La frequenza delle malattie epatiche croniche nella popolazione generale non è nota in Italia, per la mancanza di un sistema di registrazione di routine. Per questo è nata una collaborazione tra l’Università di Brescia e 16 MMG che operano nella Provincia di Brescia per dare vita a uno studio basato sugli archivi dei medici di medicina generale che possa far luce sulla frequenza di epatopatie croniche.
Abbiamo approfondito i contenuti di questo studio con Erminio Tabaglio, medico di medicina generale dell’AST Brescia.
Qual è l’obiettivo della ricerca?
“Obiettivo della ricerca è valutare la frequenza di epatopatie croniche, in particolare steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e steatoepatite (NASH) nella popolazione bresciana, utilizzando come fonte gli archivi dei 16 medici di medicina generale che hanno aderito alla ricerca. Tali patologie risultano essere ampiamente sottostimate e sottodiagnosticate, per cui, accanto all’aspetto puramente statistico-epidemiologico, è importante sottolineare l’aspetto motivazionale e formativo che interesserà questi medici, in un processo di audit che è parte integrante del percorso dello studio”.
Come si articolerà la ricerca?
Dopo una estrazione dati per fotografare la situazione di partenza, si sono individuate le criticità (differenti modalità di codifica delle diagnosi da parte dei partecipanti, molti soggetti con transaminasi alterate in assenza di una diagnosi specifica), per cui si è provveduto ad uniformare le codifiche, in modo tale da avere dati omogenei e confrontabili, e si è iniziato a valutare i soggetti con transaminasi alterate, al fine di giungere, ove possibile, alla definizione di una diagnosi. Questo lavoro proseguirà per tutto il corso dello studio (sono circa 430 i soggetti in questa condizione), aggiungendo via via altri step, primo fra i quali il reperimento dei dati per il calcolo dell’indice di fibrosi epatica FIB-4 nei soggetti con steatosi.
Quali sono le prime evidenze emerse?
A quattro mesi dalla prima, è stata fatta una seconda estrazione dati. A testimonianza del lavoro svolto dai medici, abbiamo registrato un
incremento nella frequenza di steatosi epatica da 128 a 581 casi, di cui 453 casi di NAFLD (2%), 117 casi di steatosi alcolica (0.52%) e 11 di NASH (0.05%). E’ stato inoltre confermato un dato ormai noto in letteratura, vale a dire l’associazione di NAFLD con altri fattori di rischio metabolico (diabete mellito, sindrome metabolica, obesità, dislipidemia): solo il 22% dei soggetti con NAFLD non aveva alcun fattore di rischio metabolico.
All’interno dello studio è previsto un focus particolare sulla colangite biliare primitiva (CBP), un’epatopatia infiammatoria cronica autoimmune. Di cosa si tratta e chi colpisce in particolare?
La colangite biliare primitiva è una patologia autoimmune del fegato, che colpisce in particolar modo il sesso femminile a partire dai 40 anni di età. Si tratta di un disturbo cronico dei dotti biliari, le cui cellule vengono erroneamente attaccate dal sistema immunitario determinando la loro distruzione e una progressiva cicatrizzazione. Come per tutte le malattie croniche vale l’assioma che più precoce sono la diagnosi ed il trattamento, tanto migliore sarà la prognosi per il paziente in termini di qualità della vita, incidenza di complicanze, sopravvivenza. A maggior ragione ciò vale per le patologie per le quali disponiamo di trattamenti farmacologici. Nel caso della colangite biliare primitiva, disponiamo di farmaci efficaci.
Anche in questo caso, quali sono i primi risultati?
La prevalenza di questa malattia nella popolazione oggetto di studio è risultata essere sovrapponibile a quella riscontrata in letteratura.
Partendo dal presupposto che probabilmente tale prevalenza è sottostimata, ci si è proposti l’obiettivo di portare alla luce casi non
diagnosticati. A questo scopo sono stati identificati i soggetti con fosfatasi alcalina e gamma GT aumentate (due esami di chimica clinica
che risultano alterati nella malattia) ed a questi soggetti verrà richiesto un esame del sangue specifico, il dosaggio degli anticorpi anti mitocondri (AMA). Un aumento persistente degli indici di colestasi e degli AMA sono criteri sufficienti per porre la diagnosi.