Il capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio ha firmato un’ordinanza che stabilisce modalità e misure per la gestione di chi scappa dalla guerra in Ucraina. Secondo la nota, a ogni profugo è concesso “un contributo di sostentamento una tantum pari a 300 euro mensili pro capite per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data d’ingresso in Italia”. “In presenza di minori , “in favore dell’adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 18 anni“.
Assistenza sanitaria come agli italiani
Il beneficiario del contributo, chiarisce l’ordinanza, non potrà accedere “ad altre forme di assistenza alloggiativa” ma potrà avere i fondi “in un’unica soluzione e in forma cumulativa”, anche per due o tre mensilità, qualora i tempi delle domande dovessero prolungarsi oltre i 90 giorni dalla data di ingresso in Italia”. Nel caso in cui i profughi trovino un lavoro, “il beneficiario può continuare a fruire della misura in godimento per un periodo massimo di 60 giorni”. Chi arriva dall’Ucraina viene equiparato allo status di cittadino italiano per quanto riguarda l’assistenza sanitaria.
Procedure di avvisi per l’accoglienza
L’ordinanza provvede alla pubblicazione di uno o più avvisi rivolti a enti del Terzo Settore, a organizzazioni di volontariato o agli enti religiosi civilmente riconosciuti affinché possano prendersi carico dei profughi ucraini. Offrendo loro la protezione temporanea come da decisione del Consiglio d’Europa del 4 marzo 2022.
La nota chiarisce che le procedure degli avvisi di manifestazione di interesse hanno carattere d’urgenza e “prevedono forme e modalità per offrire ai soggetti beneficiari servizi di assistenza e accoglienza sostanzialmente omogenei a quelli assicurati nell’ambito delle strutture di accoglienza”. L’ordinanza si rifà al decreto legislativo del 18 agosto 2015 che, con gli articoli 9 e 11, introduceva i centri di accoglienza, gestiti da enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni, ad enti pubblici o privati che operano nel settore dell’assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell’assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. Il limite massimo di ospitalità per un nuovo centro è di 15mila unità.