di Francesco Floris
Malati oncologici e vaccino Covid? Sulla carta la garanzia c’è. “Sarà mia cura e impegno sollecitare i presidenti delle regioni e delle province autonome” ha scritto la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, rispondendo alle sollecitazioni di Francesco De Lorenzo e Elisabetta Iannelli, rispettivamente presidente e segretario generale della FAVO, la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia. I rappresentanti di pazienti, famiglie e volontari hanno parlato di “urgente necessità di superare le assurde barriere all’accesso alla vaccinazione dei malati di cancro purtroppo ancora in atto in numerose Regioni a causa della mancata applicazione di quanto molto chiaramente stabilito nelle Disposizioni normative varate dalla Conferenza Stato-Regioni e dal Governo Nazionale”. “In alcune Regioni – scrivono – è stato addirittura arbitrariamente variato l’ordine delle priorità privilegiando nell’ordine dei vaccinandi alcune categorie di lavoratori e di persone sane rispetto ai malati oncologici ed agli altri malati ad elevata fragilità”.
(LEGGI ANCHE: Vaccino Covid malati oncologici: modalità, tempi e prenotazione)
Legge e realtà
Il problema principale rimane sempre lo stesso: la differenza fra ciò che prescrivono le norme, le delibere, gli atti a cominciare dal Piano vaccinale aggiornato e pubblicato dal Ministero della Salute dove si parla espressamente di dare priorità ad anziani, “fragili” e alle persone con comorbidità e ciò che realmente accade sul campo. Le Regioni vanno in ordine sparso. Ci sono territori d’Italia dove la chiamata per il paziente oncologico arriva dal Medico di Medicina Generale. Altre in cui l’incarico se lo assume lo specialista. Altre ancora dove il compito è stato affidato agli istituti specializzati nel trattamento dei tumori. Ancora: c’è chi ha deciso di utilizzare un criterio che solo in apparenza è uniforme. Il cosiddetto codice di riconoscimento “048”.
Esenzione 048
Si tratta dell’esenzione per patologia a cui hanno diritto le persone che hanno ricevuto una diagnosi di malattia oncologica e che attraverso quel codice identificativo accedono nel corso del tempo alle prestazioni sanitarie erogate dal pubblico o dal privato convenzionato-accreditato a titolo gratuito. Il problema è che “l’esenzione 048”, giustamente, è valida anche per molti anni successivi alla fase acuta della patologia: 10, anche 15-20 anni. Serve a far sì che prestazioni di controllo periodico come i follow up continuino ad essere erogate gratuitamente, ma è chiaro che non identificano più dopo un certo arco di tempo la “fragilità” in senso stretto. Nel caso della campagna vaccinale questo sta creando delle disparità di accesso inaccettabili.
Certo non è facile perché ci sono criticità obiettive. A cominciare dal fatto che AstraZeneca non è indicato per questi soggetti e che non tutti possono essere vaccinati a causa di possibili controindicazioni legate al loro stato di salute. Oppure immaginiamo le difficoltà di un paziente residente in una determinata regione ma in cura presso una struttura di un altro territorio, magari per potersi assicurare le migliori cure possibili. Chi deve chiamarlo? Mistero.
Le Regioni a confronto
Da un’analisi condotta da True Pharma – che non ha valore statistico – ma realizzata incrociando testimonianze delle associazioni dei pazienti con delibere regionali e notizie a mezzo stampa sulla cronaca locale, emerge un’Italia spaccata. Non a metà, ma in 20 pezzi differenti. Le Regioni più avanti sul fronte della vaccinazione dei malati di tumore sembrano, Toscana, Veneto e Lazio.
Firenze ha dato il via libera alla campagna per gli “estremamente vulnerabili” già il 4 marzo – in concomitanza con la pubblicazione del piano vaccinale aggiornato del Ministero – e i pazienti sono stati contattati progressivamente dalle aziende sanitarie, sia territoriali che ospedaliere, che li hanno in carico. Per chi è a rischio e non può essere vaccinato, verrà costituito una sorta di cordone protettivo con le aziende che inoculeranno la dose a conviventi e caregiver. Il vaccino prescelto in Toscana è Moderna e per ora sono stati esclusi pazienti in follow up o ormonoterapia adiuvanti. Nonostante il buon stato di avanzamento – soprattutto se raffrontato con le altre regioni – non sono mancati i problemi: le vaccinazioni sono partite all’inizio con le Asl incaricate di fare l’elenco delle persone che stavano facendo terapia e con quelle che erano distanti dalla terapia, ma poi c’è stato un cambio radicale di linea che ha obbligato le persone registrarsi direttamente sul portale della regione: identico a quello ministeriale ma con modifiche dell’Ispo, l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica della Toscana.
I pazienti lamentano invece una scarsa conoscenza e diffusione delle domande presenti nel modulo di adesione, che servirebbero ad avere un confronto più appropriato con il proprio medico curante sui rischi-opportunità di vaccinarsi o meno. A cominciare da quesiti relativi a precedenti reazioni avverse dopo aver ricevuto un vaccino, oppure per sapere a chi pertiene la responsabilità di scegliere/suggerire se procedere con l’inoculazione nel caso in cui siano presenti altre malattie cardiache, polmonari, asma, malattie renali, anemia o altre patologie del sangue.
