Troppo spesso “dimentichiamo il dolore di chi cura”. Usa un aneddoto preso del passato recente il dottor Mario Guarino, Direttore della Medicina d’Urgenza al CTO Azienda dei Colli di Napoli, per raccontare la sua idea innovativa di Pronto Soccorso per la quale si spende da anni: “A dicembre è venuto da noi un bambino di nove mesi con arresto respiratorio perché aveva ingoiato una pallina – racconta Guarino a true-news –. Liberiamo le vie aeree. Lo trasferiamo in un ospedale pediatrico e dopo due giorni viene dimesso”. “Quella sera nella ‘squadra’ di turno – prosegue – c’erano un’infermiera che stava facendo l’inseminazione artificiale, una collega che stava facendo la stimolazione, un’altra che aveva saputo da pochi giorni di non poter avere figli e infine una collega con due figli della stessa età del bambino ricoverato”. “Molto banalmente mi sono chiesto: cosa si portano a casa dopo una giornata di lavoro del genere?”.
Il “debriefing emozionale” al Cto Azienda dei Colli di Napoli
È questo il “dolore di chi cura”. Troppo spesso dimenticato nelle polemiche che settimanalmente travolgono i sistemi sanitari – complessi per definizione – le lotte politiche e i confronti sulle risorse, gli investimenti, la gestione della pandemia, i posti in terapia intensiva e il “colore” di una Regione in base alla percentuali, solo per restare alla cronaca dell’ultimo biennio. A Napoli, Guarino e colleghi hanno messo in piedi un “debriefing emozionale”: una sorta di psicodramma rivisitato e centrato sulla dissoluzione delle tensioni interne provocate dai problemi personali ed innescate dal lavoro. “Io descrivo il caso clinico – spiega –. Ciascuno racconta le proprie emozioni, liberamente, a modo suo”. Garantita la presenza dello psicologo dell’Asl. In sottofondo della musica a 432 hertz “come contrappasso alle urla di quella notte”. Così si “riduce il peso di angosce, paure e ansia che sul medio-lungo periodo possono trasformarsi in burn-out”. “Questo non si può scrivere dentro a un piano di investimenti come il Pnrr ma in realtà non costa nulla e funziona nel ridurre le tensioni e l’aggressività”.
La “medicina narrativa” di Mario Guarino
La chiama “medicina narrativa” Mario Guarino. Da anni spinge, anche grazie al suo ruolo di consigliere nella Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (Simeu), sull’approntare delle modifiche nei Pronto Soccorso e nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA) per migliorare il benessere di pazienti e operatori sanitari. Modifiche che hanno poco, o nulla, a che fare con grandi investimenti in tecnologia (il capitolo sui DEA del Pnrr è tutto centrato sulla digitalizzazione degli stessi). Ma più che altro investimenti di natura “relazionale” e “spaziale”.
Guarino: “Passare dal curare al prendersi cura”
“Bisogna passare dal ‘curare’ al ‘prendersi cura – spiega Guarino –. È un cambio di paradigma che tradotto significa riduzione delle barriere a cominciare dal bancone di triage”. Servono “ragionamento architettonico sull’ospedale” con “gruppi di lavoro misti fra medici d’urgenza, infermieri, architetti e ingegneri dove ognuno porti le sue necessità. Tra le tante, alcuni segni banali di accoglienza per il paziente (anzi “per la persona” dice il medico): dal pvc che riveste il pronto soccorso con delle curve ondulate che, al contrario degli spigoli, “riducono il livello di stress nell’attesa”. Fino ai colori più tenui – non forti o accesi – e che non richiamano l’emergenza come il rosso che è spesso preponderante all’interno dei DEA.
“Nel mio pronto soccorso, e succede anche altrove, abbiamo voluto una libreria come anche nella sala dei famigliari purtroppo chiusa in questa fase per la pandemia”. La presenza di musica di sottofondo in tutte le sale “con una playlist adatta al momento”. Per esempio? “Nel giorno della Lotta alla violenza di genere del 5 novembre, noi che siamo Hub regionale in questo campo, la selezione musicale è stata scelta dalle donne dell’Unità Operativa specifica, diventando così anche strumento di team building e, di nuovo, relazionale”.
L’ “ascolto empatico” per migliorare l’esperienza dei pazienti
Ultima domanda. Perché puntare su questo genere di trasformazione invece che sulla richiesta, per esempio, di maggiori risorse? Nella sua concezione la risposta è: per il benessere. “Bisogna partire da un presupposto – dice –. Nei Dipartimenti di Emergenza il paziente non sceglie. Si affida a un medico che non conosce e spesso gli mette in mano la propria vita, o comunque il proprio futuro, in un momento di criticità”. Tutto ciò può avere un impatto anche pesante (si pensi alle aggressioni al personale ospedaliero) mentre invece la riduzione delle barriere – fisiche e psicologiche – se accompagnata da una buona comunicazione e dal cosiddetto “ascolto empatico” può portare a dei risultati sorprendenti: “Immaginate solo cosa può significare – chiude Mario Guarino – per una persona, magari un bambino con malattia oncologica, ricordarsi della sua esperienza in ospedale per come è stato trattato invece che per l’uso di un farmaco, di una procedura dolorosa o delle grida in corsia? Immaginate cosa può significare per il suo vissuto”.