Sono tanti i dubbi sulla collaborazione tra Italia e Russia soprattutto nella lotta al Covid-19. E arrivano da più fazioni politiche. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, area PD, in una recente intervista al Corriere della Sera, esprime dubbi sul reale aiuto dei russi che nel 2020 arrivarono per l’apertura dell’ospedale alla Fiera. Giuseppe Conte, a capo dei 5 Stelle, notoriamente filo-russi, si sta difendendo dalle accuse di collaborazione legate al patto Dalla Russia con amore, siglato dall’ex premier con Putin il 20 marzo 2020.
Ma anche il Partito Democratico, con il governatore del Lazio ed ex segretario, Nicola Zingaretti, non è esente da critiche, in particolare legate agli studi sul vaccino Sputnik, che hanno visto collaborare l’Istituto Gamaleya di Mosca e l’Istituto di ricerca Lazzaro Spallanzani di Roma. Un siero, considerato efficace, per ben due volte, dai medici della struttura romana, ma mai approvato nè in Italia nè in Europa. Forse per interessi che superano la sfera sanitaria e entrano in quella geopolitica. Ora, con l’insorgere della guerra, la collaborazione – come confermato a true-news.it dal portavoce dello Spallanzani – è bloccata. Sarà forse per la presenza al governo di Mario Draghi, atlantista e protetto dall’Europa? Ma facciamo un passo indietro.
Lo Spallanzani e il caso Sputnik
Nella corsa al vaccino contro il Covid-19, durante il primo lockdown, la Russia voleva arrivare prima su tutti. A partire dal vaccino Sputnik V alla cui realizzazione avevano collaborato l’Istituto Gamaleya di Mosca e l’Istituto di ricerca Lazzaro Spallanzani di Roma. Ora la partnership è stata bloccata dopo l’insorgere della guerra. Ma il vaccino, per ben due volte, era stato considerato sicuro dall’Istituto Romano. Perchè non è mai stato autorizzato né dall’EMA, a livello europeo, e né, di conseguenza, dall’Aifa, sul piano nazionale?Sul finire di febbraio il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti ha frenato qualsiasi forma di collaborazione sul vaccino. “Sospendiamo la cooperazione per Sputnik, perché la scienza deve essere al servizio della pace e non della guerra, come ha ricordato il Papa”, ha dichiarato l’assessore alla Sanità della regione, Alessio Damato.
Una collaborazione fallimentare e piena di dubbi, nata il 13 aprile 2021, e che, a quanto pare, secondo un articolo del quotidiano Domani, avrebbe fatto spendere solo soldi inutili all’Italia. Il vaccino Sputnik non è mai stato autorizzato né dalla FDA, l’autorità farmaceutica statunitense né dall’EMA, quella europea. Eppure, in un documento recuperato da true-news.it, datato 17 febbraio 2021, lo Spallanzani, al termine di uno studio di sperimentazione, definiva il vaccino ” caratterizzato da un approccio biotecnologico originale che utilizza due vettori adenovirali differenti tra la prima e la seconda dose di somministrazione. I dati disponibili depongono per un ottimo profilo di sicurezza a breve termine”. I dati di immunogenicità – si legge nelle conclusioni – sono comparabili a quelli dei vaccini genetici già autorizzati per l’uso clinico. I dati disponibili depongono per un ottimo profilo di sicurezza a breve termine. I dati di immunogenicità sono comparabili a quelli dei vaccini genetici già autorizzati per l’uso clinico. I dati di efficacia clinica sia in termini di protezione dalla malattia sintomatica(<90%) e dalla malattia grave (100%) sono paragonabili ai due vaccini più efficaci attualmente disponibili e si sono dimostrati omogenei in tutte le fasce d’età. In base a tali considerazioni si ritiene che il vaccino Sputnik V possa avere un ruolo importante nei programmi vaccinali contro il SARS-CoV-2“.
Più di recente, soltanto lo scorso 20 gennaio, il team scientifico dello Spallanzani dichiarava che “il 70% delle persone vaccinate con Sputnik V mantengono un’attività neutralizzante contro Omicron, e tale attività si mantiene in buona parte anche a distanza di 3-6 mesi dalla vaccinazione”. Secondo uno studio in fase avanzata pubblicato sulla rivista Lancet nel 2020 su oltre 20.000 partecipanti, lo Sputnik V era considerato sicuro, efficace per circa il 91% contro le infezioni e altamente efficace nel prevenire la malattia grave. A febbraio 2021, in concomitanza con i risultati dello Spallanzani e con l’arrivo al Governo di Mario Draghi, Enrico Bucci, biologo presso la Temple University, si era fatto portavoce delle perplessità con una lettera firmata da oltre trenta scienziati, al capo editore Richard Horton. Nella missiva venivano rilevate criticità della pubblicazione, come l’inconsistenza di alcuni dati che presentano pattern sospettosamente simili tra loro che sembrano letteralmente “copiati e incollati”. Veniva inoltre riportata la mancanza di alcuni “dati grezzi”, e dei valori originali da cui sono stati ottenuti i risultati delle fasi 1/2 del trial.
