Il futuro presidente dell’AIFA potrebbe essere Robert Giovanni Nisticò, docente di Farmacologia all’Università di Tor Vergata ed esperto di affari regolatori, con incarichi presso l’Ema e l’Agenzia del farmaco di Malta. Lo riporta Quotidiano Sanità (qui la proposta di nomina). Sebbene l’Agenzia italiana del farmaco sia tra gli enti più importanti in ambito sanitario, dalle tumultuose dimissioni di Giorgio Palù c’è voluto oltre un mese per trovare un nome adatto. Un mese di polemiche, nomi, retroscena per riempire il vuoto lasciato dal virologo, andatosene il 22 febbraio scorso in aperta polemica con il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a causa di incomprensioni sulle nomine ai vertici dell’ente e della ridotta durata del suo secondo mandato.
Laureato in Medicina e Chirurgia con lode all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma (1993-1999) e successivamente specializzatosi in Psichiatria con lode nello stesso ateneo (2000-2003), Nisticò ha operato in diversi ambiti del settore medico e farmaceutico. Dal 2015 ha lavorato come esperto di Affari Regolatori presso l’Agenzia dei Medicinali di Malta e come principal investigator presso il Laboratorio di Neurofarmacologia della Fondazione Rita-Levi Montalcini. Ha inoltre ricoperto ruoli chiave in iniziative europee legate ai medicinali innovativi e alla valutazione di farmaci orfani presso l’EMA.
Nisticò ha svolto attività didattica e di ricerca in università italiane, accumulando oltre 130 pubblicazioni scientifiche e contribuendo a importanti scoperte nel campo della neurofarmacologia e della farmacologia generale. Ha ricevuto riconoscimenti per la sua ricerca, inclusi fellowship Marie Curie, ed è stato coinvolto in progetti accademici a livello internazionale. Inoltre, ha contribuito all’innovazione farmaceutica con vari brevetti e partecipato a numerose conferenze scientifiche. È membro attivo di prestigiose società scientifiche internazionali.
In attesa di capire se Nisticò sarà o meno il successore di Palù, dagli uffici governativi in queste settimane sono arrivate informazioni divergenti. “Siamo ormai in fase di definizione, il ministro sta valutando gli ultimi curriculum; a breve ci sarà la nomina del nuovo presidente dell’Aifa e di un organigramma puntuale e preciso”, diceva il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato il 6 marzo. “Ci stiamo lavorando: stiamo cercando la persona adatta. Ci vuole un po’ di tempo, siamo stati sorpresi dalle dimissioni del professor Palù. Non lo so, stiamo lavorando. Appena ho i nomi ve li dico”, commentava invece Schillaci una settimana più tardi, il 13 marzo, raffreddando gli entusiasmi del suo delegato.
A ormai un mese di distanza, dunque, l’impasse sembra destinato a sbloccarsi. Nella querelle si era inserito Guido Rasi, ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). “Non serve uno scienziato da Nobel, un accademico. C’è bisogno di un super tecnico. Uno dell’ambiente. Sarà donna? L’importante è che sia la persona giusta. Serve piuttosto una persona con un solidissimo background farmaceutico-regolatorio e una consuetudine assoluta con l’inglese. E serve subito”, ha precisato. “In Europa i dossier ‘caldi’ sono tanti e l’Italia deve poter pesare ai tavoli internazionali”.
Nell’incertezza, molti nomi prima del docente di Tor Vergata (la stessa università da cui proviene il ministro Schillaci) erano stati accostati alla prestigiosa carica. Si è passati dallo stesso Rasi a Paola Minghetti, docente del Dipartimento di scienze farmaceutiche dell’Università di Milano, fino a Marco Cavaleri, oggi responsabile Rischi sanitari e Strategie vaccinali all’Ema. Con le modifiche a operatività e struttura dell’ente, però, il quadro non era di facile soluzione. Oltre alle competenze cliniche occorrono capacità manageriali e dimestichezza con l’industria del farmaco. “Gli toccherà valutare se la definizione di innovazione vigente sia ancora attuale; preparare una strategia per le terapie avanzate, che non abbiamo; capire se la Legge 648, che norma fra le altre cose l’uso compassionevole dei farmaci, vada ancora bene”, ha precisato ad AdnKronos Rasi.
In aggiunta alle modifiche strutturali, che rendono la poltrona dell’Aifa tanto ambita quanto complessa da occupare, ci sono però numerosi lati negativi che hanno allontanato i grandi nomi dall’incarico. Il presidente dell’ente, infatti, percepisce uno stipendio sì di tutto rispetto (120mila euro l’anno), ma la legge impone ai professionisti del settore che assumono questo ruolo di non svolgere altri incarichi. Niente più lavoro negli ospedali, addio alle prestigiose cattedre negli atenei: la dedizione alla causa dell’Aifa deve essere totale. Non solo: una volta terminato l’incarico si deve stare lontani da ruoli analoghi per almeno i tre anni successivi alle dimissioni. Insomma: un rebus non di facile soluzione. Nel frattempo, però, come sottolineato da Rasi, dall’Europa iniziano a perdere la pazienza: la nomina di Nisticò è attesa in tempi brevi.