Bolle di sapone? No. Bolle di gel igienizzante? No. Bolle dei prezzi? Forse. L’impatto Covid sullo storico marchio Angelini nel 2020
di Pietro Bullian
Bolle di sapone? No. Bolle di gel igienizzante? No. Bolle dei prezzi? Sì, o forse no. Nel mese di febbraio 2020 gli italiani, investiti dalla pandemia del decennio (si spera anche l’unica), hanno sentito l’impellente necessità di acquistare prevalentemente tre beni di consumo: il lievito di birra, le mascherine e il gel igienizzante mani. Per i consumatori italiani, sinonimo di “gel igienizzante” è ormai diventato da anni la parola “Amuchina”. Vittima (si fa per dire) di quel processo che i teorici del marketing chiamano “volgarizzazione dei marchi”, vale a dire di quel fenomeno linguistico che si verifica quando il nome proprio di un prodotto diventa il nome comune con cui i consumatori identificano un’intera categoria merceologica. Due numeri che spiegano meglio dei “teorici del marketing” cosa ciò significhi? Nel canale di vendita che include farmacie e parafarmacie, la quota di mercato del gel igienizzante prodotto dalla Angelini è stata nel 2019 del 98,2 per cento. La capofila, Angelini Holding S.p.A., ha sfiorato nel 2019 un fatturato di 1,7 miliardi di euro, registrando un’utile netto consolidato di 149 milioni di euro. La storia finanziaria che emerge dal bilancio di una delle ormai poche storie di successo del capitalismo familiare italiano del secolo scorso, è quella di una realtà che vanta una solidità finanziaria impressionante: la posizione finanziaria netta è infatti creditoria per 901 milioni di euro e la solidità societaria è garantita da un patrimonio netto di 1,9 miliardi su un totale di risorse investite per 2,8 miliardi di euro. E Amuchina? L’80 per cento degli utili del gruppo sono imputabili alla storica Acraf S.p.A., anche nota come Angelini Pharma S.p.A. Proprio a questa controllata del gruppo fa riferimento la produzione dell’Amuchina, che ha contribuito nel 2019 a 45 dei 659 milioni del suo fatturato. Sono cifre aggiornate al 31 dicembre 2019 che quindi ci dicono ben poco sull’exploit che ha avuto questo prodotto nell’anno della pandemia. A partire da febbraio, infatti, i prodotti a marchio Amuchina sono letteralmente andati a ruba, provocando brevi ma intensi fenomeni speculativi da parte di alcuni rivenditori. Istat – almeno inizialmente – ha smentito che gli aumenti a 3 o addirittura 4 cifre osservati in qualche vetrina (soprattutto online) abbiano avuto un impatto statisticamente rilevante sui prezzi, ma la società di consulenza Nielsen ha stimato in questo 2020 per la categoria merceologica un aumento dei prezzi del 20% e un giro d’affari più che decuplicato. Angelini ha smentito categoricamente di aver aumentato i propri listini, impegnandosi al contrario a mantenerli invariati. La stessa azienda ha però anche comunicato di aver aumentato la produzione dei prodotti a marchio Amuchina di percentuali che vanno dall’87% per i disinfettanti al 200% per l’igienizzante mani, con le vendite di quest’ultimo che nel medesimo periodo sono aumentate del 370%. Solo nei primi 5 mesi dell’anno. Un boom di vendite che i dati di Nielsen ci fanno immaginare si sia trascinato per tutto il 2020 e continuerà ben oltre. Se per Angelini l’aumento della produzione acquisito nei primi 5 mesi dell’anno è stato quindi superiore al 150%, possiamo prudentemente stimare che il fatturato del marchio Amuchina supererà quest’anno i 100 e forse anche i 150 milioni di euro. Vale a dire un valore triplo del fatturato dei prodotti analgesici del gruppo. Stima l’OCSE che il settore farmaceutico spenda in media il 14% del proprio fatturato in R&D, poiché principale vettore di crescita del comparto. Eccezione che conferma la regola, ad Angelini, in questo 2020 per un anno da record sarà bastata una formula molto più semplice: una pandemia influenzale e un disinfettante dominante nel mercato consumer: il resto è venuto da sé.