Telemedicina? Sì, grazie. Ma con libretto d’istruzioni.
Non usa mezze parole Francesco Maisano, Primario di cardiochirurgia e direttore del Heart Valve Center dell’Ospedale San Raffaele di Milano, parlando con True Pharma a margine del suo intervento del 28 maggio a “Salute Direzione Nord – Turning Point” delle prospettive tecnologiche in sanità. “Ben vengano i supporti tecnologici, ben venga la telemedicina che nel 2020 ha trovato finalmente un’applicazione” dice Maisano a True Pharma sottolineando come “soluzioni tecnologiche che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana sono destinate ad entrare in medicina, questo è un percorso avviato”. Ma con l’avvertenza: “Oggi? Mancano chiare indicazioni di sostenibilità” specifica il cardiochirurgo. “Per essere chiari: manca un rimborso, manca un supporto finanziario a queste attività che oggi come oggi ricadono sulla volontà del medico di mettersi in gioco aumentando il carico di lavoro quotidiano”. Serve spendere? Certo. Ma immaginiamo quali “falle” sarebbero state risolte nel 2020 se si fossero potuti seguire i pazienti cardiopatici con peacemaker da remoto per monitorarne le condizioni. Tecnologicamente si può fare, economicamente no. Perché l’unica Regione che per ora ha convenzionato tale attività è il Piemonte, nel luglio 2020). “Esistono una serie di sensori wearable che possono essere applicati ai pazienti per rimanere in contatto a lungo termine – illustra Francesco Maisano – ma se impianto un dispositivo significa anche che sarò sempre in contatto con il paziente senza avere le risorse. Manca il rimborso adeguato per acquisire le risorse necessarie a seguire queste persone ed evitare che le stesse tornino, magari in acuto, in ospedale più volte utilizzando ancora altri tipi di risorse finanziarie e umane”. Basti pensare che il dibattito sulla telemedicina negli Stati Uniti è effervescente da tanti anni ma si sono trovati dei sistemi di rimborso adatti solo con il Covid.
Amplifica il ragionamento il clinico del San Raffaele. Sulla direzione che deve intraprendere in generale la sanità lombarda. “Le cause di ciò che è successo sono chiare e le conosciamo. La ripartenza deve avvenire proprio dall’esperienza che abbiamo fatto in tutta Europa come in Lombardia”. Le cicatrici che sono emerse? Figlie di fratture e difficoltà. Quelle “nel rapporto fra pubblico e privato, fra territorio e ospedale, fra industria e accademia”. Tutti attori che servono a tenere rodata la “filiera del paziente”. “Dobbiamo allineare questi fattori, insieme con il governo lombardo, per ripensare il sistema regionale e farlo tornare ai fasti degli anni Novanta e primi Duemila dove la Lombardia è stata di fatto una delle prime regioni italiane a utilizzare nuove tecnologie in campo cardiovascolare per offrire terapie innovative e meno invasiva ai pazienti, lombardi ed extraregionali”.
I dispositivi e la tecnologia per Maisano sono solo un tassello, un pedone di questa ristrutturazione. Che vanno calati in un contesto, anche culturale. Il suo convincimento? Che la tecnologia esiste ed è un bene ma non può essere fine a se stessa. “Dovrebbe supportare il rapporto fra ospedale e territorio in modo che il paziente goda di continuità di cura e che ci sia la presa in carico. Uno dei problemi reali che vediamo tutti i giorni è la difficoltà di trovare un percorso, un canale chiaro dentro il quale essere seguiti prima della decisione terapeutica, di un eventuale intervento, e dopo che la stessa che ha portato ad un percorso di cura”. In ultima istanza? Là dove non arriva l’innovazione possono arrivare governance e organizzazione.