di Francesco Floris
“I medicinali funzionano se li si prendono correttamente” dice il professor Roberto Bernabei. “Una banalità”, come la definisce lui stesso, che però incide in modo significativo sulla salute delle persone e sulla tenuta del sistema sanitario nazionale universalistico. I numeri sull’aderenza terapeutica in Italia sono pesanti, come se fosse “un’araba fenice”: meno del 30% fra chi ha avuto prescrizioni relative agli antidepressivi, idem per il diabete, il 50% per la broncopatia cronica ostruttiva. Aderenza che si raggiunge invece in una terapia quando questa percentuale supera l’80%.
Il risparmio economico
Se questa soglia fosse rispetta oltre alla salute delle persone si otterrebbero risultati importanti anche in termini di impatto economico: 460 euro di risparmio annuale a paziente per l’ipertensione, 560 euro pro capite per l’insufficienza cardiaca e via a salire anche fino a 1000-1500 euro a seconda di patologie e classi di farmaci o terapie. Numeri che, per il sottosegretario alla Salute del governo Draghi, Pierpaolo Sileri che da Presidente della Commissione Affari Sociali del Senato fece istituire la “Giornata dell’aderenza terapeutica” (il 12 aprile), “dovrebbero far saltare dalla sedia la classe politica che ogni anno cerca di aggiustare il Fondo Sanitario Nazionale.
“Inserire l’aderenza terapeutica nei Lea”
La strada percorrere quindi? Tutti concordi. “L’inserimento di un indicatore specifico sull’aderenza terapeutica nella griglia dei Livelli essenziali di assistenza (Lea)” dice Bernabei durante il virtual workshop organizzato nel pomeriggio del 10 marzo da Italia Longeva dal titolo “La misurazione dell’aderenza nella governance della long-term care”. Collegati da remoto alcuni dei massimi tecnici italiani in campo sanitario e farmaceutico. Per discutere di come arrivare al raggiungimento operativo dell’indicatore Lea numero 89.
Urbani (Ministero della Salute): “Dossier sul tavolo fra 30 giorni”
Sullo sfondo una domanda: quale futuro per il Ssn con invecchiamento della popolazione e una platea anziana che fatica nell’avere accesso all’innovazione medico-farmaceutica? “Servono schemi di governance e strumenti che misurino l’efficacia” spiega Andrea Urbani, il Direttore Generale della Programmazione sanitaria al Ministero della Salute. “In sanità esistono alcune questioni che hanno un impatto immediato e altre che girano sotto traccia – dice Urbani –. È il caso dell’appropriatezza prescrittiva, delle infezioni ospedaliere e dell’aderenza terapeutica: sono importanti tanto quanto l’innovazione tecnologica o l’ingresso sul mercato di nuovo farmaco perché hanno impatti sia economici ma soprattutto in termini di salute, che se non affrontati non ci permetteranno di mantenere sostenibile nel medio lungo periodo il sistema sanitario”. Per questo motivo il percorso avviato prevede di integrare l’aderenza terapeutica all’interno dei Lea e nel sistema di garanzia. “Verrà portata la questione sul tavolo del prossimo Comitato Lea nell’arco di un mese”. L’obiettivo? Il principio già esistente oggi per altri meccanismi: “Il mancato raggiungimento o il non adempimento di alcuni obiettivi da parte di una Regione farà sì che lo Stato trattenga una quota di fondi”.
Spandonaro (Crea): “Creare incentivi”
Si tratta di “creare incentivi” dice il dottor Federico Spandonaro, Presidente di Crea Sanità, perché “non si riesce a risolvere problemi soltanto perché si notano, anzi passi in avanti su questo tema sono stati modesti e la nostra diagnosi è che mancano gli incentivi: i sistemi complessi come il servizio sanitario non si governano con una nota o con le raccomandazioni” mentre al contrario “ogni volta che si è riusciti a sollecitare l’attenzione professionale verso un argomento si è arrivati a dei risultati”.
