Il 30 ottobre scorso è scaduta la proroga per il versamento degli importi dovuti come payback da parte delle imprese che forniscono dispositivi medici al Servizio sanitario nazionale (Ssn), ma l’attuale governo non ha ancora fornito nessuna soluzione. “Le imprese del comparto vivono con la spada di Damocle dei rimborsi che dovremmo dare alle Regioni per le forniture che abbiamo eseguito, secondo legge e secondo le regole chiarite da bandi di gara regolarmente vinti e sotto il controllo delle stesse amministrazioni”. A dichiararlo è Giacomo Guasone, vicepresidente vicario di FIFO Sanità Confcommercio, che ha proseguito definendo il payback “una norma assurda e anticostituzionale, eppure minaccia ancora tanto le imprese che il servizio sanitario di tutta Italia”.
Le imprese di forniture brancolano nel buio, dal momento che non sono state chiarite le regole per pagare e quelle che ci sono risultano tutte “sub iudice”. “Ormai abbiamo a che fare – ha proseguito Guasone – con un matassa intricata di norme, pareri e sospensioni che non consentono nemmeno di arrivare a regolamenti di attuazione del payback”.
Da qui l’appello della Federazione direttamente alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per risolvere questo “pasticcio” amministrativo per il quale si rischia il blocco delle forniture per gli ospedali. Infatti in caso di pagamento del payback dovuto lo stop sarebbe inevitabile, una “diretta conseguenza del fallimento delle imprese stesse. Finché resisteremo andremo avanti. Ma se sarà in pericolo la nostra esistenza imprenditoriale, il governo Meloni rischierà di essere ricordato per la fine della stessa idea del Servizio Sanitario Nazionale”.
Pur riconoscendo l’aumento di 3 miliardi della spesa sanitaria inserita nella manovra per il 2024, per FIFO è necessario, ora più che mai, una revisione strategica dell’intero quadro normativo legato al payback.
“Le imprese non vedono nemici né nelle Regioni né nello Stato, ma occorre una rapida soluzione a questa legge iniqua che restituisca serenità alle amministrazioni, alle imprese, e soprattutto ai cittadini che rischiano ancora di non trovare dispositivi medici nei pronto soccorso, in corsia e nelle sale operatorie”, ha concluso Guasone.
Riem: “Situazione allarmante, a rischio miglia di posti di lavoro”
In una lettera inviata a deputati e senatori, il presidente Fifo Massimo Riem ha chiesto formalmente che venga superato il payback all’interno del Dl Energia. “I dati che emergono dallo studio – commenta Riem – evidenziano una situazione allarmante in particolar modo per le micro, piccole e medie imprese. Tutte queste sono le più danneggiate da questa norma che le mette in condizione, già in questa fase, di fatto, di portare i libri in tribunale e licenziare migliaia di lavoratori del comparto. Sono numeri drammatici, senza considerare che tutto il settore non è a conoscenza di quali saranno gli importi di payback per gli anni successivi al 2018. Una crisi economica e finanziaria che metterà in ginocchio anche chi non fallirà nell’immediato, con l’impossibilità di pianificazione e investimenti vitali per un settore strategico come quello sanitario. “Non abbiamo avuto neanche risposte dal Governo su cosa intendano fare per il futuro. Nonostante lo Stato abbia trovato 1 miliardo di coperture, condizionato alla rinuncia ai ricorsi al TAR, le aziende chiuderanno comunque”.
“Abbiamo fatto appello – conclude Riem – innumerevoli volte alla classe politica, sottoponendo proposte e rendendoci disponibili in ogni caso al confronto, senza avere alcuna risposta. Ci spaventa che le aziende più sane, e con una storia decennale, siano quelle maggiormente penalizzate da questa normativa. E siamo profondamente delusi per il fatto che proprio questo Governo non abbia contezza della gravità della situazione per un patrimonio nazionale di imprese qualificate e competenti che, loro malgrado, saranno costrette ad abbandonare il mercato”.
“L’impatto del payback sulle imprese della filiera”, l’indagine di Nomisma
Sono oltre 1.400 le aziende e 190mila i posti di lavoro che potrebbero essere a rischio per colpa della richiesta di payback sui dispositivi medici. È quanto rileva lo studio di Nomisma, commissionato da Pmi Sanità e Fifo Sanità Confcommercio, dal titolo “L’impatto del payback sulle imprese della filiera”. L’indagine ha interessato un campione di 4mila società attive in tutta Italia, tra le quali molte ancora non hanno superato le difficoltà dovute alla recente congiuntura negativa.
Al 2021 un’azienda su otto risulta cessata, in liquidazione o in stato di insolvenza, mentre una su tre risulta in stato di sofferenza, a seguito degli effetti della pandemia. A questa situazione così fragile va poi aggiunta la richiesta del payback, che colpirebbe circa 1.400 imprese, soprattutto le Pmi più fragili e meno capitalizzate che sarebbero chiamate a versare un importo pari a oltre un terzo dei margini lordi e oltre il 60% degli utili prodotti nell’ultimo esercizio.