In Piemonte la situazione è in via di evoluzione. Il 19 marzo è stata inviata la richiesta a tutti gli specialisti di fornire nominativi e priorità. Durante la settimana in corso è il momento delle istruzioni operative e le prime dosi di vaccino dovrebbero essere pronte per il 29 del mese. L’attività è coordinata in toto dal DIRMEI, il Dipartimento Interaziendale Emergenze e Malattie Infettive.
Nella Capitale il meccanismo prevede che siano i centri oncologici a inviare alla Regione le liste dei pazienti in trattamento che devono essere vaccinati. In seguito a questo scambio di dati le persone vengono contattate dal ReCUP – il centro unico prenotazioni prestazioni sanitarie – che comunica data e luogo della vaccinazione. Si è partiti a Roma ai primi di marzo con la vaccinazione dei malati oncologici all’Istituto Nazionale Tumori “Regina Elena” e poi a seguire al Policlinico “Gemelli” e al San Filippo Neri. Anche nel resto della regione sono partite le vaccinazioni e, ad esempio, a Rieti in questi giorni è stata inoculata anche la seconda dose del vaccino, come anche al Regina Elena di Roma.
In Lombardia, complice il caos mediatico-politico che si è generato sulla campagna vaccinale sin dalla gestione delle prenotazioni, è quasi impossibile avere informazioni certe e non contraddittorie. Alcune associazioni dei pazienti hanno ricevuto indicazione dalle proprie direzioni che, mancando di fatto una delibera e delle linee guida dalla regione, vaccinare gli oncologici non è ancora autorizzato. Il paradosso è che però altre stanno cominciando a inviare i nominativi per vaccinare in slot separati dalla terapia o ancora da altri accessi alla struttura direttamente nelle oncologie. Mentre a Varese risulta che stiano regolarmente vaccinando gli oncologici.
In Emilia-Romagna non sono ancora partiti ma c’è, sulla carta, la previsione di vaccinare i pazienti oncologici dopo gli over 80. Pressi quali strutture non è chiaro ma si ipotizza quelle dove i pazienti sono in trattamento. Gira fra gli addetti ai lavori la voce che verranno probabilmente vaccinati solo i residenti nella provincia e che se ospedale ha in carico una persona di un’altra provincia o regione non la potrà vaccinare e questa dovrà rivolgersi alla sua Asl di domicilio. Il motivo? Perché i vaccini sono assegnati su base regionale per popolazione di abitanti. Un’altra delle storture che fotografano in maniera chiara di fronte alla natura dei problemi che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare.
Caos nel Mezzogiorno
Nel sud Italia la regione più avanti, almeno sulla carta, sembra essere la Puglia che il 21 marzo ha dato comunicazione del piano vaccinale regionale indicando come data di partenza per le persone estremamente fragili quella del 29 marzo, proprio come il Piemonte. In Calabria nessuna indicazione è stata fornita dal Commissario ma risulta che in alcuni luoghi di cura abbiano cominciato autonomamente a vaccinare i pazienti oncologici. In Sardegna il piano c’è ed è pure uno dei primi predisposti a livello italiano: il 19 febbraio. Nonostante ciò nulla di operativo per pazienti oncologici e oncoematologici con la campagna vaccinale che stenta a decollare soprattutto per mancanza di dosi mostrando plasticamente una volta di più la differenza fra ciò che si scrive e ciò che viene praticato.
Il contesto certamente più caotico del Mezzogiorno è quello della Campania: alcuni luoghi di cura sono partiti autonomamente vaccinando pazienti selezionati dalle UOC (Unità Operative Complesse) partendo da quelli in chemio attiva e successivamente i pazienti in regime di terapia orale. In altri luoghi gli elenchi degli aventi diritto invece partono da metastatici e in trattamento adiuvante e pare che la Regione guidata da Vincenzo De Luca voglia intervenire per uniformare i comportamenti. Una missione tutt’altro che semplice. Si hanno notizie che i centri CORPUS e CORP della rete oncologica campana inizieranno le vaccinazioni a pazienti e caregiver secondo le indicazioni ministeriali. Chi ha la legge 104 si può registrare direttamente in piattaforma già attiva, ed altrettanto possono fare i caregiver. Il secondo passaggio istituzionale invece è quello che riguarda il Medico di medicina generale che deve registrare sulla piattaforma i pazienti in base al grado di vulnerabilità Il terzo passaggio sarà che il centro ospedaliero potrà contattare direttamente i pazienti. Non è tanto sui singoli criteri che si discute ma sull’uniformità. Ci sono Asl di Napoli dove la registrazione avverrà esclusivamente dai Mmg, altre dove i vari oncologi di reparto stanno stilando l’elenco degli aventi diritto; altre provincie come Salerno e Avellino dove la vaccinazione procede secondo lo schema che il medico che li ha in carico, sia esso oncologo o Mmg, li registra in piattaforma regionale e poi vengono convocati per la somministrazione. Che avviene nel centro vaccinale più vicino. A Casera vengono stilati gli elenchi pare senza ordine di priorità ma con all’interno tutti i nominativi dei pazienti.
Morale? Un’Italia colorata a macchia di leopardo in cui il paradosso non è tanto ciò che si fa (o non si fa) per arginare i problemi della pandemia e della campagna vaccinale, quanto la totale assenza di coordinamento fra territori. A vari livelli si auspica di cominciare – finalmente – a muoversi come un sol uomo.