Curare una dipendenza implica anche curare la mente? O viceversa? Sono domande legittime di fronte a quelli che potremmo definire i “lasciti sgraditi” della pandemia Covid: la salute mentale con danni temporanei o permanenti. Lo dicono i numeri, lo dicono gli specialisti interpellati.
È stato “un anno particolare dove l’aumento dell’uso di sostanze a causa della pandemia è cresciuto” ha detto a True Pharma Tiziana Mele, Amministratore Delegato di Lundbeck Italia, azienda farmaceutica danese da sempre impegnata nell’ambito disturbi psichiatrici e neurologici, il 28 maggio a margine di “Turning Point-Salute Direzione Nord”. Un anno “che ha cambiato notevolmente le abitudini soprattutto dei più giovani” perché “il confinamento in lockdown, il distanziamento fisico, quello sociale, per molti dei nostri ragazzi ha provocato un aumento dei disturbi d’ansia e della depressione” che è stato “riversato nell’utilizzo di sostanze” come forma di “compensazione delle precedenti abitudini.”
L’ha definita “onda lunga” nella stessa occasione la professoressa Cristina Colombo, Primario dell’Unità Disturbi dell’Umore all’Ospedale San Raffaele di Milano e docente ordinario di Psichiatria all’Università Vita-Salute San Raffaele, intervenuta durante il panel “Dipendenze, piano di salvataggio urgente”. Perché i due temi si toccano, si sovrappongono, ancora di più dopo l’anno appena trascorso: “Parliamo di persone che quando si avvicinano a una dipendenza hanno prima alti disagi” dice Tiziana Mele. L’azienda ha dato anche il proprio contributo non condizionante alla realizzazione della docu-serie in pillole “Drugs” che affronta con uno sguardo nuovo e innovativo vecchie e nuove dipendenze, da quelle patologiche da sostanze fino a quelle “tecnologiche” e “virtuali”. “Si tratta di una serie di pillole informative – dice Tiziana Mele a True Pharma – che vogliono raccontare in maniera diretta, anche drammatica, la realtà che molti dei nostri ragazzi vivono”. Perché “è fondamentale – continua l’Amministratore Delegato di Lundbeck Italia – non solo per parlare il loro linguaggio ma per affrontare il tema delle dipendenze in un anno così particolare”.
Da questa esigenza è nata la docu-serie. Offrire uno sguardo ampio e senza giudizi per comprendere, come dice Mele, che “il disagio legato alla salute mentale sarà uno snodo cruciale per la ripresa del nostro Paese, sarà la nuova emergenza sanitaria”.
Il paradosso di questa nuova emergenza che stiamo affrontando e che affronteremo è che coloro che hanno sofferto di più le conseguenze mentali della pandemia – i più giovani, in fascia di età 15-18 anni – rappresentano anche il segmento meno coperto a livello di servizi.
Esempio? Chi è riuscito magari da pochissimo tempo a instaurare una relazione empatica e clinica con il neuropsichiatra infantile si trova costretto a migrare verso il servizio per gli adulti. Un gap di organizzazione e comunicazione, sostengono gli esperti, che va colmato al più presto. Ciò che si sta osservando infatti in questo momento, durante la prima fase dell’ “onda lunga”, è proprio un deterioramento delle condizioni psichiche nella popolazione generale, più ancora che sui pazienti già in carico ai servizi che in realtà hanno retto anche durante i lockdown, con un aumento e soprattutto una precocità mai vista di alcune manifestazioni che generalmente si verificano più tardi a livello anagrafico.
Su tutte? La sindrome bipolare. Causata da cosa? In tanti fra gli specialisti intervenuti a “Salute Direzione Nord” – da Mauro Emilio Percudani, Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze del Niguarda, fino alla stessa professoressa Colombo – collegano l’insorgere prematuro con ciò che avvenuto in pandemia: inversione dei bioritmi, dormendo di giorno e restando svegli di notte, iperconnessione mista all’isolamento sociale.
Possibili soluzioni? Servono subito “interventi precoci” dice l’Amministratore Delegato di Lundbeck Italia, facendo riferimento allo “spirito” e alle misure messe in campo dalla nuova legge lombarda sul sistema di contrasto alle Dipendenze patologiche. Misure “per programmare a medio lungo termine anche le risorse necessarie per affrontare consapevolmente il tema”. Partendo da un presupposto: “Un Paese che non si cura della sua salute mentale non è un Paese forte che può ripartire” chiude Tiziana Mele.