Emmanuel Macron non ha virato a sinistra con l’inserimento del diritto all’aborto nella Costituzione francese. La lettura italiana di questa decisione politica che ha reso Parigi la prima nazione al mondo a far il passo di tutelare costituzionalmente l’interruzione di gravidanza è stata viziata da molte lenti nostrane. Internazionale, l’Huffington Post e altre testate del mondo progressista hanno riportato la scelta politica di Macron con toni enfatici.
L’aborto passa a maggioranza schiacciante
Ma a prevalere non è un’impronta progressista, quanto la radicale volontà francese di affermare la laicitéé dello Stato. Comune a tutte le forze politiche. Il Parlamento in seduta comune ha approvato la revisione costituzionale con 780 voti a favore e solo 72 contrari. Una maggioranza schiacciante in cui a Renaissance, il partito centrista di Macron, si sono aggiunti sia la Nupes, la Nuova Unione Popolare Ecologista e Socialista di Jean-Luc Mélenchon che il Rassemblement National di Marine Le Pen, di destra conservatrice.
Certo, la spinta politica per la tutela costituzionale dell’aborto è stata, in Francia, una campagna progressista che soprattutto la Nupes ha fatto sua. Provando a mettere in difficoltà Macron sul tema delle tematiche care all’elettorato di sinistra che lo ha sostenuto in due ballottaggi presidenziali (2017 e 2022) contro Marine Le Pen. Ma alla prova dei fatti non c’è stato dibattito, solo alcune defezioni interne alla destre lepenista e repubblicana e di battitori liberi degli altri partiti.
Macron si conferma un abile politico trasformista, fattispecie che sta consentendogli di durare a lungo nonostante la sostanziale fragilità e la ridotta popolarità di cui i suoi esecutivi hanno sempre goduto. Plastica dimostrazione è la capacità di far durare due governi, quello di Elisabeth Borne prima e quello di Gabriel Attal poi, senza cercare esplicitamente una coalizione stabile all’Assemblea Nazionale. I primi ministri centristi di minoranza hanno messo a terra l’agenda Macron cercando sponde.
L’agenda Macron dall’aborto all’immigrazione
Dapprima, repubblicani e lepenisti hanno votato la dura legge sull’immigrazione del governo di Macron, che elimina lo ius soli per i nati in Francia. E Louis Aliot, sindaco di Perpignan, ex compagno di Marine Le Pen e vicepresidente del Rassemblement all’Assemblea Nazionale, a gennaio ha applaudito la scelta di Macron di rendere più severa l’educazione nelle scuole, reintrodurre le divise e promuovere l’esecuzione dell’inno nazionale negli istituti educativi apprezzandone le venature nazionaliste.
Su temi come l’identità nazionale e la cultura francese Macron già prima delle presidenziali 2022 aveva preso temi di destra nel suo programma. L’ex idolo della sinistra riformista europea aveva consolidato il trend che in passato l’aveva spinto a assumere posizioni nazionaliste e sovraniste in difesa dell’economia francese o della proiezione geopolitica di Parigi. E la svolta verso posizioni conservatrici aveva portato il presidente ad abbandonare anche il mito della “laicità” delle istituzioni: per sfondare nelle preferenze dei cattolici Macron nel luglio 2021 è divenuto il primo presidente in carica della Quinta Repubblica a visitare il santuario mariano di Lourdes, atto impensabile per molti suoi predecessori
Macron tra destra e sinistra
“La svolta a destra di Macron su questioni come l’immigrazione ha portato a preoccupazioni all’interno del suo stesso campo nel vedere l’estremità sinistra della base elettorale del presidente rivolgersi ad altre opzioni del centrosinistra”, ha commentato Politico.
La mossa sull’aborto diventa, quindi, una trovata politica facile per fare un gol a porta vuota di fronte, soprattutto, a un elettorato urbano, giovane, tendenzialmente impolitico, tutto diritti ed emozioni, per recuperare sondaggi sfavorevoli per Renaissance in vista delle Europee: nei sondaggi “sostenendo una proposta estremamente popolare pochi mesi prima delle elezioni, Macron ha dato grattacapi ai leader conservatori e di estrema destra mentre cercava il sostegno della sinistra”.
Il Macron trasformista colpisce ancora. E nella fragilità della politica transalpina il presidente, che si mantiene le mani totalmente libere sul fronte della proiezione di potenza dell’Esagono e della politica estera, andreottianamente gioca di sponda con tutti gli attori per “tirare a campare per non tirare le cuoia”. Nel perfetto stile del centro radicale francese che ha a lungo sdegnato il massimalismo in nome del pragmatismo.
“Eppur si muove”
E mentre impazzano i meme sul “compasso politico” di Macron, capace di essere al contempo, a seconda delle occasioni, centrista, progressista, liberale, sovranista, in Francia la sua agenda, passo dopo passo, avanza. Con punti di rottura, cadute e problemi, ma avanza. Macron tutto si è definito fuorché…riformista. Nella sua agenda ha voluto cogliere tutta la complessità della società francese, per opportunismo politico, spirito di sopravvivenza e istinti di convergenza tra mondi diversi. Un mix che, sulla carta, appare incoerente. Ma che galileianamente…”eppur si muove”. Con buona pace delle polarizzazioni politiche e delle ambizioni di subentrare a Macron di rivali privi dello stesso spirito di adattamento.