di Francesco Floris
Sul piatto i “grandi numeri nel Servizio sanitario nazionale”. Circa 270mila infermieri nel pubblico, “numeri che nessuno ha”. Tempi? Da un mese e mezzo a tre mesi per vaccinare il 75% della popolazione. Spesa? In base ai tempi scelti tra 150 e 400 milioni di euro in tutto. La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) ha un piano per la campagna vaccinale. Obiettivo? “Riuscire a vaccinare oltre un milione di persone al giorno” dice a True Pharma Tonino Aceti, il portavoce nazionale della Fnopi, “perché non possiamo arrivare in autunno con il rischio di una quarta ondata” e “non c’è nessuna ragione economica che tenga che può ostacolare il percorso per comprimere il tempo di vaccinazione e raggiungere l’immunità di gregge, vista anche l’incombenza delle varianti che, se non affrontate con una risposta rapida e certa, rischiano di non farci uscire più dall’incubo”.
Vaccini? La posizione degli infermieri
Irrompe così la posizione degli infermieri nel dibattito suscitato in queste settimane dalle difficoltà nel reclutare personale. Una mancanza per ora “nascosta” dai ritardi nella consegna delle dosi e dall’assenza di vaccini ma che potrebbe mostrare che il “re è nudo” non appena la capacità produttiva e distributiva globale entrasse a regime. Prima tappa di questo percorso? L’approvazione in Europa del vaccino J&J – questione di ore perché arrivi il via libera dell’Ema.
“Il bando Arcuri non ha raggiunto gli obiettivi previsti – dice Aceti – a differenza della prima call a inizio pandemia della Protezione Civile per arruolare medici e infermieri”. I motivi? Tanti: come raccontato da True Pharma nelle scorse settimane. Ad esempio l’assenza di incentivi economici e retributivi per prendere servizio nella campagna vaccinale. Per gli infermieri anche uno “schiaffo morale”, che li vede rimborsati con cifre di gran lunga inferiori rispetto a quelle dei medici a parità di mansione. Inoltre “per i liberi professionisti a cui puntava il bando Arcuri la proposta economica era molto al di sotto del reddito che la professione garantisce in tempi normali” spiega Aceti.
“Via il vincolo di esclusività”
Che fare quindi? La proposta della Fnopi offre una serie di opzioni a ventaglio che non si escludono le une con le altre. Prima e cruciale: “L’allentamento del vincolo di esclusività” che oggi costringe gli infermieri dipendenti – quelli visti ai letti dei malati nelle terapie intensive e primi vaccinatori e vaccinati negli ospedali per rendere questi Covid-free – a operare solo nella struttura da cui dipendono, mentre un allentamento della norma gli consentirebbe di operare anche sul territorio e a domicilio. Lo scopo? Permettere a chi aderisce di uscire dalla propria struttura sanitaria con un monte ore aggiuntive e dirigersi verso i centri vaccinali e nei siti individuati per la campagna. I numeri della Fnopi sostengono che “in uno scenario pessimistico” se su 270mila infermieri del Ssn aderisse un terzo di loro (90mila) con “due ore aggiuntive al giorno per ogni professionista che garantisce 12 vaccinazioni, si riuscirebbe a coprire un milione di persone ogni 24 ore”. In due mesi? “Il 75% della popolazione” afferma il portavoce della Fnopi. Compensazione per il servigio? 500 euro al mese in più (per tre mesi) o ancora con una cifra di circa 10 euro a vaccinazione.
Seconda proposta? Aumentare strutturalmente gli investimenti in risorse umane. Misura che incontra il favore anche della Cgil Funzione Pubblica: “Assumere personale dipendente per aumentare gli organici” illustra Tonino Aceti. L’analisi della Fnopi rileva una carenza di oltre 53mila unità nelle strutture e con almeno 30-35mila professionisti che, se anche dedicati in questo momento alle vaccinazioni, potrebbero in seguito continuare ad assistere fragili, cronici, anziani e tutta la popolazione secondo i suoi bisogni di salute e prevenzione. “Servirebbe anche dopo la campagna vaccinale perché, come abbiamo imparato nel corso di quest’anno, abbiamo un sistema sottodimensionato a causa di tetti di spesa sul personale, blocco del turn over, o con strumenti di monitoraggio della spesa come il cosiddetto ‘minutaggio’ nelle strutture di Rsa”. Terzo? “Attingere dal bacino delle decine di migliaia di liberi professionisti”. Sono oltre 30mila quelli disponibili (e a cui puntava il bando Arcuri) ma le premialità al ribasso indicate nei bandi hanno finora disincentivato la chiamata dei “vaccinatori”.
Il governo Draghi ha appena iniziato a parlare del coinvolgimento dei medici di famiglia nella campagna tanto da ipotizzare nella prima bozza del Dl Sostegno che i soldi non spesi del bando Arcuri fossero destinati proprio a questo capitolo. “La nostra è una possibilità in più che non va a discapito dei medici di famiglia ma in parallelo – l chiude Aceti – ciò che conta oggi è il risultato perché superata l’estate deve essere tutto finito e non possiamo ricadere nell’incubo”.