Sebbene la principale causa dei traumi cranici, nelle persone sotto i 75 anni, sia legata a incidenti di transito (48%), circa il 10% sono dovuti a infortuni nel corso di attività sportive, soprattutto in discipline come gli sport di contatto o gli sport invernali praticati anche a livello amatoriale. Se ne è parlato, lunedì 4 luglio, nel corso dell’incontro “Colpi di testa. L’importanza dei test diagnostici nell’individuazione del trauma cranico” presso il Palazzo delle Stelline a Milano, organizzato e promosso da Inrete al quale hanno preso parte Emanuele Monti, Presidente Commissione III Sanità e Politiche sociali, Regione Lombardia; Marco Riva, Presidente CONI Lombardia; Daniel Di Mattia, Presidente AMS Milano FMSI Federazione Medico Sportiva Italiana, Giuseppe Banfi, Direttore Scientifico IRCCS Galeazzi; Ugo Giovanni Tamborini, Consigliere Segretario OMCeo Milano.
Obiettivo dell’evento è quello di fornire informazioni utili e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione attraverso le buone pratiche, come l’uso del casco e dei dispositivi di sicurezza in particolare per le discipline sportive, e sul ruolo centrale della diagnosi tempestiva attraverso il ricorso d’urgenza al Pronto Soccorso per gli accertamenti del caso senza sottovalutare i sintomi conseguenti al possibile trauma.
Emanuele Monti: “Tema chiave è prevenzione in contesto One Health”
Il tema chiave è la prevenzione in un contesto One Health – dichiara Emanuele Monti, Presidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali al Pirellone -. Ed è per questo che lo abbiamo scritto in modo chiaro nella recente riforma sanitaria regionale e siamo stati la prima Regione d’Italia a mettere al centro del sistema di cure lo sport perché lo sport è salute, è vita. Anche sul trauma cranico il nostro impegno è massimo e vogliamo anticipare tutti ancora una volta per impiegare tecnologie innovative anche in vista di Milano-Cortina 2026. La Lombardia è la culla dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo e lo sarà ancora di più in ambito sportivo grazie al volano delle olimpiadi”.
Riva: “Il tema della salute e della sicurezza nel mondo dello sport è da sempre priorità assoluta”
Dei rischi del trauma cranico nello sport per gli atleti ha parlato il Presidente CONI Lombardia: “Continuiamo ad aumentare la sensibilità e la consapevolezza per costruire il futuro valorizzando le eccellenze del nostro mondo, facendo informazione e formazione, unendo le forze per garantire un servizio sicuro alla comunità e al mondo sportivo- ha detto Riva-. Il tema della salute e della sicurezza nel mondo dello sport è da sempre priorità assoluta a tutela del benessere di tutti gli sportivi”.
Attualmente le linee guida del protocollo nazionale dei traumi cranici indicano che nei soggetti che hanno subito un trauma cranico minore e non presentano “fattori di rischio” non c’è indicazione all’esecuzione di TC dell’encefalo in urgenza. Ma quali sono le principali manifestazioni del trauma cranico e quali le più importanti conseguenze? Nella Vita di tutti i giorni e nello Sport il Trauma Cranico è sempre un evento da considerare come possibilità quotidiana.
Di Mattia: “Il trauma cranico è un complesso evento fisiopatologico che colpisce l’encefalo”
“Vi sono danni primari causati direttamente dal trauma e danni secondari causati da fenomeni ischemici, da fenomeni ipossici e da alterazioni biochimiche- ha risposto Di Mattia-. Il trauma cranico è un complesso evento fisiopatologico che colpisce l’encefalo, provocato dall’azione di forze biomeccaniche. Il 20% è legato ad attività sportiva. Il 35% non riceve attenzione medica. L’11% di tutti i casi di trauma cranico trattati in ospedale che coinvolgono bambini e adolescenti sono legati ad attività sportive. La complicanza più grave di un trauma cranico è non riconoscerlo. La determinante più grave di un trauma cranico è non utilizzare protezioni adeguate in tutti i casi in cui è possibile anche se giudicato non necessario od obbligatorio (Bicicletta assistita e non, MTB assistita e non, BMX assistita e non, Monopattino assistito e non, Pattini a Rotelle, Pattini in Linea, Pattini su Ghiaccio, Skateboard, Sci, Snowboard….)”.
Banfi: “Risultati finora pubblicati sono molto promettenti per il loro inserimento nel percorso diagnostico del trauma cranico”
Attualmente sono già in uso dei nuovissimi dispositivi medici che attraverso alcuni specifici biomarcatori sono in grado di individuare, con un semplice prelievo di sangue, la presenza di un trauma cranico lieve e presso l’ IRCCS Galeazzi di Milano se ne sta già provando il riscontro, come ha spiegato il Prof. Banfi: “I marcatori biochimici presentano il vantaggio di praticità, di costi contenuti e di possibile diffusione sul territorio. I risultati finora pubblicati sono molto promettenti per il loro inserimento nel percorso diagnostico del trauma cranico”.
Tamborini: “Il medico di famiglia può cogliere segnali di trauma cranico non diagnosticato o sottovalutato”
Oltre al ricorso tempestivo al Pronto Soccorso in caso di sospetto trauma cranico, c’è un altro tassello fondamentale nelle attività di prevenzione e di sensibilizzazione ai rischi da trauma cranico. “Il medico di famiglia – commenta Ugo Giovanni Tamborini – nella sua pratica clinica può non solo informare i pazienti in merito all’importanza di questa patologia ed alle sue possibili conseguenze per la salute ma cogliere segnali di trauma cranico non diagnosticato o sottovalutato dal paziente stesso.
La storia di Claudia Cretti, ciclista salvatasi da un trauma cranico
La prevenzione rimane quindi l’arma vincente nei confronti di questa, in alcuni casi molto complicata e pericolosa patologia. Di questo ne è convinta Claudia Cretti, un’atleta ed in particolare una ciclista che, qualche anno fa, ha subito un gravissimo incidente mentre gareggiava. Un trauma cranico che però grazie alla sua determinazione e impegno ha superato con successo al punto che oggi ha ripreso l’attività sportiva e fa parte della nazionale femminile di ciclismo paralimpico. “Se oggi posso raccontare la mia esperienza e dare il mio contributo -racconta l’atleta- è proprio grazie al casco che mi ha protetto da lesioni che potevano essere ben più gravi. È fondamentale, a mio avviso, non solo tenere alta l’attenzione ma continuare a lavorare anche a livello medico per migliorare le tecniche di riparazione di questi traumi e perfezionare i sistemi di diagnosi che deve essere tempestiva e precisa. Sensibilizzazione, prevenzione e diagnosi sono i temi sui quali non smettere mai di lavorare”.