Baglio (Agenas): “Studiare variabilità fra Regioni e pazienti”
Proprio parlando del nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria, “ Vedo grandi possibilità di sviluppo in particolare sul versante dello studio della variabilità che può nascondere storture del sistema” spiega l’epidemiologo Giovanni Baglio, coordinatore del Programma Nazionale Esiti (Pne) dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). Per lui l’aderenza terapuetica “è un proxy della capacità di presa in carico e in definitiva dell’assistenza sanitaria nel suo complesso” che fino ad oggi è stata costruita “intorno all’assistenza ospedaliera”. Un fatto di cui risente anche “l’intero impianto della valutazione” mentre anche a causa del Covid “l’attenzione ora si sposta sul territorio che ha fatto comprendere quanto le cure primarie e l’attività di prevenzione siano strategiche”. Per Baglio la proposta di Italia Longeva di inserimento nel sistema di garanzia e nei Lea permetterà anche di indagare la variabilità a tre livelli e su tre dimensioni distinte: “.La variabilità geografica a livello interregionale ma anche infra regionale, rivelando ritardi nei modelli di implementazione della presa in carico”. Secondo? “La variabilità fra i pazienti con specifiche condizioni, specifici settings assistenziali o in fasi diverse della patologia”. Un fatto che implica “la possibilità di identificare i pazienti utilizzando e incrociando i sistemi informativi ospedalieri, ambulatoriali e farmaceutici”. Terzo? “Variablità su base socio-economica” che va “declinata nei termini delle disuguaglianze di salute” spiega l’epidemiologo che proprio su questo punto ha condotto studi e ricerche. “Sono le frange più marginali della popolazione che hanno una marcata distanza dai servizi” illustra spiegando come dagli studi per esempio sulla popolazione immigrata in relazione alla tubercolosi si sia dimostrato “alcuni gruppi avessero un rischio di non aderenza al trattamento fino a quattro volte superiore rispetto alla popolazione autoctona residente”. È questo – aggiunge – un problema che investe quel segmento di popolazione ma anche la collettività nel suo complesso”. Per non parlare invece a livello di sistema delle cosiddette “ospedalizzazioni evitabili”, tutti quei ricoveri di cui si potrebbe fare a meno con intervento precoce e prevenzione. “Sono indicatori che misurano effetti multipli dell’assistenza quindi non è possibile valutarli solo come aderenza terapeutica – chiude Baglio –. Serve quindi sviluppare misure focalizzate che descrivano al meglio l’efficacia della presa in carico, indicatori di processo e di esito che permettano di evidenziare eventuali criticità su cui poi agire per implementare a livello regionale o aziendale”.
Icardi (Conferenza delle Regioni): “Noi pronti”
Stimoli su cui pende una domanda: le Regioni sono pronte a misurarsi con questa nuova sfida che arriva dall’alto? Non solo pronti ma “impegnati al 110 per cento nel rispetto di quanto il Ministero ci chiede e ci chiederà” dice Luigi Icardi, assessore alla Sanità e coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni. “Per noi non si tratterà di un aggravamento delle procedure, anzi cogliamo con favore la proposta” perché se “l’ultimo rapporto nazionale sull’impiego dei medicinali ci parla di una bassa aderenza terapeutica, inferiore al 40%, estremamente comune” e “una misura di questo tipo ha un impatto notevole sui costi dell’assistenza, quindi ben venga l’indicatore”. Per Icardi però va affiancato anche da altri interventi in parte già avviati. Parla del “miglioramento della comunicazione medico-paziente, l’implementazione dell’infermiere di comunità figlio del lavoro fatto nell’ultimo Patto per la Salute prima del Covid. Oggi abbiamo un decreto che ne prevede l’istituzione in un certo numero e questa è una strada da percorrere”. “Infine la Farmacia dei Servizi che può rappresentare una parte significativamente attiva nella gestione delle patologie croniche”.
Bernabei (Italia Longeva): “Convergenza pragmatica”
Parole nelle quali il Presidente di Italia Longeva Bernabei coglie una “una felice convergenza ideologica e pragmatica di persone, istituzioni e cervelli”. Come quei cervelli che hanno messo a punto la “proposta metodologica” per far sì che un indicatore dell’aderenza terapeutica diventi realtà. Quelli di Graziano Onder, il Direttore del Dipartimento Malattie Cardiovascolari dell’Istituto Superiore di Sanità e la professoressa Barbara Polistena del Crea Sanità. Per stabilire come andrà poi misurata l’aderenza terapeutica sono partiti dall’analisi di dieci anni di letteratura internazionale, domestica e la cosiddetta “letteratura grigia”. Sono arrivati nel complesso a mappare 928 report di cui 69 pubblicazioni. “Significa che è un tema su cui si lavora con vivacità” commenta Onder. Ma il nodo critico è quello “dell’eterogeneità dei metodi di analisi, in gran parte basati sulle prescrizioni e dove “la fanno da padroni gli indicatori sulle patologie cardiovascolari, che rappresentano più del 50% del totale”. L’idea è di partire, come fa Aifa, dai flussi dei dati amministrativi correnti per mappare “non solo l’assistenza farmaceutica ma anche la continuità delle cure al malato cronico”. Più in generale tenere conto di “quali sono le determinanti del problema” dice la professoressa Polistena. Un problema che ha una natura “multidimensionale” fatti di aspetti “comportamentali” dei pazienti ma anche della “relazione medico-paziente” o della “tipologia di farmaci e terapie”.
L’obiettivo finale? Riuscire a dare un unità di misura a “una grande causa di iniquità nel contesto universalistico” chiude la dottoressa Polistena. Perché si parla di “risorse che se utilizzate in modo diverso potrebbero dare risultati migliori. È questa una “priorità della sanità pubblica”