Terza dose del vaccino? Quasi inutile discuterne per Giuliano Rizzardini, Direttore Malattie Infettive presso L’Azienda socio sanitaria territoriale Fatebenefratelli-Sacco di Milano. In prima linea durante tutte le fasi della pandemia, Rizzardini non ha dubbi: “Basta fare il confronto fra dicembre 2021 e dicembre 2020 senza il vaccino, le differenze nei numeri dei decessi parlano da sole”.
Rizzardini (Fatebenefratelli): “Stiamo ancora imparando”
“Certo – avverte il Direttore delle Malattie Infettive parlando con true-news durante la Giornata mondiale della Lotta all’HIV, a margine di “Penso positivo. L’HIV ieri, oggi e domani”, lo scorso primo dicembre al Palazzo Pirelli di Milano – stiamo comunque continuando ad imparare perché in due anni non è facile, in un certo senso lo stiamo accompagnando il vaccino cercando di vedere quale possa essere la reale efficacia dal punto di vista della durata nel corso del tempo”. “Tuttavia – continua – la terza dose ci fa ben sperare in un periodo più lungo di protezione dal virus e più ancora che dal contagio dalla malattia importante, quella che in questi due anni ha portato le persone in ospedale, in rianimazione e a volte al decesso”.
“Hiv, oggi si garantiscono cure estremamente efficaci”
Vista l’occasione – i 40 anni dal primo caso di Hiv – Rizzardini viene interpellato su similitudini e differenze, scientifiche e culturali, fra l’Aids e la pandemia attuale. Da un punto di vista meramente clinico, il medico-clinico non può che parlare di “percorsi affascinanti”. “Per chi fa il mio mestiere è impossibile non ricordare i pazienti sieropositivi che morivano e oggi siamo arrivati a poter garantire delle cure estremamente efficaci, tanto che la persona a cui viene diagnosticata precocemente una sieropositività e inizia subito il trattamento può contare su un’aspettativa di vita uguale, o quasi, a una persona non sieropositiva”.
Hiv e Covid: analogie e differenze
A fare la differenza fra il 1980 e il 2020 sono però le tempistiche con cui si arriva a questi risultati. “Per l’Hiv abbiamo avuto il primo caso nell’81 e i primi risultati importanti alla fine del 1996 con oggi prospettive presenti e future che ci raccontano di farmaci che possono essere somministrati a due mesi, o anche ogni sei mesi, riducendo quindi la possibilità una persona debba ricordarsi tutti i giorni di essere ammalata con quello che comporta in termini psicologici e di stigma”.
“Sul Covid – chiude Rizzardini – la malattia l’abbiamo conosciuta alla fine del 2019 e già nel 2020 abbiamo avuto i primi importanti passi cominciando a vaccinare sul finire dell’anno Un percorso affascinante, da questo punto di vista, proprio perché molto più rapido”.