Secondo i dati Nomisma, infine, oltre ai rischi occupazionali e di erosione del gettito anche la rete di fornitura si assottiglierebbe riducendo le scelte a disposizione degli appaltatori, con possibili ripercussioni negative anche sui prezzi di acquisto.
Payback: imprenditori in piazza a Roma
Centinaia di imprenditori aderenti a Fifo Sanità Confcommercio e Pmi Sanità, in rappresentanza degli oltre 100mila addetti ai lavori del comparto, hanno manifestato in Piazza della Repubblica a Roma il 17 aprile scorso insieme ai loro dipendenti per manifestare contro il payback sui dispositivi medici. Secondo le due organizzazioni, la normativa mette a repentaglio il comparto delle forniture dei dispositivi medici e l’assistenza sanitaria pubblica. “Il Governo – recita una nota comune – ha chiesto alle aziende la rinuncia al Tar, ma questo toglierebbe l’ultimo pilastro di protezione alle aziende. “Le imprese restano chiuse per un giorno – ha dichiarato Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità Confcommercio – per protestare contro quella che la Federazione ha definito una norma vessatoria. Oggi tutte queste persone sono qui perché il Governo continua a non ascoltare il nostro grido d’allarme”.
“È un problema che riguarda tutta Italia, è per questo che sono arrivate persone da ogni Regione. Una catastrofe per le imprese che si troveranno costrette a chiudere, causando l’interruzione delle forniture di dispositivi medici. Mancheranno stent, valvole cardiache e dispositivi salvavita. Una cosa indegna per un Paese civile”, ha aggiunto Riem.
Per Gennaro Broya de Lucia, presidente Pmi Sanità, “lavoro e salute sono i pilastri della nostra nazione. Le ultime due vere ricchezze. Cosa c’è di più importante per il Governo che distoglie risorse da questi due asset italiani? Abbiamo condiviso i dati preliminari dell’autorevole centro studi Nomisma, commissionato congiuntamente con Fifo, che evidenzia gli effetti distruttivi di questa svista normativa. Adesso è il momento di agire. Basta con le scuse, basta giocare con le nostre vite e le nostre libertà”.
Payback, dal decreto bollette arriva oltre un miliardo
Il 28 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha stanziato circa 1,1 miliardi di euro in favore di Regioni e Province autonome per limitare l’impatto del payback dei dispositivi medici sulle aziende del settore (per le altre misure del decreto bollette leggi l’articolo dedicato).
Le aziende fornitrici di dispositivi medici dovranno adempiere all’obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa posto a loro carico per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, effettuando i versamenti in favore delle singole regioni e province, entro il 30 aprile prossimo invece che entro il 31 gennaio come originariamente previsto. Lo ha disposto un decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 gennaio scorso.
Una notizia accolta con preoccupazione da Fifo Confcommercio: “Lo sconto sul totale delle richieste – ha detto il presidente Massimo Riem in una nota congiunta con Gennaro Broya de Lucia, presidente di Pmi Sanità – non solo lascia inalterato il rischio fallimento di un settore composto nel 95% da pmi, ma è anche condizionato alla rinuncia ai ricorsi al Tar. Una soluzione particolarmente penalizzante per le micro, piccole e medie imprese e che, di fatto, compromette la tenuta e la competitività del comparto dei dispositivi medici. Questo si sta traducendo in una crisi senza precedenti dell’intero Sistema Sanitario Nazionale, le cui cure al cittadino sono in serio pericolo”.
“È assurdo che si pensi – ha proseguito Riem – di superare questa norma attraverso un mero sconto, oltretutto condizionato ad una presunta richiesta di rinuncia dei ricorsi al Tar. Per la stragrande maggioranza delle pmi questo sconto non comporterebbe alcun tipo di differenza sul piano economico e si troverebbe comunque costretta a fallire, mandando in tilt le forniture di dispositivi medici agli ospedali”.
Il 25 gennaio scorso, una delegazione di Fifo Confcommercio-Aforp è stata ricevuta, a Palazzo Madama, dal presidente della Commissione Affari Sociali e Sanità, Francesco Zaffini, e dal Capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione, Ignazio Zullo. “L’incontro – ha commentato il presidente Fifo Sanita, Massimo Riem – è avvenuto in una logica di proficua collaborazione. La sensazione è che ci sia una forte attenzione al tema da parte del Governo e delle forze politiche, con un interesse e una voglia a trovare la soluzione migliore. Resta un tema non facile da risolvibile, ma constatiamo una grande apertura a lavorare insieme con l’obiettivo di tutelare tutte le PMI del nostro settore dei fornitori di dispositivi medici”.
“L’ascolto di questo Governo – ha aggiunto la presidente Aforp, Grazia Guida – ci rende fiduciosi in una possibile soluzione del problema payback, per questa grande criticità che investe il nostro comparto e soprattutto per le PMI, che senza un adeguato provvedimento, vedrebbero svaniti anni di sacrifici e di investimenti e crollerebbe l’economia portante del nostro Paese. Noi continueremo a difendere i nostri diritti fino a raggiungere il risultato, che speriamo possa arrivare, coscienti che faremo fino in fondo la nostra parte”.