Settantaduemila euro di “investimenti in media per ogni farmacia”: 48mila dalla “contribuzione pubblica” e altri 24mila dal privato con un sistema di cofinanziamento. In totale 100 milioni di euro di risorse pubbliche che potrebbero diventare 150 milioni con il contributo privato. Da destinare a 4119 “farmacie rurali” che “operano nei comuni italiani con meno di 3mila abitanti” a cui nel tempo sono stati tagliati i sussidi regionali a causa della riduzione del bacino d’utenza.
Lo si legge negli allegati in inglese al Recovery Plan italiano inviato dal governo Draghi a Bruxelles e in queste settimane al vaglio delle autorità europee. È la documentazione, molto più ricca della versione sintetica in italiano pubblicata sul sito della Presidenza del Consiglio, dove alcune delle misure del Pnrr vengono meglio dettagliate. È il capitolo dedicato alle “Strutture sanitarie di prossimità territoriale”. Si legge che il governo stanzierà 100 milioni di euro di risorse per le farmacie collocate nelle aree più remote e rurali del Paesi. Dove complessivamente abitano circa 5 milioni di italiani. Una misura che risponde alla logica di rafforzare i primi presidi sanitari territoriali e di valorizzare la funzione sociale delle farmacie che servono una piccola comunità. “Ci attendiamo – scrive il governo – che quasi la metà delle farmacie rurali nei comuni con meno di 3mila abitanti possa beneficiare di questo intervento, con un investimento medio per farmacia pari a 72mila euro”.
Una gara per selezionare le “farmacie rurali”
Nel dettaglio il Piano del governo prevede che queste farmacie possano rafforzare il loro ruolo su alcuni aspetti: partecipando ai servizi domiciliari di assistenza; fornire prestazioni di secondo livello, in coerenza con il percorso diagnostico-terapeutico per alcune patologie specifiche; monitorare il paziente con la cartella clinica elettronica. Alcuni degli obiettivi principali sono, oltre a rafforzare un network capillare di presidi territoriali, quelli di “decongestionare gli ospedali con particolare riguardo all’emergenza”, facilitare “l’accesso al servizio sanitario nazionale e ai farmaci”. Le misure saranno implementate dall’Agenzia per la coesione territoriale che lancerà nel quarto trimestre 2021 una gara di selezione fra le farmacie site in comuni con meno di 3mila abitanti. L’obiettivo è raggiungere da subito almeno 500 di queste farmacie per arrivare sul medio lungo-periodo ad almeno 2mila.
Recovery, perché l’investimento sulle “farmacie rurali”
Gli investimenti necessari per un adeguamento sono stati scorporati per singole voci e capitoli di spesa, in una tabella allegata alla documentazione, e stimati sulla base dei costi di mercato standard riportati da Federfarma – la Federazione nazionale dei titolari di farmacie – in funzione dell’ammontare medio dei ricavi annuali. Le farmacie rurali sono state divise fra quelle che fatturano meno di 600mila euro l’anno o più di 600mila euro.
Ci sono importanti divari fra le diverse voci che è necessario ammodernare. Quelle numericamente più basse riguardano i servizi tradizionali di una farmacia dove sono previsti 784 euro all’anno di media in investimenti sull’ammodernamento dell’hardware, 1.568 euro per il “training” del proprio staff, 1.800 euro sui software. Mentre invece le voci a farla da padrone riguardano proprio l’evoluzione della farmacia verso qualcosa di diverso rispetto al passato: l’affitto di device (11mila euro), la realizzazione di postazioni per la presa in carico dei pazienti (18mila euro), la riorganizzazione dell’area erogazione farmaci (23mila euro) e la fornitura di servizi diagnostici (16mila euro).