Pochi giorni fa si è celebrata la giornata mondiale della salute mentale. A Roma, domani, si riunisce il “Global Mental Health”, uno dei più grandi eventi dedicati a un tema che è ormai al centro dell’attenzione. Clinica e mediatica. Perché la pandemia, con la paura del contagio e le misure restrittive, ha fatto emergere un numero preoccupante di casi di ansia e depressione. Ma anche di altre tipologie di disturbi della mente. Le cure ci sono. E anche efficaci. Ma c’è da superare un muro: quello dello stigma.
True-News.it ne ha parlato con Antonio Vita, professore oridnario di psichiatria presso l’Università di Brescia e Direttore Unità Operativa degli Spedali Civili di Brescia.
Professore, la situazione è degenerata dopo la fase più acuta della pandemia?
Una persona su 8 nel corso della vita presenta disturbo mentale. Ma la situazione si è aggravata con il Covid: abbiamo evidenze di un incremento del 25% per quanto riguarda ansia e depressione. Che è un disturbo ad alta diffusione, anche in Italia. Ha una prevalenza, nel corso della vita, del 10%. E’ un disturbo che provoca grandi disabilità: è considerata la prima causa persino più rilevante delle patologie cardiovascolari.
Come stanno rispondendo i vostri servizi?
Stiamo reagendo bene, siamo rimasti aperti durante tutto il periodo del Covid. Ma registriamo un’impennata delle richieste sia nell’ambito psichiatrico sia nell’ambito psicologico. Ci sono state delle iniziative a livello di legislazione nazionale. E poi c’è un elemento maggiore: quello della telemedicina. Strumento nato durante i lockdown ma ormai diventato parte integrante degli strumenti di terapia.
A proposito di leggi, come giudica il bonus di Speranza?
Il poco è meglio del niente. Credo che questa misura sia, però, servita ad accendere i riflettori sulla salute mentale. Ci vorrebbero più risorse da parte del servizio sanitario nazionale. Abbiamo anche qui bisogno di più investimenti perchè il disagio cresce anche in linea con le preoccupazioni economiche. Servono soldi per le strutture esistenti.
Possiamo dire che è servito almeno a superare lo stigma nei confronti della salute mentale?
E’ un argomento che riguarda l’accesso alle cure che noi abbiamo in maniera adeguata. Il problema, però, è quello di avvicinare le persone agli interventi appropriati. La lotta allo stigma è uno dei temi di tutte le iniziative dedicate alla salute mentale. Scontiamo un ritardo rispetto ad altre discipline: sappiamo del passaggio cruciale nell’ambito delle patologie tumorali. Ora bisogna valorizzare le campagne di screening
Come si curano i disturbi di questo tipo? Ci sono altre vie oltre i farmaci, quindi gli antidepressivi, e la psicoterapia?
Non sono solo due le strade. Ma una serie di interventi psicosociali di tipo riabilitativo, efficaci nelle forme più gravi. Le cure farmacologiche hanno fatto grandi passi in avanti, con terapie efficaci e ben tollerate, affiancate alla psicoterapia. Ma servono più investimenti per approcci ulteriori e un intervneto integrato e multidisciplinare.
A livello farmacologico, quali sono le nuove frontiere della ricerca? Si parla di una ritrovata attenzione verso gli psichedelici
Si sta lavorando, a livello farmacologico, sulle disfunzioni cognitive, molto frequenti nelle psicosi. Ci sono alcuni composti che lavorano in questa direzione. Per la depressione, ora abbiamo nuove soluzioni terapeutiche che possono essere di supporto anche nelle forme più severe.”