di Francesco Floris
Solo un gioco di parole o qualcosa di più? Sono stati i giorni del grande ritorno di Paola Binetti sulla scena politica. Ha (quasi) azzeccato con diverse ore di anticipo i numeri che avrebbero permesso al governo Conte di rimanere in piedi al Senato: 154 voti a favore, pronosticava la senatrice dell’Udc prima che l’affaire Ciampolillo (e Nencini) illuminasse la notte di Palazzo Madama. “Oggi non voto la fiducia, del domani non vi è certezza” il suo sibillino lascito alle agenzie stampa della penisola fra lunedì e martedì. “Le hanno offerto il Ministero della Famiglia” dicono i ben informati sulle trame romane. Quel Ministero della Famiglia fino a poche ore prima guidato dalla sua (quasi) omonima: Elena Bonetti di Italia Viva. E che qualcosa si sia mosso a Roma lo si intuisce dalle reazioni. Monica Cirinnà dice al Foglio che “un piccolo gruppo di due o tre senatori non può condizionarne uno grande”, come il Pd. Risposta preventiva all’eventuale ipotesi che un ingresso dei cattolici dell’Udc in maggioranza possa causare una messa in discussione dell’attuale linea politica sui diritti civili. A cominciare dalla legge contro l’omotransfobia che proprio nelle prossime settimane dovrebbe approdare al Senato. Ma le passioni di Paola Binetti, da un po’ di tempo, sono cambiate: “Recovery Fund? Niente quota alla malattie rare” attacca l’ex animatrice della corrente teo-dem a settembre 2020. Luglio 2020? “Approvare e finanziare un nuovo piano per la malattie rare” dice la Senatrice romana. Autunno, inizio della seconda ondata pandemica: “Varare il piano nazionale per le malattie rare non oltre il prossimo 28 febbraio, giornata dedicata a queste patologie” ribadisce. Binetti è anche Presidente dell’Intergruppo parlamentare sulle malattie rare, nato nel 2012, e che riunisce onorevoli e senatori che hanno a cuore il tema. Da anni, di fatto, è questo il fulcro delle sue battaglie politiche. Tornando alla domanda inziale: Binetti al posto di Bonetti? Qualcuno ci spera.