Aumentano i disturbi mentali, ma non crescono le risorse sanitarie ed economiche appositamente dedicate. L’Italia, purtroppo, fa da maestra, collocandosi fra gli ultimi posti in Europa per quota di spesa sanitaria destinata alla salute mentale: solo il 3,4% del bilancio complessivo, rispetto al 10% dei principali Paesi ad alto reddito. Con un budget fermo da oltre vent’anni a 4 miliardi di euro, il Paese non raggiunge nemmeno la soglia dei finanziamenti previsti per le nazioni a basso-medio reddito, fissata al 5%. A confermare il trend negativo sono i risultati del progetto MOre. Il Mental health Optimization of Resources, è stato realizzato da Deloitte Consulting in collaborazione con Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson, con la partecipazione di rappresentanti delle Società Scientifiche, dell’Accademia, delle Associazioni di Pazienti, delle Istituzioni e del settore farmaceutico.
Gli obiettivi da raggiungere: 2 miliardi per il fondo salute mentale
Risulta necessario, dunque, avviare un percorso concreto vincolando risorse definite per i servizi pubblici dei DSM e consentendo alle Regioni di attuare fin dal 2023 un piano straordinario di assunzioni. Obiettivo: destinare oltre 2 miliardi al fondo per la salute mentale entro un triennio e realizzare una salute mentale comunitaria, in grado di dare risposte integrate ai diversi aspetti biologici, psicologici e sociali.
Progetto More, le indicazioni alle istituzioni
Il progetto MOre ha analizzato le principali criticità di tipo organizzativo e gestionale presenti lungo il percorso di cura e assistenza dei pazienti affetti da disturbi mentali. Fornendo indicazioni preliminari alle Istituzioni per la futura programmazione delle risorse necessarie nell’ambito della salute mentale. Ed evidenziando le aree prioritarie di investimento, quali personale medico e sociosanitario nei DSM, campagne di informazione e sensibilizzazione, trattamenti farmacologici, strutture dedicate all’assistenza e Digital healt.
L’impatto dei disturbi mentali sulla salute umana, sugli aspetti economico-sociali, oltre alle evidenti condizioni critiche in cui i Dipartimenti di Salute Mentale italiani si trovano ad operare, rendono la salute mentale una priorità globale.
In questo senso, a pochi giorni dalla Giornata mondiale della salute mentale, celebrata il 10 ottobre, si è tenuta la presentazione dei risultati del progetto. La ricerca, però, prende in considerazione soltanto alcuni aspetti del percorso di cura e assistenza nell’ambito dei disturbi mentali, non comprende ad esempio l’analisi dei percorsi di cura dei minori affetti da tali disturbi. Il focus è stato posto su quattro specifiche tipologie di disturbi mentali: disturbi dello spettro schizofrenico, disturbi depressivi, disturbi bipolari e disturbi della personalità e del comportamento.
Salute mentale: l’appello dei 91 direttori dei Dipartimenti Salute Mentale
L’attenzione alla salute mentale è stata ribadita anche da un appello che novantuno direttori dei Dipartimenti Salute Mentale hanno rivolto, tra gli altri, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso gennaio. “C’è bisogno di iniziative concrete ed immediate per ricucire la rete pubblica dei DSM, sempre più sfilacciata”. Un’urgenza che denuncia la persistenza di uno stigma, tanto che la salute mentale continua ad essere una delle aree più trascurate della sanità pubblica. Nonostante la sua importanza, anche a fronte di un aumento dell’incidenza dei disturbi e di una giornata mondiale per la sua sensibilizzazione.
Negare le criticità legate ai disturbi mentali, che ad oggi rappresentano una delle principali fonti di sofferenza e disabilità a livello globale, equivarrebbe a nascondersi dietro a un dito. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, quasi un miliardo di persone convive con almeno un disturbo mentale, esattamente una persona su dieci in tutto il mondo. La situazione si è aggravata con l’insorgenza della pandemia e delle annesse problematiche economico-sociali. Si stima un incremento dei disturbi di salute mentale pari al 25%, oltre a gravi interruzioni nell’erogazione dei servizi, proprio a causa della pandemia COVID-19.