di aderenza e persistenza a terapie farmacologiche a lungo termine” possono compromettere “severamente l’efficacia del trattamento” e “sono associati ad un aumento di esiti clinici negativi e ad una crescita dei consumi di risorse sanitarie”. La definizione da manuale di aderenza terapeutica è “il grado di effettiva coincidenza tra il comportamento individuale del paziente e le prescrizioni terapeutiche ricevute dal personale sanitario curante”. In termini più prosaici è il criterio con cui si risponde a una domanda semplice con conseguenze complesse: come ci curiamo? Quanto seguiamo le indicazioni mediche?
I dati
I dati reperibili in Italia sono allarmanti. Su sette milioni di persone che sono colpite da malattie croniche si stima che solo la metà dei pazienti assuma i farmaci in modo corretto. Percentuali che crollano al 30% fra i soggetti più vulnerabili come gli anziani. I dati disaggregati parlano di meno del 30% fra i soggetti che hanno avuto prescrizioni relative agli antidepressivi. Medesima percentuale per il diabete. Solo Il 50% per la broncopatia cronica ostruttiva. Ma il ventaglio di farmaci e trattamenti su cui Aifa consiglia ai diversi sistemi sanitari regionali di monitorare attentamente l’aderenza è ad ampio spettro. Va dai farmaci per il trattamento dell’osteoporosi, agli ipertensivi, gli antidepressivi, ipolipemizzanti, inibenti della formazione dell’acido uronico, anticoagulanti e numerosi altri.
Il tema è in queste settimane d’attualità. Come raccontato da True Pharma, sul tavolo delle massime autorità sanitarie italiane si trova a proposta promossa da Italia Longeva per istituire un criterio unitario di valutazione dell’aderenza terapeutica e inserirlo nel Nuovo Sistema di Garanzia e nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).
Una delle maggiori criticità, infatti, quando si va a caccia dei numeri è la disomogeneità a livello territoriale. Per esempio: secondo le indagini più recenti sulla popolazione del Veneto che conta oltre 4 milioni e 900mila persone, di cui quasi il 23% è over-65, emerge come il 17,5% della popolazione sia affetto da una sola malattia cronica, il 16,5% da almeno due patologie croniche, il 2,5% da 5 o più condizioni croniche. È quanto fotografa il “Rapporto epidemiologico sulle malattie croniche in Veneto del 2018”. Secondo Domenico Scibetta, Presidente di Federsanità Anci Veneto, di recente intervenuto durante il webinar “Il valore dell’aderenza per i sistemi sanitari regionali, dal bisogno all’azione” oggi “è indispensabile implementare l’aderenza alle terapie in 3 ambiti clinici: ipertensione, diabete e BPCO”. Perché, ha aggiunto, “se in Italia il livello di aderenza anti ipertensivo passasse dall’attuale 40% all’auspicato 70% si determinerebbe un risparmio di quasi 100milioni di euro”. Mentre “in Europa, in un anno la stima del numero di decessi causati dalla scarsa aderenza alle terapie è di 195mila persone”.
Cardiovascolari, in Lombardia 6 pazienti su 10 non seguono le cure
Un altro capitolo riguarda le malattie cardiovascolari. Incrociando diverse fonti istituzionali sovrapposte dell’ultimo quinquennio emerge come queste rappresentino una delle principale cause di mortalità, in tutto il mondo occidentale, e in Italia in particolare. Dove la loro incidenza rappresenta circa il 33% del totale dei decessi. A fronte di ciò nella penisola non sono trattati tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno (34%), e non sono a target il 69.7% dei pazienti ad alto rischio e l’85.2% di quelli a rischio molto alto, con una aderenza al trattamento con statine insoddisfacente e comunque costosa. Basti pensare che la spesa per le ri-ospedalizzazioni è tutt’altro che trascurabile: quasi il 40% dei pazienti entro il primo anno dall’evento subisce un nuovo ricovero per un secondo evento cardiovascolare. Di questi il 37.6% non riceve una prescrizione di statina/ezetimibe adeguata. Con costi sociali ed economici elevatissimi. Nonostante questi dati preoccupanti, secondo un’indagine resa nota nel 2020 da Federfarma sulla Lombardia (dove sono 31.000 i decessi per queste patologie ogni anno su circa 99mila complessivi e con oltre 130mila ricoveri) e basata su un campione di 3.100 pazienti cardiovascolari a maggioranza over 70, risulta come ben sei intervistati su 10 non seguano adeguatamente o non seguano per nulla le terapie prescritte. Addirittura è stato riscontrato che per alcuni farmaci salvavita il 77% degli intervistati lombardi assumeva un sotto dosaggio rispetto a quello prescritto regolarmente dai medici.
Sempre secondo Federfarma, nel report “Passi d’Argento” rilasciato a ottobre 2020, il 39% degli anziani assume in media almeno quattro farmaci diversi al giorno, ma nel mese che ha preceduto la ricerca soltanto il 43% di loro era stato contattato dal medico curante per verificare che i medicinali fossero stati assunti e se nei dosaggi o nei tempi corretti. I motivi per cui accade sono i più svariati e vanno dalle condizioni materiali come “povertà” o “esclusione sociale” che limitano l’accesso ai farmaci fino ad altre ragioni più psicologiche come il 27% che dimentica di assumere la terapia in modo costante, o il 13% dei pazienti che ha difficoltà a rispettare tempi e modalità d’assunzione, fino a chi teme gli effetti collaterali e sospende autonomamente la cura.