di Francesco Floris
Avremo i vaccini. Ma non chi può somministrarli. Può sembrare strano ma questa volta, per l’Italia, non è una questione di soldi e risorse. Solo di organizzazione, di comunicazione, di conflitti di competenze. La partita? La campagna vaccinale e il personale medico e infermieristico per realizzarla quando si entrerà nelle fase “di massa”, presumibilmente a partire da maggio-giugno. Solo in Lombardia servono tra i 3mila e i 4mila addetti a questa funzione. Non si stanno trovando.
Gli infermieri non ci sono
Perché non ci sono a causa degli infiniti colli di bottiglia fra Università e mondo delle professioni sanitarie ma anche perché il bando del Commissario Domenico Arcuri lanciato a dicembre 2020 ha fissato delle rigidità pesanti. Per ora mascherate solo da un fatto: la mancanza di dosi dei vaccini prodotti e quindi la necessità, per forza di cose, andare più a rilento di quanto si potrebbe. Ma facciamo un’ipotesi di scenario: giugno 2020, la capacità produttiva è aumentata e ci sono le dosi dei vaccini AstraZeneca, Moderna, Pfizer, J&J magari con più approfonditi test clinici per i vari strati demografici della popolazione. Servono gli infermieri e i medici per inoculare nelle strutture individuate: non più i famosi padiglioni a primula – la partita sembra saltata – ma nei centri vaccinali, palazzetti dello sport, nell’ultima settimana è arrivata addirittura la candidatura spontanea del Consiglio nazionale dei centri commerciali fornendo disponibilità immediata.
“Nessun incentivo economico”
Ora vediamo chi sono tutti i professionisti della sanità che non possono partecipare al Bando Arcuri destinato alle agenzie del lavoro per reclutare su vari lotti d’Italia personale con contratti di somministrazione 6 mesi + 6 mesi. Retribuzione? 3Mila euro infermieri e 6mila per i medici: ma sono cifre lorde e comprensive di tutto, quindi un infermiere va a prendere lo standard netto di 1.500 euro per 36 ore settimanali di lavoro.
“Hanno chiesto l’esclusività”
“Hanno chiesto l’esclusività, la dedizione completa e totale solo alla campagna vaccinale” spiega a True Pharma Aurelio Filippini, Presidente dell’Ordine Professioni Infermieristiche di Varese (OPI Varese). “Sono quindi tagliati fuori tutti i liberi professionisti che già esercitano nella normale carriera lavorativa nell’assistenza domiciliare integrata, nelle strutture residenziali, sull’assistenza territoriale o le prestazioni ambulatoriali” dice. Cosa dovrebbero fare tali lavoratori se presi da un improvviso spirito patriottico? “Dovremmo chiudere o sospendere la partita Iva, fare solo e soltanto la campagna vaccinale per sei mesi e finire per guadagnare la metà o un terzo di quello che già oggi prendiamo a fine mese per chi da libero professionista decide di esercitare tanto, anche 10-12 ore al giorno per sei giorni a settimana”.
4mila candidature, ne servono il triplo
E infatti i numeri dicono che a oggi sul territorio nazionale sono arrivate alla struttura commissariale circa 4mila candidature. Le necessità del Paese? Quasi il triplo. Incredibilmente non sono stati previsti nel bando incentivi economici e retributivi per chi decide di spostarsi sul territorio da regioni che magari hanno una “sovraccapacità” di personale rispetto a quelle in annosa e strutturale carenza come la Lombardia. Come non sono stati previsti sostegni all’alloggio o all’affitto. Lasciando un professionista che arriva a lavorare per esempio a Milano per la campagna vaccinale in balia del mercato rialzista delle locazioni meneghino (1.200 euro per un bilocale medio) e con alcune singole strutture sanitarie che stanno provando a convenzionarsi con gli hotel chiusi o piegati dalla crisi economica per ricavare alloggi temporanei per queste persone.
Fuori chi ha già un lavoro
Secondo: chi lavora part time per una struttura può partecipare al bando e poi alle selezioni? No, nemmeno lui. L’esclusività si applica anche a chi ha già un lavoro appunto da venti ore a settimane. Domanda: perché mai dovrebbe licenziarsi da un posto fisso per andare per sei mesi a svolgere la stessa mansione, più ripetitiva e meno stimolante, a parità di stipendio? Domanda superflua. Perché bisognerebbe anche rispondere a come le “assunzioni” della Commissione non prevedono delle polizze assicurative sul lavoro per personale temporaneo e che quindi va in qualche modo integrata (da chi? A che prezzi?).
Il personale in cassa integrazione? No
Del resto non possono nemmeno candidarsi le oss e il personale delle Rsa che oggi è in cassa integrazione, dopo che le strutture della Lombardia o dell’Emilia-Romagna hanno chiuso per la moria dei pazienti all’interno: un fatto brutale, ma è la verità, in almeno alcuni casi ricostruiti da True Pharma in provincia di Piacenza su strutture nell’orbita del colosso friulano delle residenze sanitarie per anziani “Sereni Orizzonti”.
Per il numero uno di OPI Varese ci sono poi altri problemi ancora: “Non viene data l’assicurazione su quale sarà la struttura a cui si viene destinati” dice. “Addirittura abbiamo colleghi a cui in fase di reclutamento non viene specificato in quale regione saranno assegnati. Come ci si può mettere in gioco in queste condizioni?”. Una possibile soluzione? Senza impantanarsi nei vizi di forma burocratici del bando per come è stato redatto a dicembre, “va data la possibilità agli infermieri liberi professionisti di essere una risorsa per la campagna vaccinale”. Come? “Con la possibilità di inserirsi in una turnistica in base agli impegni lavorativi precedenti, per esempio ogni sabato 8 ore di servizio sulla campagna vaccinale. Perché se invece viene previsto l’obbligo di 36 ore – non di più, non di meno – allora il gioco non vale la candela e il reclutamento sarà un fallimento”.
Volontari e terzo settore
Si sta provando a mettere la pezza con il volontariato del terzo settore ma i numeri non basteranno. Oppure con chi è procinto di andare in pensione. Anche qui, ecco il cavillo: chi perde la finestra di quota 100 entro il 2021 poi è escluso. Difficile che decida di perdere questa opportunità per spirito di sacrificio e per sei mesi in più di contributi dopo 40 anni di lavoro. Cosa serve? “Una regia” dice chiaro Filippini. Senza quella accade esattamente ciò che sta succedendo con la struttura commissariale, le Regioni e singoli centri o ospedali che di fatto si mettono in concorrenza fra di loro, offrendo retribuzioni differenti per accaparrarsi quel poco di personale disponibile.
“Serve una regia”
Si sta già verificando in Lombardia con “le strutture che stanno prevedendo incentivi al personale di ambulatori o reparti che magari hanno ridotto i posti perché sono diventati reparti Covid”. Quanto? “In Lombardia dai 30 ai 50 euro lordi l’ora e quindi è facile che i colleghi optino per fare i propri turni stabiliti sulla settimana da contratto per poi dare la disponibilità o la reperibilità per lavorare nei giorni liberi arrotondando, e di parecchio, lo stipendio netto a fine mese”. Del resto si iniziano a intravedere sui siti delle Asst lombarde i bandi e le manifestazioni d’interesse per contrattualizzare medici e infermieri a tempo determinato in in via autonoma rispetto a Roma e a Domenico Arcuri. Milano contro Roma. Ancora una volta a un anno esatto dallo scoppio della pandemia. Una pessima idea. Chissà a chi verrà affibbiata la colpa a giugno quando i nodi verranno al pettine? Ai vaccini mancanti?