Chiesti dallo Stato due miliardi e 757 milioni di euro. Avuti indietro dalle aziende un miliardo e 906 milioni pari al 69% del totale. Un “buco” da 800 milioni di euro che, ancora una volta, mette nel mirino il meccanismo del payback farmaceutico e, a cascata, la spesa farmaceutica per gli acquisti diretti che include i farmaci usati dagli ospedali e quelli di classe A distribuiti da Asl e presidi. È quanto emerge dall’ultima ricognizione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) nell’ambito del procedimento di ripiano dello sfondamento sul tetto degli acquisti diretti per gli anni 2019 e 2020.
Aifa, l’elenco delle aziende farmaceutiche e dei versamenti effettuati
Aifa ha pubblicato l’elenco delle 156 aziende farmaceutiche – alcune afferenti agli stessi gruppi oppure operative in Italia sia con filiali della penisola quanto con holding europee o estere – rendendo disponibili nel dettaglio, distinto per anno, i versamenti effettuati da parte di ciascuna società e ordinate per l’importo dovuto allo Stato e stabilità sulla base del meccanismo di payback: il complesso regime fiscale per il quale le aziende contribuiscono a ripianare lo sforamento dei tetti di spesa farmaceutica in regime di convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale, stabiliti ogni anno per legge, e calcolato sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali dispensati a carico del Ssn.
Il “buco” da 800 milioni di euro: chi ha saldato e chi no
Da questa ricognizione è emerso il “buco” da 800 milioni: nel 2019 infatti le società hanno versato poco più un miliardo di euro mentre gliene venivano chiesti un miliardo e 361 milioni. Nel 2020 del Covid hanno pagato 868 milioni di euro su quasi 1,4 miliardi. Tutto questo con grandi differenze nel settore privato: c’è chi ha versato il 100% di quanto dovuto (per esempio l’intero gruppo Roche), chi come Novartis ha compensato i ripiani di spesa fra le diverse società controllate o controllanti (con Novartis Europharm limited che ha versato il 14% del dovuto e Novartis che invece ha versato ben il 916%) e chi invece non ha saldato completamente la sua quota o addirittura pagato zero (sul sito di Aifa si può consultare l’elenco completo: QUESTO IL LINK ). In generale dall’elenco di Aifa aggiornato al 18 gennaio 2022 emerge come per l’anno 2019 ben 83 aziende siano inadempienti, del tutto o in parte, rispetto alla propria quota. Sono 63 invece sul payback per l’anno 2020.
Va detto, a onor del vero, che dentro questa lista contenente quasi un’azienda ogni due c’è anche chi non ha pagato 41 euro stimati. È il caso più estremo. Ma ce ne sono altre “indietro” di 30 milioni di euro sul saldo.
Le aziende contestano la farraginosità del meccanismo
Il meccanismo è da anni nel mirino delle aziende. Che ne contestano la farraginosità, le difficoltà di calcolo che impattano in termini contabili nei bilanci sugli accantonamenti. Detta semplice andrebbero fatti accantonamenti da contabilizzare a bilancio ogni anno sulla base dei previsioni di spesa che non sono all’interno del perimetro societario bensì dell’intero comparto e addirittura della spesa pubblica di settore. Inoltre secondo le imprese le risorse così prelevate tramite payback limitano le possibilità di agire su investimenti produttivi come ricerca, sviluppo e occupazione.