La salute mentale è la linfa vitale della società: ogni alterazione o interruzione del suo flusso genera disuguaglianze, esclusioni e fragilità che si riflettono in modo incisivo sul benessere collettivo. Il suo ruolo cruciale nella coesione sociale e nel progresso della comunità è ormai riconosciuto come una priorità globale di salute pubblica, non confinabile a una dimensione meramente contenitiva dei sintomi, ma integrata in una visione complessiva della cura e del supporto.
Questa prospettiva costituisce il nucleo centrale di One Mental Health, un approccio innovativo che va oltre la concezione tradizionale della salute mentale come un problema circoscritto all’individuo, promuovendo una visione olistica e sistemica. Tale approccio abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza: sociale, culturale, ambientale e sanitaria. Se la salute mentale è il sangue che scorre nel corpo della società, è imprescindibile che ogni azione pubblica diventi un atto consapevole di promozione, prevenzione e cura, con l’obiettivo di assicurare un flusso continuo e sano, capace di permeare ogni ambito della vita civile.
La sfida è di portata globale e i dati a disposizione sono eloquenti e allarmanti: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi un miliardo di persone nel mondo convive con un disturbo mentale, incluso il 14% degli adolescenti. Questi disturbi rappresentano il 10% del carico globale di malattia e sono responsabili del 25% degli anni vissuti con disabilità a livello mondiale. Inoltre, il suicidio causa ogni anno oltre 700.000 decessi, ponendo l’urgenza di una risposta coordinata, integrata e accessibile. Eppure, oltre ai numeri, basterebbe uno sguardo attento alle dinamiche sociali quotidiane per comprendere la necessità di un cambiamento di paradigma.
Un ostacolo significativo è rappresentato dalla persistenza di un approccio distanziante e stigmatizzante, che porta non solo all’allontanamento delle persone affette da disturbi mentali ma anche alla loro reticenza nel richiedere tempestivamente cure adeguate. Questo atteggiamento affonda le radici nella cultura dell’emarginazione, sedimentata storicamente nella pratica del confinamento nei cosiddetti “manicomi”. Questi istituti, chiusi nel 1978 con la Legge Basaglia, hanno lasciato un’eredità di narrazioni che ancora oggi associano la salute mentale a immagini di costrizione e marginalità. Una visione obsoleta che perpetua l’erronea associazione tra disturbo mentale e pericolosità, portando a considerare il malato mentale come un soggetto potenzialmente violento e giustificando la violenza con asseriti e non sempre scientificamente documentati disturbi mentali.
Di fronte a tale scenario, la salute mentale impone una risposta “olistica” concreta e strutturata. Il Governo italiano ha risposto a questa necessità adottando misure strategiche e strutturali volte ad abbattere la cultura retrograda del passato. Tra queste, l’introduzione del bonus psicologo, divenuto strutturale con la Legge di Bilancio 2023, rappresenta un passaggio significativo per eliminare le barriere economiche all’accesso ai servizi psicologici. L’istituzione del Tavolo Tecnico per la Salute Mentale nel 2023, invece, segna un passo fondamentale per la riforma del settore, anche tramite l’aggiornamento del Piano Nazionale per la Salute Mentale (PNSM), ormai scaduto dal 2017.
Questi interventi si fondano su un principio cardine: la prevenzione è un elemento imprescindibile di salute pubblica. Identificare precocemente vulnerabilità, disagi e disturbi mentali non può dipendere da occasionali sensibilità “dei pochi”, ma deve essere sistematicamente integrato nel tessuto sociale e culturale. È quindi essenziale affermare il valore – accanto a quelle dello psicologo – della figura dello psichiatra quale medico specialista capace di leggere e interpretare tempestivamente le condizioni di fragilità o disturbo e di adottare misure terapeutiche basate su solide evidenze scientifiche, quindi non meramente contenitive delle manifestazioni patologiche.
Parallelamente, è necessario implementare una capillare formazione per i professionisti coinvolti nell’educazione scolastica ed extrascolastica. Investire nelle scuole significa investire nel futuro della società, creando ambienti sicuri, inclusivi e capaci di rispondere alle esigenze psicologiche degli studenti. Un’attenzione particolare deve essere riservata alla salute perinatale e alle dipendenze, settori in cui si concentrano vulnerabilità che, se trascurate, rischiano di evolversi in problematiche croniche.
Per abbattere definitivamente la cultura retrograda del passato, il Governo ha intrapreso iniziative per attuare una rivoluzione culturale e informativa. La salute mentale, prima ancora di essere un tema di cura, è una questione di educazione, sensibilizzazione e consapevolezza. Una campagna informativa strutturata, continua e capillare è essenziale per abbattere lo stigma che ancora oggi grava su questo tema.
Parallelamente, è indispensabile sfruttare le tecnologie digitali per rendere i servizi di salute mentale più accessibili. Le piattaforme di telemedicina rappresentano uno strumento prezioso per superare barriere geografiche e fisiche, nonché per affrontare la reticenza che molte persone nutrono verso i percorsi di cura. In conclusione, la salute mentale non è più relegabile a un ruolo marginale. L’approccio alla salute mentale è fattore irrinunciabile dell’etica su cui si poggia l’operato del Governo, una responsabilità trasversale che permea ogni settore: educazione, lavoro, giustizia, ambiente. Solo così potremo garantire un progresso sociale autentico, equo e inclusivo.