Con l’abolizione della sentenza Roe v. Wade e l’eliminazione del diritto all’aborto a livello federale, molte donne saranno spinte verso l’illegalità. Le pratiche clandestine avvengono però anche in Italia, in cui l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) è garantita dalla legge 194 del ’78. Ne parliamo con la Mirella Parachini, ginecologa, vice segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e membro di AMICA.
Metodo farmacologico
Basta una ricerca online per capire che oggi le modalità per abortire nella clandestinità sono più accessibili e diverse da quando ci si recava dalle mammane. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato nel 2022 delle linee guida per gestire le fasi dell’aborto farmacologico in autonomia e queste indicazioni sono diventate strumenti anche per le pratiche clandestine.
Semplicemente inserendo su un motore di ricerca “Cytotec” o “misoprostolo”, si trovano i dosaggi da assumere per indurre all’aborto. Non sono più i tempi – in Italia – della gruccia, il ferro da calza, la pompa della biciletta o il prezzemolo. Oggi i rimedi maggiormente utilizzati sono farmacologici e in rete si trovano delle vere e proprie guide per metterli in pratica.
Quanto sono diffuse le pratiche clandestine?
Mirella Parachini, ginecologa, vice segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e membro di AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione Aborto), spiega che “il personale medico può tutt’al più esprimersi sulla frequenza con si incontrano, soprattutto nelle attività di pronto soccorso, complicazioni derivanti dall’aborto clandestino”. Questo è proprio uno dei parametri utilizzati dal Ministero della Salute per affermare che le pratiche clandestine non sono in aumento.
“È un ragionamento molto limitato” aggiunge Parachini “e risale a quando l’aborto clandestino provocava esiti drammatici e si basava su strumenti casalinghi e invasivi. Con le pillole in commercio oggi si può avere ad esempio un’emorragia, che può essere scambiata o mascherata anche come aborto spontaneo”. Così facendo i conti non tornano. Questo parametro per valutare il tasso di aborti clandestini è infatti fortemente criticato dall’Associazione Luca Coscioni di cui Parachini fa parte.
Aborti clandestini in aumento
Il report più recente del Ministero della Salute è stato pubblicato nel 2022 e si riferisce al 2019-20. Si legge che l’abortività clandestina è sotto osservazione dall’83, quando vennero resi noti i primi dati, e che l’ultima analisi risale al 2012. Il report più recente, quindi, ha un gap di dieci anni.
Secondo queste stime gli aborti clandestini oscillano tra 12.000 e 15.000 casi. Il tutto dovrebbe dare l’idea di un quadro stabile in quanto “nel 2005 gli aborti clandestini stimati erano 15.000 e una notevole diminuzione rispetto agli anni 80-90 (100.000 erano i casi stimati per il 1983, 72.000 nel 1990 e 43.500 nel 1995)”.
Nel 2016 l’Istat, in collaborazione con l’ISS, ha effettuato nuove stime del fenomeno dell’abortività clandestina tramite un modello matematico, che ha utilizzato informazioni più aggiornate relative alla struttura della popolazione in età fertile, alle tendenze della fecondità e al ricorso alla contraccezione, etc. Le nuove stime presentano valori instabili, seppur compresi in un intervallo abbastanza ristretto: tra 10.000 e 13.000 aborti clandestini.
Ora rapportando questi dati ai valori delle IVG si nota che queste diminuiscono mentre il numero delle pratiche illegali resta costante. Se ne deve dedurre che quindi, in proporzione, aumenta.
Perché? Secondo Parachini tra le ragioni abbiamo “un’applicazione di un modello matematico vecchio che si basa su vari parametri tra cui le complicazioni che si verificavano su quando si andava dalla mammana. Se consideriamo i dati riportati dal Ministero dobbiamo dedure che in realtà la clandestinità è in aumento”.
Donne costrette ad abortire all’estero
“Un altro elemento quantitativamente poco rilevante ma qualitativamente molto è quello delle donne che devono abortire nel secondo trimestre per via, ad esempio, di malformazioni e che devono andare all’estero” aggiunge Parachini. La legge Italiana, infatti, non permette l’IVG oltre la 22esima settimana che si considera il limite per la vita autonoma del feto. Secondo la ginecologa “una legge che costringe le tue cittadine a migrare per una procedura sanitaria non è una buona legge”.
Le donne coinvolte in questa situazione sono una percentuale minima ma ci sono e i loro casi sfuggono alle statistiche. Proprio a questo proposito, recentemente è stato pubblicato uno studio dell’Università di Barcellona che indaga le migrazioni delle donne in Europa per accedere all’IVG.