Gli italiani, per la maggior parte, pensano il contrario ma la spesa per la sanità non è diminuita negli ultimi anni. La percezione degli italiani, però, come conferma una ricerca per il Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo, è diversa.
I fatti: tra il 2000 e il 2019 la spesa pro-capite nominale è aumentata del 61 per cento
Partiamo dai fatti: se si guardano i numeri, tra il 2000 e il 2019 (anno precedente alla pandemia per evitare distorsioni), la spesa pro-capite nominale è aumentata del 61 per cento, da poco più di 1.100 euro a poco più di 1.900 euro, ma anche la spesa reale è comunque aumentata del 20 per cento. All’aumento della spesa si accompagna anche una crescita del finanziamento corrente, sia in termini nominali sia in termini reali, sullo stesso periodo temporale. Non è un caso che, se ci confrontiamo con altri paesi europei, è sì vero che spendiamo meno di Germania e Francia, ma continuiamo a spendere un pochino di più della Spagna (largamente simile al nostro sistema) e certamente molto di più della Grecia. Difficile fare confronti in termini di qualità, ma guardando al monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza si nota un miglioramento in quasi tutte le regioni.
La percezione: “Il finanziamento della sanità pubblica prima del Covid si è costantemente ridotto”
Pur con questi fatti, un italiano su due pensa che la spesa per il Ssn non sia affatto aumentata, addirittura uno su tre pensa che si spenda un po’ meno o molto meno rispetto a vent’anni fa. Non sorprende quindi che l’affermazione “il finanziamento della sanità pubblica prima del Covid si è costantemente ridotto” trovi in disaccordo solo una piccola minoranza, il 6 per cento di intervistati.
La narrazione distorta
Ad avere questa considerazione, sono soprattutto le persone più istruite, forse a causa di una narrazione distorta che ha accentuato il focus sui tagli. Questa interpretazione sembra essere confermata anche dai risultati sul confronto europeo: un italiano su due pensa che il nostro paese spenda meno o addirittura molto meno della media europea, probabilmente accomunando l’Italia alla Grecia, paese nel quale la spesa pubblica pro-capite è la metà di quella italiana. Il 40 per cento degli intervistati pensa anche che la qualità dei servizi sia un po’ o molto peggiorata.
Strutture produttive: tanto da fare sul fronte sviluppo dei servizi territoriali
Sul fronte della struttura produttiva, i numeri raccontano la de-ospedalizzazione della sanità, non solo nel nostro paese ma in tutta Europa, un tentativo voluto (e condiviso da molti “tecnici”) di ristrutturare l’offerta dei servizi per renderli più appropriati rispetto alla cronicizzazione delle malattie. Ma mentre i posti letto sono stati tagliati e (alcuni) piccoli ospedali sono stati chiusi, si è fatto poco sul fronte dello sviluppo dei servizi territoriali (e di qui, chiaramente, tutta l’enfasi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per una riforma della sanità territoriale).
Strutture produttive: gli italiani pensano che la de-ospedalizzazione serva a favorire il privato
Anche in questo caso, le percezioni degli italiani sono largamente fuorviate: una larga maggioranza (55 per cento) pensa che la scelta di de-ospedalizzare sia stata dettata dalla necessità di contenere la spesa pubblica (in generale o per rispondere ai vincoli europei) e un buon 27 per cento pensa che la ragione sia quella di favorire l’ospedalità privata. Così come più di un italiano su due pensa che la chiusura dei piccoli ospedali sia dovuta al rispetto di vincoli finanziari europei che hanno imposto di controllare la spesa.
Il futuro: il tema del decentramento
E per il futuro? Una prima questione indagato dalla ricerca è il tema del decentramento, diventato ancora più centrale dopo l’accelerazione del dibattito sull’autonomia differenziata. Abbiamo posto agli intervistati tre opzioni: a) lo stato deve gestire centralmente la tutela della salute; b) lo stato deve definire le regole generali di funzionamento del sistema mentre alle regioni deve essere lasciata la gestione a livello locale; c) lo stato deve definire i servizi fondamentali da offrire attraverso il Servizio sanitario nazionale, lasciando tutto il resto a un sistema di assicurazioni private.
Uno su quattro tra i più giovani, nella classe 18-24 anni, preferisce l’opzione c
La soluzione b) è la situazione attuale ed è preferita dal 54 per cento degli intervistati, una percentuale che sale al 61 per cento nel Nord-Est. È interessante anche notare che uno su quattro tra i più giovani, nella classe 18-24 anni, preferisce l’opzione c); tale proporzione si riduce fino a diventare solo uno su dieci nella classe di età 55-64 anni. Una possibile spiegazione è che i più giovani anticipano le difficoltà di finanziare un Ssn universale in futuro e sono più interessati a chiarire subito il ruolo da assegnare alle assicurazioni private.
Ospedale del territorio: italiani a favore della tutela dei medici di medicina generale
Una seconda questione è il tema dell’ospedale e del territorio: è stato chiesto agli intervistati se la tutela della salute debba coinvolgere maggiormente l’ospedale (che deve diventare un hub per la fornitura dei servizi) oppure debba coinvolgere maggiormente i medici di medicina generale (che devono diventare dipendenti del Ssn). Il 54 per cento dei rispondenti opta per la seconda opzione, una maggioranza che cresce al Nord (57 per cento) e, non sorprendentemente, cresce nelle aree rurali (57 per cento).
Ruolo del privato nelle cure ospedaliere
Una terza e ultima questione è il tema del ruolo del privato nell’ambito delle cure ospedaliere. Anche in questo caso abbiamo proposto tre diversi scenari: a) gli ospedali privati dovrebbero essere esclusi dai finanziamenti pubblici; b) gli ospedali privati dovrebbero svolgere tutti i compiti degli ospedali pubblici, incluso il Pronto soccorso, per accedere ai finanziamenti pubblici; c) gli ospedali privati dovrebbero essere focalizzati su cure di qualità e percorsi innovativi. In questo caso, non emerge una alternativa largamente preferita, anche se il 43 per cento degli intervistati vorrebbe che gli ospedali privati si allineassero a quelli pubblici con un Pronto soccorso per poter accedere ai finanziamenti pubblici.