di Francesco Floris
La morale? Non ha dubbi Elisabetta Iannelli, avvocato e vice presidente di AIMAC (Associazione Italiana Malati di Cancro): “Questa è la capacità del terzo settore nel saper rispondere in maniera efficace adeguandosi alle mutate condizioni pandemiche. Un fattore che notiamo costantemente dall’8 marzo, dal giorno stesso del primo lockdown le associazioni si sono reinventate per essere accanto al paziente”. Riferimento? Al nuovo percorso di formazione a distanza intitolato “InFormazione del caregiver oncologico” e dedicato proprio a familiari o lavoratori del settore che si prendono cura, anche in tempi di pandemia, di una persona affetta da patologia oncologica. Il profilo di queste persone, stando alla nota con cui FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia che riunisce 500 associazioni) ha annunciato l’iniziativa, fotografa una serie di dati. Il caregiver è, secondo l’Istat , in genere una donna e il 31% di loro ha età inferiore a 45 anni, mentre il 38% un’età compresa tra 46 e 60, il 33% oltre i 60. L’indagine sui costi sociali che ricadono sui caregiver e promossa dalle associazioni, mostra come “perdano” in media 19 giornate di lavoro al mese. Il 12,5% di loro ne perde più di 21. Il 26,8% dichiara di aver subito una riduzione di reddito dal momento in cui ha iniziato ad occuparsi del paziente, a causa della riduzione degli orari di lavoro e del rendimento lavorativo. L’iniziativa promossa per loro da FAVO (all’interno della quale AIMAC è una delle realtà più rappresentative) verrà realizzata da numerosi soggetti: ISHEO (Integrated Solutions of Health Economics and Organizations) AIMAC stessa, con il patrocinio di AIOM (Associazione italiana oncologia medica), SICP (Società Italiana Cure Palliative), FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche), SINPe (Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo) e SINUC (Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo). Diciotto moduli. Da seguire a distanza per far fronte al contesto che ormai da un anno attanaglia l’Italia.
Lezioni specifiche che vanno dagli aspetti psicologici che riguardano il caregiver, con la necessità di elaborare disagio psichico e le difficoltà che incontra nel prendersi cura di un proprio caro ammalato, fino alla conoscenza della nutrizione e delle cure palliative, passando per gli aspetti di segretariato sociale – come attivare cioè i vari servizi sociali e della pubblica amministrazione. O ancora: l’aderenza alle terapie e il controllo della tossicità dei farmaci e della regolarità dell’assunzione degli stessi ma anche la cura e l’igiene personale. Questo perché accanto alle cure antitumorali c’è tutta una sfera psico-fisica del paziente che esce dal perimetro del singolo specialista ed entra nella quotidianità di una famiglia. Ci sono aspetti riabilitativi che non balzano subito agli occhi, più banali ma non per questo meno “mortificanti”, ad esempio problemi di incontinenza dopo aver subito un’operazione di stomia; oppure l’impossibilità di parlare dopo aver subito un’operazione alle corde vocali e la necessità, quindi, di una riabilitazione fonatoria.
Infine un modulo, gestito direttamente dall’avvocato Iannelli, sulla conoscenza dei propri diritti e tutele. Giuridiche e a cascata economiche. Il contesto intorno non è dei più semplici per chi vive situazioni di questo tipo. Per una serie di ragioni. Primo: l’oncologia è stato uno dei settori più colpiti dalla pandemia Covid, in maniera indiretta, in termini di mancati screening, diagnosi precoci e visite specialistiche. Un fatto che potrebbe creare colli di bottiglia che improvvisamente si “stappano” con numeri crescenti nei prossimi mesi/anni, legati naturalmente anche alla demografia italiana. “Noi ci rivolgiamo ai caregiver oncologici per mandato dell’associazione – spiega a True Pharma Elisabetta Iannelli – che vengono, o magari verranno coinvolti, per un periodo della loro vita. Ma immaginate quelle figure che lo sono per disabili gravissimi con condizioni stabilizzate e permanenti, che per tutta la vita dovranno assistere un loro caro e che si trovano in una condizione ancora più da tutelare”. Il contesto esterno che non aiuta è in primo luogo quello normativo: due anni fa c’è stato il riconoscimento formale nella legge di bilancio della figura del “caregiver”. Annunciata come una rivoluzione, alla nuova definizione non sono seguite grandi misure pratiche. Si pensi che il fondo per i caregiver (tutti), leggermente potenziato di recente e che prevede contributi economici per l’opera di assistenza per chi svolge quella funzione, è dotato di 30 milioni di euro. Insufficiente e microscopico considerando i 600mila disabili gravissimi registrati in Italia. Il disegno di legge che porta la firma anche della senatrice Roberta Toffanin, vice presidente della Commissione Finanze e Tesoro, giace da un anno e mezzo in Parlamento. Abbandonato.
“Non è solo una questione di contributi economici” specifica Elisabetta Iannelli. I nodi sono “la tutela del posto di lavoro o di un reddito di natura professionale ed è ciò che abbiamo denunciato con l’indagine sui costi sociali”. Significa che “non viene travolto solo il mondo del malato in prima persona, ma a farne le spese è anche il caregiver-lavoratore”. Per la vice presidente di AIMAC qui entra il gioco anche la segmentazione del mercato del lavoro italiano. “Mentre il dipendente ha una serie di tutele, seppur da migliorare, ma esiste una legislazione avanzata che pur nella differenza fra pubblico e privato offre una buona copertura, il dramma totale è quello di autonomi, partite iva e freelance. In questo caso le tutele per preservare il reddito professionale sono pressoché inesistenti con la conseguenza che vi è il concreto rischio che tutta la famiglia vada gamba per aria all’insorgere della malatti”. Fatta questa premessa, vi è un tema di ignoranza – in senso tecnico – delle proprie tutele: “Come la possibilità, già oggi presente, del congedo retribuito addirittura per due anni e dedicato al caregiver di persone con disabilità grave: il malato oncologico nella fase acuta o terminale della malattia rientra in questa categoria”. Congedo che garantisce di preservare il posto di lavoro. “Esistono invece delle necessità che oggi non hanno risposta di tutela alcuna e garanzia, la distinzione fra dipendenti e non dipendenti è la più eclatante, e che per associazioni come la nostra diventano oggetto di advocacy”.