Il 15% di loro si è laureato nel 2013. Mentre il 50,8% ha esperienza nel settore da oltre dieci anni. La quasi totalità (91,8%) è inserita professionalmente in un’azienda farmaceutica mentre solo il restante 8,2% lavora come consulente, formatore, freelance o provider di servizi. Ecco la fotografia dei manager nella farmaceutica. Scattata da BioPharma Network – l’associazione che riunisce i manager del settore – e Inrete Digital attraverso la survey “Pharma: analisi sulla tipologia di laurea e professione”. Un questionario articolato in quesiti multipli e realizzato per indagare il background universitario e l’attuale posizionamento lavorativo dei laureati in biologia e biotecnologia. È stato sottoposto a un campione di 181 professionisti del settore.
Il 34% laureati in Biotecnologie o Biologia. Storia di un cambiamento
Il ritratto? Giovane, anche se con un lungo percorso accademico alle spalle, spesso più lungo dei “colleghi” di altri settori come Telecomunicazioni o Automotive; laureato. E proprio sul titolo di studio di incentrata la survey per provare ad intercettare le principali macro tendenze del mercato del lavoro settoriale. Il 34,1% in Biotecnologie o Biologia, 24,6% è laureato in Chimica e Tecnologie farmaceutiche. Il Il resto se lo dividono Farmacia, Economia o altre facoltà universitarie. A farla da padrone sono dunque le facoltà scientifiche. Mentre la posizione professionale e dirigente è in più dei tre quarti dei casi collocata nelle divisioni specializzate delle aziende in “Sales”, “Medical”, “Marketing” e “Quality”. Tradotto: scienziati, in particolare biologi e biotecnologi, che di lavoro fanno i manager con annessi e connessi in termini di competenze e mansioni.
Guajana: “Trend del mercato verso Biotech”
Sono dati che fanno riflettere, secondo i vertici di BioPharma Network, e indicano anche quale futuro percorrere nella strutturazione dei corsi universitari per una maggiore attenzione all’ingresso, e al progresso di carriera, nel mercato del lavoro. “Il mercato farmaceutico è cambiato radicalmente negli ultimi 15 anni, puntando con forza su tecnologie innovative, non ultimo il primo vaccino a mRNA contro il Covid, e alle biotecnologie” dice a True Pharma Domenico Guajana, Presidente di BioPharma Network. “Fino a 15 anni fa era la chimica a dominare nelle aziende pharma, oggi l’industria propone soluzioni biotech e il mercato, anche del lavoro, si è mosso in quella direzione come mostrano i dati”. Questo rappresenta una grande opportunità per il contesto accademico e quello regolatorio. Ad esempio? “In un percorso di laurea scientifica attinente oggi sarebbe utile e vantaggioso inserire nuovi elementi didattici su organizzazione del lavoro, comunicazione, marketing, gestione delle risorse umane e soft skills”. O ancora, se pensiamo alla figura professionale dell’Informatore Scientifico-Farmaceutico esiste un’opportunità di evoluzione regolatoria per creare maggiore valore. La normativa attuale che regolamenta questa disciplina non viene aggiornata da circa 15 anni e deriva dal Decreto Legislativo 219 del 2006 che richiede la laurea in discipline scientifiche a queste figure professionali altamente competenti. Fra le lauree abilitanti per l’iscrizione all’albo degli Isf, coloro che trasferiscono il valore scientifico dei nuovi farmaci e la loro modalità di utilizzo negli ospedali e alla classe medica, non sono previsti i diplomi in biotecnologie.
Barletta: “Ripensare l’offerta formativa”
“Questi dati possono essere utili per supportare la scelta dei piani di studio universitari di chi accede oggi alle facoltà scientifiche e anche per ripensare in alcuni casi all’offerta formativa” spiega a True Pharma Michele Barletta, Vice Presidente di BioPharma Network, che ha seguito da vicino la realizzazione dell’indagine e che intrattiene i rapporti con il mondo universitario italiano per conto dell’Associazione. “Già oggi i laureati in biologia e biotecnologia rappresentano il 30% del nostro comparto e sarà sempre più così nei prossimi dieci anni”. Per questo, secondo Barletta, rappresenta un’opportunità strategica ripensare o adattare alcuni percorsi formativi in linea con quella che sarà l’evoluzione tecnologica del nostro settore e la domanda di figure professionali di domani, a cui saranno richieste competenze diverse dal passato.
“C’è un mismatch – dice Barletta –. Le persone sono occupate in larga parte nei dipartimenti di marketing e comunicazione, medical management e market access. Settori dove serve sia la competenza scientifica, quanto quella manageriale per la gestione dell’introduzione di nuove tecnologie, il supporto alla formazione della classe medica e l’accesso al mercato nazionale, regionale e ospedaliero”. “Ciò che fotografa la survey – continua – è che in questi tre dipartimenti saranno sempre più richieste competenze biologiche e biotecnologiche, utili a comprendere e capire come trasferire la tecnologia al mercato, ma da coniugare con competenze manageriali per sapere gestire processi produttivi, la comunicazione alla classe medica, progettualità complesse, l’accesso al mercato di un prodotto e guidare da leader le persone dell’organizzazione. Di fatto serviranno sempre più professionisti e nuove competenze per gestire la seconda fase della vita di un farmaco, quella che arriva subito dopo la ricerca e lo sviluppo e dura per almeno altri 10 anni”.