di Marco Strambi
L’assorbimento e la biodisponibilità della Vitamina D potrebbero essere incrementate se l’assunzione della vitamina è associata a quella di un probiotico. Questo però non vale per tutti i probiotici: in uno studio in vitro le cellule di L. paracasei DG® hanno mostrato una maggiore capacità, rispetto agli altri ceppi testati, di aumentare significativamente il colecalciferolo nella fase acquosa.
In base ai risultati di questo esperimento, L. paracasei DG® è stato selezionato per l’esperimento di biodisponibilità della vitamina D in vivo nel modello murino. Somministrato in associazione alla vitamina D3 una volta al giorno per una settimana ha determinato un aumento del 50% rispetto al gruppo di controllo della concentrazione sierica di Vitamina D.
Sono le indicazioni di uno studio italiano, condotto dalle Università di Padova e di Milano e pubblicato recentemente dalla rivista Annals of Microbiology (Co-administration of vitamin D3 and Lacticaseibacillus paracasei DG increase 25-hydroxyvitamin D serum levels in mice – AMOA-D-21-00138R1).
«L’integrazione della dieta con alimenti “rinforzati” e integratori a base di vitamina D sembra possa apportare un beneficio in diversi ambiti tra cui la prevenzione delle fratture nelle donne anziane, la riduzione di diabete gestazionale, il basso peso alla nascita, la preeclampsia in gravidanza, l’attività antinfiammatoria nei polmoni di pazienti sottoposti a ventilazione meccanica» spiega Simone Guglielmetti, Professore di Microbiologia presso il Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente all’Università degli Studi di Milano e co-autore dello studio. «Siamo partiti dall’assunto che la Vitamina D è liposolubile e dato che i batteri lattici possono avere proprietà biosurfattanti, cioè tensioattive e che contribuiscono all’emulsione, abbiamo testato in vitro sei ceppi batterici appartenenti alla famiglia delle Lactobacillaceae per verificare se potessero migliorare la biodisponibilità della Vitamina D».
Nello studio in vitro, infatti, sono stati confrontati sei ceppi batterici appartenenti alla famiglia delle Lactobacillaceae e le cellule di Lacticaseibacillus paracasei DG® hanno mostrato una capacità di solubilizzazione della vitamina D3 significativamente più forte rispetto a tutti gli altri ceppi testati. «In particolare, la capacità di solubilizzazione della vitamina D3 degli altri ceppi della stessa specie è risultata invece trascurabile. Successivamente, in vivo, a diversi gruppi di topi sono stati somministrati Vitamina D sospesa in olio, da sola oppure in miscelazione con L. paracasei DG®, per una singola dose o per una settimana. Le proprietà specifiche del L. paracasei DG® potrebbero essere determinate dalla significativa presenza di un esopolisaccaride con superiore capacità emulsionante, che viene prodotto unicamente da questo probiotico» commenta Guglielmetti.
I risultati di questo studio preclinico preliminare suggeriscono che la somministrazione combinata di L. paracasei DG con colecalciferolo può contribuire al mantenimento di adeguati livelli sierici di 25-idrossivitamina D nei gruppi di popolazione a rischio di carenza di vitamina D. «Assistiamo a una carenza epidemica di Vitamina D soprattutto nel mondo occidentale, una carenza sottodiagnosticata che può essere la base per lo sviluppo di un’ampia serie di problematiche, la prima delle quali è una maggiore suscettibilità alle infezioni, anche virali. Inoltre, numerosi sottogruppi sono a maggior rischio di carenza e insufficienza di vitamina D, per esempio le donne in gravidanza, le persone con una maggiore pigmentazione cutanea, i bambini e gli adulti obesi e le persone che si astengono dall’esposizione diretta al sole.
Se le conclusioni dello studio sull’uomo fossero ugualmente positive, in futuro per la prima volta si potrebbe consigliare uno specifico batterio, non un probiotico qualunque, da associare alla Vitamina D. Un probiotico come il L. paracasei DG®, che oltre ad aumentare la biodisponibilità della Vitamina D, apporta anche benefici a livello intestinale e quindi potrebbe ridurre i possibili effetti avversi della Vitamina D, soprattutto per quelle categorie che hanno necessità di integrazione costante della vitamina» conclude Guglielmetti.