La parola d’ordine in sanità? Medicina del territorio. Ma va chiarito un punto: non tutti i pazienti possono o potranno essere trattati a domicilio. Come a dire: impariamo dalla lezione della pandemia senza dimenticare che l’ospedale esiste ed esisterà in futuro. Un esempio tratto dall’ultimo anno e mezzo? L’ossigenoterapia. Se il supporto con ossigeno del paziente colpito da Covid con sintomatologia leggera da un punto di vista tecnologico può essere trattato in casa con le opportune accortezze per l’isolamento e con i dispositivi adeguati, ciò non può avvenire per il paziente con sintomatologia più importante. Esempio replicabile su un considerevole numero di situazioni extra Covid. Qui entra in campo un problema cronico italiano: il di “tasso di vetustà” del parco macchine sanitario italiano. “Il parco tecnologico italiano è invecchiato, con un’età media superiore a quella che mostrano i principali paesi europei di confronto” dice a True Pharma Antonio Spera, Amministratore Delegato di General Electric Healthcare che il 28 maggio è intervenuto a “Salute Direzione Nord – Turning Point” (Guarda il video).
I numeri mostrano l’esplosione di questo tasso negli ultimi 6-7 anni. Con due paradossi. Il primo – contingente – è che le gare d’appalto sono state più rapide e veloci in epoca Covid che in temi normali. E questo obbliga a una riflessione. Il secondo? Manca una visione olistica della “spesa sanitaria”. Vale per farmaci e terapie come per i medical device: un sistema-Italia, anche ospedaliero, strozzato in questi anni dalla necessità di chiudere in pari i bilanci, non fa i conti con le conseguenze di queste decisioni. Per esempio che un macchinario più avanzato e innovativo – e quindi costoso nell’immediato – garantisce risparmi sul medio-lungo periodo in termini di mancate ri-ospedalizzazioni, più accuratezza nella diagnosi, aderenza alle terapie, esami diagnostici più rapidi dal lato sia pazienti che per gli specialisti clinici.
In questo quadro? “La parola chiave è ammodernare – spiega l’ad di GE Healthcare – innovare nel senso di adottare le tecnologie più innovative e le migliori per quanto riguarda gli gli esiti clinici dal punto di vista di esperienza del paziente, per esempio con esami diagnostici di minore durata, piuttosto che con erogazione di radiazioni ionizzanti inferiori alle medie”. Ma per Spera “non è solo una questione di rinnovamento e di incremento delle apparecchiature di alta gamma o di fasce tecnologiche più elevate”. “Dal mio punto di vista – chiude – c’è l’opportunità per un efficientamento delle apparecchiature utilizzandole in maniera più appropriata, continuativa, evitando sprechi e anche in questo senso la tecnologia digitale può giocare un ruolo determinate”.