Perché può interessarti questo articolo? Marta Bonafoni, rieletta consigliera regionale nel Lazio con D’Amato, parla di cosa non ha funzionato nelle politiche per la sanità. Favorendo la vittoria del centrodestra con Rocca. Ma rivendica anche i risultati ottenuti negli ultimi anni.
Il sospetto che Rocca affidi la sanità ai privati. E non investa nella sanità pubblica. Marta Bonafoni, rieletta consigliera regionale del Lazio nella lista di D’Amato, racconta a True-news.it cosa non ha funzionato nel centrosinistra e cosa teme possa accadere nei prossimi anni. E non cela un rammarico: “Abbiamo dovuto mettere insieme i cocci lasciati dalla stessa destra che oggi vince”.
Sul tema della sanità nel Lazio, il centrosinistra ha perso la partita pur candidando alla presidenza l’assessore, Alessio D’Amato, che secondo il parere di molti ha gestito bene l’emergenza Covid?
La sanità è un argomento che non ha solo la faccia del Covid. Alessio D’Amato si è distinto sull’emergenza ed è un giudizio che consegniamo alla storia. Ma bisogna valutare due cose: la prima è che la sanità è molto altro, penso alle file al pronto soccorso, alle liste d’attesa e altro ancora; la seconda questione è la sanità di prossimità. C’è poi una sorta di paradosso rispetto al Covid, si è creato un effetto boomerang. Le persone vogliono affrancarsi dal Covid, non è un argomento che viene evocato con piacere.
Una damnatio memoriae che coinvolge anche chi ha operato bene sul tema?
Più o meno. È come se fosse prevalsa la volontà di scansare quell’argomento dalle nostre vite. Anche perché sono arrivate altri crisi, quella sociale ed economica, a cui si è aggiunta la guerra.
Oltre il Covid, però, ci sono dei problemi oggettivi sulla sanità…
In campagna elettorale non abbiamo avuto il tempo e nemmeno la forza di spiegare lo sforzo compiuto per superare il commissariamento. Dalla prima consiliatura di Zingaretti alla metà della seconda, abbiamo dovuto mettere insieme i cocci lasciati dalla stessa destra che oggi vince. Quella situazione era un’eredità delle precedenti amministrazioni. Non avevamo la bacchetta magica per rimettere in sesto la sanità della seconda Regione d’Italia.
Cosa è stato fatto?
Avevano 75 ospedali cartolarizzati, significa venduti, da Polverini, e li abbiamo riacquistati riemettendo a disposizione un patrimonio. Abbiamo poi messo in costruzione 6 nuovi ospedali pubblici e convertito quelli che le precedenti amministrazioni volevano chiudere. Ma questa campagna elettorale invernale non ha dato tempo di raccontare cosa è stato fatto.
Rocca è intenzionato ad assumere l’interim per la sanità. E ha promesso di voler azzerare le liste d’attesa in un anno. È un assist alla vostra nascente opposizione?
Mi auguro di no. Se il problema viene risolto è un bene per la collettività, non per una parte politica. Pongo un quesito: come Rocca intende risolvere il problema? Un conto è cercare la strada di rafforzamento della sanità pubblica, assumendo e ampliando i giorni in cui poter garantire prestazioni. Un altro conto è quello di escogitare risposte che escono dall’alveo della sanità pubblica.
Pensate che risolva la vicenda trasferendo funzioni ai privati?
Il curriculum del presidente della Regione conduce alla sanità privata, che nel Lazio ha presenza e un potere oggettivo. Non vogliamo criminalizzarla, ma quando si guida un ente pubblico bisogna garantire il bene collettivo. L’impegno sulle liste d’attesa deve passare per un rilancio della sanità pubblica. Ed è possibile grazie alle risorse del Pnrr.
Oggi la sanità è il tema principale su cui si vincono le elezioni. Come pensate di dare una risposta credibile ai cittadini, sfiduciati da lungaggini e malfunzionamenti?
L’astensionismo è la conseguenza della fiducia venuta meno nel rapporto con le Istituzioni. Questo è accaduto anche, se non soprattutto, per il tema dei temi: la sanità. Io vedo due dimensioni: uno istituzionale, perché la sanità ha un articolo dedicato nella Costituzione, ma c’è una questione che è anche psicologica. Nella sanità c’è un rapporto profondo tra amministratore e cittadino, che si esplicita con la richiesta di un servizio funzionante.
Da qui nasce l’esigenza di dare delle risposte concrete…
Diciamo che prima di tutto liste d’attesa devono accorciarsi e i pronto soccorso non devono essere più affollati. Per riuscirci occorrono delle misure specifiche: aumentare i giorni di prestazioni, incrementare i posti letto per evitare di congestionare i pronto soccorso. E poi credo che debba essere affrontato il tema delle informazioni ai cittadini.
Cosa intende?
Talvolta si affolla un pronto soccorso perché nemmeno si conoscono i servizi garantiti dalla Casa della salute. Sulle liste d’attesa, poi, è necessario spiegare che non tutte le prestazioni hanno lo stesso livello di priorità. Ci sono delle urgenze, ma ci sono anche situazioni in cui si può attendere il proprio turno, senza drammatizzare. Per recuperare la fiducia, è necessario ripristinare un confronto e una corretta informazione.
Al di fuori del perimetro sanitario, da dove ripartite come centrosinistra dopo la dura sconfitta elettorale?
Serve un’impietosa analisi del non voto. Stavolta ci dobbiamo sedere e comprendere cosa è successo, quali fasce d’età e quali generi non hanno votato e non hanno scelto il centrosinistra. Dobbiamo tornare nei luoghi per ricostruire un rapporto con i cittadini, dando delle risposte dopo aver ascoltato i problemi. Queste elezioni restituiscono l’urgenza di costruire una casa politica per i troppi che si sono allontanati. Vivo l’astensionismo come un dramma. La scarsa partecipazione ci interroga sulla mancata comprensione sul mondo che stiamo vivendo.
Che opposizione farete?
Penso a un’opposizione competente. Chi sostiene che è più facile stare all’opposizione commettere un errore. Perché da ora partono le premesse di un’alternativa che deve farsi trovare pronta prima possibile. La prossima volta non deve essere in nulla simile a questa. Siamo andati a votare quando la fune si era già spezzata. Ora dobbiamo ricucirla.