di Francesco Floris
Cosa vuol dire diventare madre durante la pandemia? Se lo domanda Ilaria Lega, ricercatrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute (CNaPPS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nell’ambito della ricerca “COVID-19 e salute mentale perinatale: impatto del COVID-19 sul vissuto e lo stato emotivo in epoca perinatale delle donne in contatto con i Consultori Familiari (CF)” che l’ISS sta conducendo per studiare l’impatto della pandemia sulla salute mentale delle donne in gravidanza o con un bimbo/a fino ai sei mesi di età. Obiettivi scientifici ma anche sociali come quelli di “Dar voce – scrive la ricercatrice nell’ultimo approfondimento del 7 gennaio – alla loro esperienza nei servizi del percorso nascita e ai loro bisogni di assistenzali”. Un campione di 1000 donne ha già completato il questionario, adattamento europeo di uno strumento messo a punto negli Stati Uniti nel marzo 2020 da un gruppo di esperti dell’area, durante la fase due dello studio. È partito nel mese di ottobre 2020, coinvolgendo le utenti dei Consultori Familiari di 9 Aziende sanitarie collocate in 8 Regioni italiane ed è già attivo presso i servizi consultoriali dell’Azienda ULSS 6 Euganea, della AUSL di Bologna, dell’Azienda USL Toscana Centro, della ASSL di Olbia e dell’ASP Cosenza. Le evidenze raccolte in questi mesi, a livello internazionale, riportano frequenti sintomi di ansia, depressione e disagio psicologico fra le donne in gravidanza e dopo il parto. Dati superiori alle attese della “letteratura” in materia e del team scientifico coordinato da Ilaria Lega e Alessandra Bramante. “Dati che sottolineano la necessità di rendere disponibili interventi adeguati a supportare questa popolazione” scrive il gruppo di lavoro. Passato quasi un anno dallo scoppio della pandemia globale, l’attenzione sugli impatti psicologici in varie categorie di persone cresce da parte della comunità scientifica.
True Pharma ha divulgato i dati raccolti dal dottor Mauro Percudani, Direttore Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’Ospedale Niguarda di Milano, che hanno messo in luce come la maggiore incidenza di sintomatologia psichiatrica legata agli effetti diretti e indiretti del virus, colpisca proprio la popolazione femminile, assieme al personale ospedaliero e i pazienti psichiatrici dei Cps. Ora si muove anche l’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha lanciato una ricerca “atipica” in 26 Pesi dell’Unione. Focus sì sugli stati mentali, ma non rispetto alle patologie o alla sofferenza psichiatrica derivante da isolamento, crollo delle relazioni sociali, lutti e conseguenze sanitarie, quanto dal sovraccarico informativo. Si pensi banalmente all’atteggiamento conflittuale verso i vaccini, verso i numeri di morti e contagi o verso i virologi (talvolta anche a ragione) da una parte crescente della popolazione. “Monitorare la conoscenza, la percezione del rischio, i comportamenti preventivi e la fiducia (‘trust’) per un’efficace risposta alla pandemia” è il titolo della ricerca. Una survey che verrà condotta fra 10mila persone di età compresa tra 18 e 70 anni, 2.500 solo per l’Italia. Nella penisola il progetto è coordinato da IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, dall’AUSL di Modena e dall’Istituto Superiore di Sanità. Il progetto, coordinato da Giovanni de Girolamo, medico psichiatra dell’IRCCS Fatebenefratelli. I finanziamenti arrivano da Fondazione Cariplo e dai fondi istituzionali messi a disposizione dall’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia. Mentre il campione rappresentativo della popolazione italiana è stato selezionato con le modalità delle indagini di mercato, dalla Doxa, società di ricerche sociali e di mercato. I dati saranno utilizzati anche in Italia per analizzare aspetti specifici della situazione nazionale e migliorare la conoscenza sui processi che coinvolgono la comunicazione a vari livelli, fornendo elementi utili per predisporre interventi e programmi di politica socio-sanitaria efficaci finalizzati al contrasto della pandemia.