L’ha chiama la “partita della prevenzione” Giuliano Rizzardini, Direttore di Malattie Infettive dell’Azienda socio sanitaria territoriale Fatebenefratelli Sacco di Milano. Una partita che si vince lungo gli assi della “migliore integrazione del territorio” e “migliore rapporto tra medico ospedaliero e medico di medicina generale”. Oggi è inutile cercare “le colpe dell’uno o dell’altro” perché è “il sistema che costringe a lavorare in maniera separata”. Da uomo e clinico pratico Rizzardini fa degli esempi parlando con true-news a margine di Direzione Nord 2021, lo scorso 13 dicembre alla Fondazione Stelline di Milano, dove è intervenuto proprio sui temi della prevenzione durante il panel “Spendere di più per spendere di meno”
Rizzardini: “La prevenzione crea un circolo virtuoso”
I dati italiani li abbiamo pubblicati: il “peccato originale” della spesa sanitaria in Italia è che il 95% dei fondi (nel 2020 quasi 130 miliardi di euro) vanno a cura e assistenza nelle loro varie forme. Solo il 5% a prevenzione e ricerca. Cifre che è fondamentale modificare per far fronte ai “trend demografici”, o “l’aumento delle comorbidità” e “la presa in carico che si basa su terapie sempre migliori ma anche più costose”, spiega Rizzardini.
Come? “Un paziente che ha una polmonite pneumococcica costa tantissimo – afferma il Direttore Malattie Infettive del Fatebenefratelli-Sacco – sia perché dobbiamo ricoverarlo e costa almeno 800 euro al giorno ma anche perché se è un paziente anziano rischia di complicarsi, di compensarsi se ha un problema cardiaco e quindi la degenza e i costi aumentano”. La soluzione in potenza è “banale”: una “vaccinazione contro lo penumococco” che “permettere di evitare numerose polmoniti associate”. Stranamente “l’Italia è tra i Paesi europei che hanno la copertura vaccinale tra le più basse” e continuiamo a girarci nel nostro circolo vizioso quando invece uno sforzo economico immediato, anche inferiore, sulla prevenzione “permetterebbe di risparmiare dei costi e quindi di poter curare meglio e più persone con l’innovazione” creando “un circuito virtuoso per cui anche le spese per le patologie acute diminuiscono”.
Il rapporto tra ospedale e territorio con i pazienti trattati per l’epatite cronica C
Tutto ciò deve passare dal “rapporto fra ospedale e territorio” che è ancora oggi “concentrato sull’ospedale per come è concepita la sanità italiana” mentre “il paziente una volta dimesso dovrebbe essere affidato al medico di medicina generale senza gravare sull’ospedale che dovrebbe essere in grado di fare un monitoraggio al massimo su indicazioni delle specialista”.
È il caso per esempio dei pazienti trattati “per l’epatite cronica C”. “Su mille pazienti trattati -fa un esempio Giuliano Rizzardini – ne guarisco 990”. “Di questi solo un centinaio dovrebbero rimanere in carico al medico specialista in ospedale” mentre tutti “gli altri dovrebbero e potrebbero essere affidati al Medico di medicina generale” che “può tranquillamente seguire il paziente facendogli fare un’ecografia una volta all’anno – chiude lo specialista del Fatebenefratelli Sacco – per evitare che per esempio ci siano delle lesioni neoplastiche che potrebbero emergere nonostante la cura”.