Continuano l’ascolto e il confronto che hanno caratterizzato la co-creazione della legge 23/2021 di potenziamento della sanità lombarda approvata lo scorso 30 novembre dopo 16 giorni di dibattito in aula, sedute notturne e record di audizioni. Venerdì 4 febbraio a Palazzo Pirelli si è svolto un incontro dedicato alla neo riforma sociosanitaria attraverso i protagonisti che hanno contribuito a realizzarla.
Ed è stato Emanuele Monti, Presidente Commissione III Sanità e Politiche Sociali di Regione Lombardia, relatore della legge, a dare l’avvio al dibattito e a introdurre gli ospiti: Giovanni Pavesi, Direttore generale al Welfare di Regione Lombardia che si è soffermato sugli aspetti di attuazione, Fiorenzo Corti, Vicesegretario nazionale FIMMG che ha delineato il ruolo dei medici di medicina generale all’interno della riforma e Adele Patrini, Coordinatrice regionale FAVO Lombardia, che ha illustrato il punto di vista delle associazioni di volontariato e il loro compito, insieme alla Regione, nella costruzione dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA).
Fontana: “Con la legge 23 la sanità è più vicina a territori e cittadini”
Non è voluto mancare per il proprio saluto istituzionale il Presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana che ha ricordato come dal 2011 al 2020, quindi fino all’avvento della pandemia, i governi avessero tagliato 37 miliardi alla sanità. “Questa nuova legge di potenziamento della sanità lombarda mette al centro il ruolo dei medici di base e delle associazioni di volontariato per una sanità più vicina ai territori e ai cittadini”, ha dichiarato il governatore. Una riforma che è già entrata nel vivo della sua attuazione. “Già prima di Natale – ha proseguito – abbiamo inaugurato la prima casa di comunità e a febbraio ci accingiamo ad inaugurarne diverse altre. Adesso al lavoro per applicarla”.
Monti: “Spinta su territorio, distretti e attrazione di talenti e investimenti”
Territorio, collaborazione, ricerca e tecnologia sono state le parole-chiave citate dal Presidente Monti per riassumere presente e futuro della legge 23/2021. “Grazie a questa riforma intendiamo potenziare le strutture di cui il territorio ha bisogno, raddoppiando il valore del Pnrr per un totale di due miliardi di investimenti e valorizzando anche il patrimonio non strategico”, ha precisato. “Mettere le persone al centro è stato il nostro obiettivo – ha aggiunto – e intendiamo dare voce a tutti questi stakeholder avviando una condivisione degli ambiti di programmazione dell’ente con le comunità locali”. In tal senso la logica del distretto con il suo direttore sarà cruciale e “occorreranno sempre più figure manageriali di questo tipo nel pubblico che vanno attratte con una vera e propria chiamata alle armi”.
Oltre a richiamare talenti, la Regione intende attrarre anche investimenti. “La Lombardia detiene numerosi primati nel campo delle scienze della vita e dell’industria farmaceutica – ha continuato Emanuele Monti -. Il 14% del Pil lombardo deriva da quest’ultima. La nostra è anche la prima regione al mondo per start up biotech. Dobbiamo essere in grado di avere sempre più strumenti per attrarre investimenti sul territorio affinché aziende estere decidano di puntare sulle nostre eccellenze. Nel contempo abbiamo avviato fondi sulla medicina digitale e sulla ricerca, nonché sull’implementazione degli IRCCS. Adesso è il momento delle delibere e delle sfide a venire, ma siamo pronti”.
Pavesi: “Due miliardi di euro per una sanità di prossimità che abbatta anche le liste d’attesa”
Come ha evidenziato Giovanni Pavesi, Direttore generale al Welfare di Regione Lombardia, le risorse ci sono e anche un cronoprogramma definito per attuare la legge. “Dei due miliardi di euro a disposizione, 1,2 miliardi provengono dal Pnrr, mentre 800 milioni da risorse regionali. Di questi, 85 milioni sono destinati alla realizzazione del centro per la prevenzione delle malattie infettive e 5 milioni al fondo per la telemedicina, che durante la pandemia si è rivelata una risorsa efficace in grado di dare continuità nel rapporto con il paziente”.
