La scoperta è stata paragonata a quella della penicillina. Nel 2006 Craig Cameron Mello e il collega Andrew Fire ci hanno vinto il Premio Nobel per la Medicina. Si tratta di una nuova classe di medicinali chiamati agenti terapeutici RNAi (Rna Interference), meccanismo naturale che consente, se utilizzato come terapia, il silenziamento genico di specifiche proteine responsabili di alcune patologie di origine genetica. I farmaci a Rna agiscono in maniera diversa rispetto ai medicinali odierni. Silenziando gli RNA messaggeri (mRNA), cioè i precursori genetici, che codificano le proteine che causano la malattia prevenendone la produzione. Oggi sono sulla bocca della comunità scientifica, e non, di mezzo mondo per la ricerca sul vaccino Covid e il susseguirsi di annunci promettenti da parte prima di Pfizer e poi di Moderna. Ma oltre il Covid è questa una delle frontiere più promettenti e in rapido avanzamento nel campo della biologia e dello sviluppo dei farmaci innovativi. Ribaltando un paradigma, punta alla “radice” delle patologie, non ai sintomi. Quali patologie? Il ventaglio di farmaci sviluppati nel tempo viene usato contro malattie cardio-metaboliche, malattie infettive, le malattie del sistema nervoso centrale (SNC) e quelle oculari. Nello specifico la tecnologia ha già dato risultati nel campo delle malattie rare come l’amiloidosi ereditaria mediata dalla transtiretina, la porfiria epatica acuta e l’ipersossaluria primaria ma anche con patologie molto più diffuse come l’ipercolesterolemia, Alzheimer e Parkinson. Da metà degli anni duemila e dal Nobel a Mello e Fire in poi, l’RNA Interference si è affermato nel mondo delle pubblicazioni scientifiche su riviste peer-reviewed come Nature, Nature Medicine, Nature Biotechnology, Cell, The New England Journal of Medicine e The Lancet.