La “guerra” con i russi, almeno sul vaccino, era già cominciata. Dopo le critiche dei medici europei, i colleghi da Mosca avevano risposto attribuendo le inconsistenze numeriche a errori di battitura, che sono stati successivamente corretti. Hanno negato la mancanza di dati grezzi, e hanno risposto che i numeri necessari erano già presenti nell’articolo. Nello studio randomizzato di fase III, pubblicato in forma provvisoria a febbraio, Sputnik V ha dimostrato un’efficacia nel prevenire la malattia pari al 91,6%. Insomma, uno scontro a colpi di carte e cavilli burocratici tra la Russia e l’Europa scatenato, a quanto pare, da interessi geopolitici.
La partnership tra lo Spallanzani e i russi era frutto della partnership fortemente voluta il 20 marzo 2020 dal’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sostenuto all’epoca dal Partito Democratico, e il premier russo Putin in un accordo denominato “Dalla Russia con amore”. Sembra proprio che, dopo la caduta del governo giallorosso, e l’arrivo dell’atlantista, protetto dall’Europa, Mario Draghi, l’iter per l’approvazione dello Sputnik sia saltato. Casualmente Draghi è salito al Consiglio il 13 febbraio 2021, il documento che vi riportiamo dell’Istituto romano, favorevole all’utilizzo dello Sputinik, è datata 17 febbraio 2021.
Lo Sputnik è attualmente approvato in circa 70 paesi del mondo, fra i primi Iran, Brasile (dove è stato approvato solo per gli adulti sani), Ungheria, Slovacchia, Serbia e Repubblica di San Marino, e solo in questi ultimi sono state somministrate circa 1,9 milioni di dosi. Territorio dove non sono stati riportati problemi significativi. Ma l’EMA, l’agenzia del farmaco europeo, non ha ancora completato l’iter di valutazione del serio. E ora, con la guerra in corso, l’ha completamente sospeso.
L’esperta di vaccini dell’OMS, la dottoressa Mariangela Simao, ha dichiarato in una conferenza stampa che i funzionari dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite avevano originariamente programmato di visitare la Russia il 7 marzo per valutare le strutture in cui viene prodotto lo Sputnik V, poche settimane dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina. Qualche giorno fa, dalle pagine di Repubblica, l’esperta di vaccini dell’OMS, dichiarava: “Queste ispezioni sono state rinviate a una data successiva”, ha detto Simao. “La valutazione, insieme alle ispezioni, è stata influenzata dalla situazione”, ha affermato, spiegando che la prenotazione dei voli è stata difficile e che ci sono stati problemi con le carte di credito “e altri problemi operativi”.
Dati sanitari a rischio
Se la collaborazione ora è interrotta, i danni che ne potrebbero derivare sono dietro l’angolo. Alexei Vladimorovic, ex console russo a Milano e direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri, fa sapere al Corriere della sera, che l’approvazione delle sanzioni alla Russia a parte dell’Italia potranno comportare “conseguenze irreversibili”. Ora, secondo l’intelligence italiana, sarebbero a rischio le cartelle cliniche di numerosi pazienti, scambiate tra il Gamaleya e lo Spallanzani, oltre agli accordi commerciali e farmaceutici. Ma sembra esserci dell’altro. Qualcosa di più inquietante.
Una “strana” collaborazione
Il 20 marzo 2020 l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il premier russo Putin strinsero un accordo denominato “Dalla Russia con amore”. Solo in apparenza un patto per affrontare l’emergenza sanitaria. A quanto riportava La Stampa, l’accordo aveva poco a che fare con la lotta al Covid. Il quotidiana rivelò che “gli ‘aiuti’ sarebbero arrivati con una spedizione militare russa […] con un security clearance (controllo doganale solo sulle merci)” e che “dentro gli aerei vi sarebbero stati 22 autocarri militari e 120 medici militari russi, specialisti nella guerra batteriologica […] il capo della missione era Sergey Kikot, già in guerra in Siria per la Russia”. L’inchiesta raccontava anche di come l’80% dei ventilatori polmonari, inviati da Mosca, sarebbero stati pericolosi tanto da finire sotto inchiesta. Nello stesso periodo, il ministro della Difesa russo, Igor Konashenkov, aveva negato le ricostruzioni de La Stampa bollandole come “fake-news”.