Fabrizio Ballantini (Otsuka) a True-News: “Pazienti che hanno sospeso le cure, rischio ricaduta nella patologia più profonda”. Soluzioni? “Serve premiare il farmaco ma anche la modalità distributiva”
di Francesco Floris
Le carenze? “Sono state a macchia di leopardo”. Ma “la vera considerazione da fare è un’altra: non eravamo pronti, tutto è stato lasciato alla bravura dei singoli”. Risultato? “Pazienti di serie A e altri di serie B e questo è inaccettabile”. Il rammarico? “Il ruolo che potevano e possono ancora giocare i privati”. È un bilancio duro ma che guarda a possibili sviluppi futuri quello che fa del 2020 pandemico Fabrizio Ballantini, Managing Director di Otsuka, il gruppo farmaceutico giapponese con sedi in tutto il mondo. Mentre tutti parlano della necessità di rafforzare la medicina di territorio e la domiciliarizzazione delle cure, Ballantini offre qualche numero che può aiutare a capire che cosa è successo. Per esempio sulla salute mentale: pazienti schizofrenici che devono essere trattati per esempio con un’iniezione al mese fatta da operatore sanitario. In tempi normali la somministrazione è a carico delle strutture territoriali dove si tratta la salute mentale. La domiciliarizzazione è più unica che rara. “Non esistevano nel sistema percorsi del genere – spiega Ballantini a True Pharma – e se i Centri di Salute Mentale sono stati infettati o identificati come positivi, alcune strutture sono state del tutto chiuse”. Altri pazienti ancora hanno avuto paura e non si sono recati in struttura. Come si è agito? “Non sono state identificate delle soluzioni omni comprensive ma, ripeto, i buchi sono a macchia di leopardo anche all’interno della stessa regione e dello stesso sistema, anche a distanza di 50 chilometri”. Le cause? “Mancanza di un protocollo, infezioni all’interno della struttura, ragioni di natura sindacale e lavorativa perché non si tratta solo del ‘delivery’ del farmaco a domicilio ma anche dell’operatore preposto alla somministrazione”. Dalle stime di Otsuka, parziali a detta dello stesso Managing Director, circa un dieci per cento dei pazienti “non ha avuto accesso ai farmaci per qualche mese durante il picco più importante della pandemia”. Che impatto avrà questa sospensione forzata delle cure su persone schizofreniche o bipolari? Lo sapremo solo più avanti ma è chiaro – dice Fabrizio Ballantini – che esiste il “rischio di scompenso, di ricaduta nella patologia più profonda”. Che magari veniva tenuta “sotto controllo” da tempo. Cosa propone, oltre l’emergenza di questi mesi? “Ci sono aspetti normativi che riguardano gli appalti complicati, ma se una centrale acquisti aprisse una gara pubblica dove fra i criteri del capitolato sono previsti sia la tipologia di farmaco ma anche la tipologia di distribuzione, ecco che abbiamo trovato una delle chiavi”. Perché “del resto quello dei farmaci a domicilio non è stato un problema specifico della salute mentale dove spesso serve anche l’operatore specializzato, abbiamo riscontrato le stesse criticità anche in nefrologia per delle terapie orali quindi molto più semplici nella gestione”. Non solo farmaco e qualità intrinseche della terapia, quindi, ma anche logistica. È quello che lui definisce un “sistema integrato pubblico-privato” con i secondi che potrebbero “utilizzare le risorse economiche per sostenere la filiera distributiva” al posto di “spendere cifre per sostenere convegni sul medesimo farmaco”. Esiste già qualche “timido esempio normato” ma per Ballantini si tratta “di misure spot” e “non strutturali”. A proposito: com’è andata la ricerca su nuovi farmaci e prodotti nei mesi del Covid? Un’altra “nota dolente”. Perché fra gli impatti della pandemia sull’industria farmaceutica – o una parte di essa – c’è stato sicuramente “il rallentamento degli studi clinici e degli arruolamenti, con una coda incredibile, e senza i quali è impossibile portare in approvazione i farmaci”. Come del resto ha subito una battuta d’arresto tutta l’informazione medico-scientifica dedicata ai professionisti e funzionale a portare i nuovi farmaci alla conoscenza della classe medica”. I contatti da remoto in questo senso hanno rallentato ma non stoppato definitivamente. |