di Francesco Floris
Linea del traguardo? Dicembre 2022. Il primo traguardo. Il progetto c’è. I primi finanziamenti anche. Cosa vi serve? Non ha dubbi Marco Giachetti, Presidente della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: “Serve un intervento normativo nazionale chiaro e trasparente per far sì’ che un IRCCS pubblico possa partecipare a uno spin off, quindi a una società di capitale privato che nasce per valorizzare i progetti di ricerca e i brevetti”. Il macrotema è quello del “trasferimento tecnologico”: una delle nuove frontiere della ricerca e delle sue applicazioni per incentivare progetti di startup e innovazione su cui l’Italia sta investendo mezzo miliardo di euro. La Lombardia punta a diventare il distretto “principe” della penisola sul tema e la Regione ha lanciato nel novembre 2020 il primo progetto di condivisione fra i quattro IRCCS pubblici del territorio: il Policlinico San Matteo, l’Istituto Nazionale dei Tumori, l’Istituto Neurologico Besta e, per l’appunto, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
Ricerca pubblica, risorse private
Un’idea che nasce nel momento di carenza di risorse da parte degli investitori pubblici istituzionali. L’obiettivo? “Trasferire ai nostri vettori e personale un linguaggio comune sulla ricerca in particolare nelle Life Sciences – spiega Giachetti a True Pharma –, non solo finalizzata alla pubblicazione su riviste scientifiche accreditate ma anche alla valorizzazione in chiave produttiva: come device, come nuova cura, come farmaco, con ricadute sul territorio in termini produttivi, occupazionali e la capacità di attrarre investimenti attraverso la creazione di spin off degli IRCCS, così da reperire risorse diverse da quelle della finanza pubblica”. E qui si torna al primo tema. Ciò che è prassi nel mondo anglosassone, dove la ricerca e i clinici si finanziano grazie alla partecipazione a startup generate dai loro brevetti con una quota di capitale sul business plan, in Italia è più complicato. Esistono delle norme specifiche per le Università (che infatti già operano con queste modalità), ma non per gli ospedali. Gli IRCCS sono delle strutture che si collocano proprio a metà fra ente ospedaliero e ente di ricerca. In questa ambiguità si crea la zona grigia. “Siamo cura ma siamo anche ricerca” dice il Presidente della Fondazione Ca’ Granda. “Per la prima volta nella storia della sanità lombarda abbiamo trovato grande recettività da parte dell’assessorato alla Ricerca che ha deciso di finanziare questo progetto”. Come? Due milioni di euro li ha messi subito la Regione. Che vengono raddoppiati dagli stessi IRCCS, per arrivare a quattro milioni, sotto forma di personale, strutture, macchinari.
Il progetto si articola i due linee e tre fasi diverse per un tempo di due anni. La “linea A”, completamente finanziata da Regione Lombardia, per un progetto industriale presentato dagli IRCCS sulle piattaforme cellulari per la ricerca e lo sviluppo delle terapie avanzate, le terapie geniche con particolare attenzione alle malattie rare. La “linea B” finalizzata proprio all’attività di trasferimento tecnologico, che diventerà uno dei primi esempi in Italia di ricerca completamente trasferibile e valorizzabile in una startup del futuro. L’unico caso assimilabile sulla penisola è quello di “Toscana Life Sciences”, con sede a Siena, nata anni fa per favorire la genesi di imprese innovative nel campo delle scienze della vita.
Ufficio? A Mind
A proposito di sede: dove si collocherà fisicamente il progetto lombardo? Se fra i 4 IRCCS oggi ben tre stanno realizzando i nuovi poli ospedalieri – il Policlinico con la nuova struttura in centro a Milano finanziata al 70% grazie alla valorizzazione del patrimonio immobiliare e fondiario della Fondazione, mentre “Besta” Istituto Nazionale dei Tumori con il faraonico progetto a MilanoSesto de la “Città della Salute” – l’ufficio condiviso e dedicato al trasferimento tecnologico dovrebbe trovare la propria naturale casa a “Mind”. Sui terreni del post Expo. Una struttura piccola dal punto di vista dimensionale ma che servirà da “vetrina” come la definisce Marco Giachetti. “Una vetrina che ci permetta di interagire, partecipare, far conoscere i nostri brevetti, da accompagnare alla realizzazione di una piattaforma informatica accessibile anche dal sito di Regione Lombardia, che funga da interfaccia virtuale e permetta di scambiare dati per rafforzare la ricerca, avendo a disposizione le informazioni non più di un singolo ospedale, ma delle quattro strutture messe in rete”.
Database unico
Ora che si è partiti la prima operazione da fare è quella di “aprire i cassetti”. “La creazione di un Database unitario guardando all’interno dei quattro IRCCS quali progetti ci sono e quali possono essere messi in condivisione”. Il motivo? “Accade spesso che un investitore interessato a uno specifico campo cerchi una ricerca, un brevetto. Senza trovarlo semplicemente perché non si sono scambiate in modo corretto le informazioni”. Basti pensare che il solo Policlinico ha “in portfolio” 46 diverse famiglie di brevetti, una prima startup attiva e un ufficio dedicato a tre teste formato da un biologo, un legale e un esperto di trasferimento tecnologico.
“Stabilizzare i precari della ricerca”
A proposito: il personale c’è? Si trova? Se nell’anno della pandemia l’Italia ha “scoperto” (e pagato a caro prezzo) gli infiniti colli di bottiglia che caratterizzano l’accesso alle professioni mediche, specialistiche e di base, e il mismatch fra domanda e offerta di lavoro – a maggior ragione durante un’emergenza – nel mondo della ricerca, spiega Giachetti, “il personale per le nostre strutture c’è ed è ricco di competenze”. “Il vero tema è la precarietà dei ricercatori, spesso sottopagati, che porta alla famosa fuga dei cervelli all’estero”. Roma e il Ministero stanno provando già da prima della pandemia a mettere una pezza, con il meccanismo della “Piramide della ricerca”. Si tratta tuttavia di palliativi per una parziale stabilizzazione (a determinate condizioni) di non tutto il personale. Che si vede convertire i contratti accedendo a tutele equivalenti a quelle della classica pubblica amministrazione ma spesso non si tratta di assunzioni a tempo indeterminato, ma parziali, che non sbloccano l’annoso nodo che attanaglia il mondo del precariato nella ricerca sanitaria, al contrario di quanto avvenuto in altri enti come il CNR.
“Serve la stabilizzazione e serve pagarli meglio – chiude Giachetti –. Il primo step del Ministero ha permesso per ora di mantenere all’interno delle strutture tanti ricercatori di alto livello”. Mentre per quanto riguarda il trasferimento tecnologico “sono pochi gli specialisti”, le figure di raccordo fra ricerca, innovazione e impresa. Un primo passo è stato fatto anche su questo campo: sono state stanziate e messe a disposizione le risorse per l’assunzione di almeno una persona in più dedicata in ogni IRCCS pubblico. Un primo passo che “fornisce di certo una spinta propulsiva al nostro progetto”.