Infettivologia separata dal resto dell’ospedale. Accessi flessibili per i pazienti. Percorsi alternativi “sporco-pulito” per materiali e forniture. Non ha dubbi Marco Giachetti. Il Presidente della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ora parla di “variante al progetto in corso d’opera. I tempi sono stretti ma è necessario”. Il progetto è quello del nuovo Policlinico di Milano: 266 milioni di euro di cui oltre il 70% reperiti mettendo a valore parte del patrimonio immobiliare della Fondazione (circa 1.300 appartamenti e 8mila ettari di terreni). Un “ospedale nuovo pensato prima della pandemia” mentre quello “vecchio” si è dovuto “trasformare durante la pandemia”. Chi ha lavorato nella principale struttura di Milano sa di cosa parla Giachetti. Nel frattempo però c’è da gestire un’altra sfida: la campagna vaccinale e il nuovo macro hub a Palazzo delle Scintille.
“10mila dosi al giorno e 72 linee”
Il Policlinico ora è impegnato anche su questo fronte. Dopo aver allestito l’ospedale in Fiera, prima terapia intensiva e poi hub vaccinale, questa settimana è stato inaugurato “Palazzo delle Scintille”, il nuovo centro allestito all’interno del “Generali Square Garden” a CityLife (l’ex Padiglione 3 di Fiera Milano), per gestire in maniera massiva il piano di vaccinazione di Regione Lombardia. Alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico va il compito di coordinatore, in collaborazione con ASST Rhodense, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Besta, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, ASST Santi Paolo e Carlo, mentre invece il personale è in outsourcing, con medici che rientrano temporaneamente dal pensionamento o nuove assunzioni a tempo determinato attraverso le Agenzie del Lavoro. Cosa se ne farà dopo ancora non è stato deciso.
“Con il personale esterno il nuovo hub a Palazzo delle Scintille non va a intaccare la nostra operatività e attività – dice Giachetti – nonostante a regime potrà somministrare circa 10mila dosi al giorno con 72 linee e sarà il primo hub d’Italia e uno dei primi in Europa per inoculazioni”. “Certo – chiude il Presidente della Fondazione – il doppio impegno con la linea vaccinale in Fiera e alle Scintille non è facile da gestire, soprattutto a livello organizzativo su numeri, dati, amministrazione. Ciò che in questi mesi è stato messo molto sotto pressione è la farmacia, perché arrivano vaccini diversi da gestire con modalità diverse, la parte logistica e quella informatica. C’è dietro un lavoro di backstage importante. Gestire la situazione nell’ospedale e garantire le cure al di fuori del Covid è un impegno importante e in questo momento tutta la Fondazione e l’ospedale stanno lavorando per la continuità nell’erogare le prestazioni sanitarie”.
Tre sfide per il nuovo Policlinico di Milano
Da Citylife a via Sforza. Come sarà invece il nuovo Policlinico di Milano post pandemia? Tre sfide da affrontare in un colpo solo: le mutazioni imposte dal Covid; i progetti da iniziare ad elaborare in vista di risorse (per ora solo potenziali) del Recovery Plan; e, come per tutti gli ospedali lombardi, la riforma della legge 23, della presa in carico dei pazienti cronici, di tutto il sistema socio-sanitario regionale, che è in queste settimane è approdata al Pirellone.
L’infettivologia sarà separata dal nuovo ospedale
“Il covid ci ha fatto capire due aspetti che stanno portando alla revisione del progetto in corso d’opera” spiega Marco Giachetti a True Pharma. Il primo? “Che avendo altri padiglioni a disposizione l’infettivologia deve essere tenuta fuori dal nuovo monoblocco, dal nuovo ospedale, avrà un padiglione esterno allacciato solo con dei collegamenti interni ma assolutamente separabile per evitare il rischio del diffondersi di virus e infezioni anche di fronte a epidemie del futuro”.
Verso la flessibilità sporco-pulito
Il secondo punto riguarda le varianti al progetto in corso per i cosiddetti “percorsi sporco-pulito”. “Le lavanderie, le attrezzature in uso nelle sale operatorie, gli scarti, tutti i reflui dell’attività ospedaliera – dice il Presidente della Fondazione – avranno dei percorsi che in base alla tipologia del rifiuto lo condurrà ad essere smaltito oppure ri-sterilizzato, riducendo così il rischio di far circolare agenti patogeni”. Come avviene questa separazione? “Serve un sistema più complesso di quello attuale, con almeno una seconda linea preferenziale e alternativa”. Ma il concetto “sporco-pulito” si applica anche ai pazienti: “La possibilità di far accedere i sospetti positivi da un lato senza rischiare gli ingressi confusi, come è successo l’anno scorso”. Si applica al Covid – certo – ma in linea di massima anche ad altri vettori, come ad esempio la piaga delle infezioni ospedaliere che, anche quando non gravi, costano a livello italiano decine di migliaia di ri-ospedalizzazioni, salute personale, e ingenti risorse economiche.
Ospedale a padiglioni: da limite a vantaggio
È stata fatta una “scoperta” nei mesi della pandemia: l’ospedale a padiglioni progettato e concepito nei primi del Novecento ha aiutato a contenere i contagi Covid anche a livello di personale medico, chiudendo a compartimenti stagni. Lo stesso non è accaduto invece nel punto di raccolta del pronto soccorso, dove la separazione non vi era almeno fino a quando non è stata realizzata sull’onda dell’emergenza con le pareti in cartongesso e lo sdoppiamento dei reparti. “Quello che pensavamo un limite si è trasformato in un vantaggio”, dice Giachetti, “per questo oggi bisogna ragionare su una flessibilità dei flussi completamente nuova, sia per quanto riguarda l’accesso dei pazienti, sia dei materiali che vengono usati prima, durante e dopo l’operazione o le visite”. “Ecco cosa abbiamo appreso: maggiore flessibilità nei percorsi e il reparto di infettivologia separato. Stiamo lavorando con la Direzione Sanitaria e la Direzione Generale, coinvolgendo vari professionisti, per rivedere il progetto pensato prima della pandemia. Per fortuna la costruzione del nuovo ospedale sta procedendo con tempi rapidi, quindi la finestra temporale per un cambio di rotta in corsa è ristretta”.
Il Recovery Plan e l’ammodernamento degli ospedali
È un tema che dovrebbe essere oggetto di discussione nazionale. A maggior ragione con l’occasione Recovery Plan. Nel piano italiano che a livello di salute punta molto su telemedicina e cure domiciliari per rafforzare l’assistenza di territorio, all’ammodernamento soprattutto tecnologico e digitale degli ospedali (per esempio: gestione remotizzata proprio dei reflui sanitari) vanno circa 8 miliardi di risorse. Di cui poco più di 3 da destinare a sicurezza e sostenibilità dei poli medicali. Solo a Milano sono in cantiere numerosi progetti pre-pandemici: il Policlinico – appunto; il raddoppio della pediatria del “Vittore Buzzi”; si è parlato a lungo della fusione fisica (e non solo amministrativa, come è oggi) degli ospedali San Paolo e San Carlo; il maxi progetto della “Città della Salute” a Sesto San Giovanni, che vedrà un polo unico fra Istituto Nazionale dei Tumori e il neurologico “Carlo Besta”, dove però il primo capitolato è molto lontano nel tempo. Fra i privati anche il San Raffaele con la sua nuova “Torre Iceberg”. Partite importanti. Le cui linee di indirizzo e i trend di sviluppo vanno decisi adesso.