La Sanità Lombarda attraverso la riforma potenzia le strutture territoriali e di prossimità per avvicinarle ai cittadini, aumentandone la capillarità attraverso la creazione di 218 case di comunità, 71 ospedali di comunità, 100 distretti (dai 27 attuali), 101 centrali operative territoriali e la realizzazione di ambulatori sociosanitari territoriali con la collaborazione dei Comuni. I distretti rappresenteranno in particolare la sede della programmazione locale in stretta collaborazione con i sindaci e garantiranno l’offerta sul territorio di riferimento di tutte le attività. La loro istituzione è prevista entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge e, a loro volta, le centrali operative territoriali prenderanno l’abbrivio entro sei mesi dall’istituzione dei distretti. Secondo il cronoprogramma presentato dal direttore Pavesi, verranno create 80 case di comunità nel 2022, 60 nel 2023 e altre 60 nel 2024. Per quanto concerne gli ospedali di comunità, ne sono previsti 24 nel 2022, 18 nel 2023 e 18 nel 2024. Per ogni distretto si prevedono due case di comunità e una centrale operativa territoriale.
“Il potenziamento del territorio attraverso le case di comunità e gli ambulatori sociosanitari territoriali consentirà di decongestionare i pronto soccorso e contribuire al contenimento delle liste d’attesa – ha tenuto a rimarcare Giovanni Pavesi che ha anche segnalato l’importanza della valorizzazione del personale attraverso la richiesta al governo di sistemi premianti e rendendo gli infermieri non più soggetti a esclusiva al fine di creare un impianto più fluido e sburocratizzato, che non debba ricorrere a risorse dall’estero.
Corti: “Il medico non deve essere impiegatizzato, altrimenti la professione resta inappetibile”
Richiesta quest’ultima accolta anche da Fiorenzo Corti, Vicesegretario nazionale FIMMG, la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale. “La persona al centro significa per i medici garantire un rapporto di fiducia da una parte, ma lasciando libertà di scelta dall’altro – ha precisato -. Il medico di famiglia non può essere impiegatizzato. La proposta di alcuni Presidenti di Regione, tra cui non la Lombardia, di garantire l’assistenza nelle case di comunità attraverso un rapporto di tipo dipendente rappresenta una criticità per i medici”.
Corti, nel ribadire la disponibilità della categoria a lavorare nei distretti, ha però puntualizzato che il medico è un libero professionista e deve restare tale, per poi aggiungere: “Va considerata l’enorme difficoltà, non solo per gli ospedali di trovare medici e infermieri, ma anche per i sindaci di reclutare medici di famiglia: ciò significa che assistiamo a una inappetibilità della professione che va sempre di più verso il prestazionismo. Il rapporto del medico con i primi cittadini e con gli enti territoriali è invece decisivo perché solo unendo medicina a vocazione sociale si possono ottenere dei risultati”. Per far questo non possono mancare i finanziamenti: l’impegno del governo è al momento di 90 milioni per il 2022 e di 150 milioni per il 2023. Su cosa devono impegnarsi allora i medici? Per Corti l’associazionismo medico è una strada così come la messa a regime del tele-monitoraggio.
Patrini: “Questa legge gratifica i pazienti e costruisce un punto di incontro tra individuo, società e malattia”
A chiudere il dibattito è stata Adele Patrini, Coordinatrice regionale FAVO Lombardia, la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia che ha tenuto a rimarcare quanto sia stato cruciale il coinvolgimento delle associazioni lombarde nella co-costruzione della legge. “Non c’è una legge come la 23/2021 che dà un ruolo così attivo e operativo alle associazioni di pazienti. Ed è per questo che è una riforma che ci gratifica perché mette a sistema la voce del paziente”. In questo ambito si inserisce il ruolo svolto dalle associazioni di volontariato, dalla loro federazione e dai gruppi di pazienti, per assicurare un adeguato supporto assistenziale nella costruzione, insieme a Regione Lombardia, dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) al fine di uniformare l’approccio clinico a determinate categorie di pazienti.
“Lavorare sul territorio vuol dire difendere l’ospedale dall’intasamento e questo ha un valore etico, oltre che pragmatico. Il fatto che il volontariato entri nel sistema ci aiuta a crescere sotto svariati punti di vista anche perché esistono numerosi aspetti non clinici nella cura e la creazione di una “welfare community” è la base da cui partire. Questa riforma aiuta e costituisce il punto di incontro tra individuo, società e malattia”.